È morto un profeta! Fu questa la certezza di quel 2 novembre 2007, alle 2:00 in piena notte a Rimini, quando d’improvviso arrivò la notizia che don Oreste Benzi lasciava questa vita terrena. Sono passati 18 anni e ci si chiede cosa rimanga oggi della sua scomoda profezia. E soprattutto se don Oreste parli ancora alla gente di questo tempo, se in qualche modo sia ancora vivo e contemporaneo alla storia.

E poi ancora c’è da chiedersi: don Benzi, il prete degli ultimi, ha fatto un miracolo? Don Oreste ha salvato vite umane, ma non è stato questo il suo miracolo. Senza mai risparmiarsi, ha fatto del suo sacerdozio un servizio ai più indifesi, facendo l’impossibile per salvare ogni piccola creatura dalla minaccia dell’aborto, il drogato dal tunnel della dipendenza, la prostituta dalla condanna della violenza. Piangeva di fronte ai bimbi con gravissime disabilità, commosso profondamente fermava le sue corse e sostava davanti a quei corpi fragili come un prete davanti all’ostia sacra. “Sono i nostri tabernacoli” ripeteva.
Era l’adorazione eucaristica di don Oreste: l’incanto del suo sguardo fisso sui corpi deboli dei bimbi accolti nelle sue case famiglia. Sembrava rapito dall’imperfezione di quei corpicini, esultava di gioia guardandoli nelle braccia della loro mamma. Sembrava che abitasse in lui, fin nelle sue viscere, un desiderio irresistibile di farsi in tutto piccolo come quei piccoli, di imitarne le sembianze, di confondersi con le imperfezioni dei loro corpi. Come volesse far sua quella debolezza, quasi appartenere a quella stessa fragilità. Scavalcava il muro della corporeità imperfetta per guardare oltre i limiti della caducità umana. Rovistava nella pochezza delle persone per scovare la meraviglia che si portavano dentro. Nessuno immaginava quanta bellezza si potesse nascondere dietro quei corpi così sfigurati. Il limite della debolezza umana era una ringhiera da cui affacciarsi per intuirne l’infinito nascosto.
Don Oreste scorgeva in quel dolore una Grazia che altri non vedevano, una luce latente. Il suo volto era radioso come se vivesse di luce riflessa: guardava i piccoli e il suo sguardo s’illuminava.
Per il prete dei poveri era inconcepibile che un bimbo non avesse il bacio della buonanotte o che dopo cena non avesse le ginocchia di un papà su cui sedersi. “Una famiglia per ogni bambino”, ripeteva ai giudici, ai politici, ai capi di Governo. Scuoteva le coscienze facendosi voce dei più piccoli.
Certamente la sua profezia è ancora viva oggi. Don Oreste è il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII che con le sue case famiglia, le comunità terapeutiche, le cooperative, le case di preghiera, le famiglie affidatarie, le missioni in circa 40 Paesi nel mondo e molto altro, mantiene vivo il carisma di un sacerdote povero e santo. Don Oreste vive nella gente che ha saputo contagiare con la sua santità.

Il prete delle prostitute ha dato vita ad un popolo che si è riconosciuto in quella missione e nel suo carisma: condividere la propria vita con i poveri, con i figli di nessuno, con quelli che nessuno vuole e realizzare oggi la “società del gratuito”. Una società fondata sulla giustizia che protegge il povero e l’indifeso. Ha aperto nella Chiesa una strada nuova, che prima non c’era. Un nuovo carisma dello Spirito e un popolo di Dio che cerca ancora di salvare vite umane, provando compassione al cospetto dei più fragili e delle persone ferite. Sì, don Oreste ha fatto il miracolo: Siamo noi.
Luca Russo, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi

