Francesco prima, Leone XIV ora. La pastorale non è un’applicazione di una “dottrina” gestita per i dottori della legge, che hanno le mani pure perché non toccano mai la gente, ma agiscono soltanto con le idee chiare e distinte di Cartesio, mentre i pastori se le sporcano. Francesco, infatti, ha mostrato come i vescovi devono essere esperti in umanità, cioè in conoscenza delle concrete situazioni esistenziali nelle quali vive oggi la gente. Qualcuno cerca di riproporre vecchie categorie per definire i pastori: “conservatori” e “progressisti”. Ma è “una distinzione inutile”, come chiarisce padre Antonio Spadaro, quanto lo è la distinzione tra “seguaci” della dottrina e “adattatori” della dottrina. L’incarnazione dice che la dottrina astratta, intesa come corpus di nozioni, non salva se non è rivolta a un popolo, a persone. La vera distinzione è tra “ideologi” e “pastori». Essere pastore significa non solamente confermare nella dottrina, ma anche accompagnare le persone nel loro cammino, anche in cammini bui. “Consiste nel decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme“, puntualizza padre Spadaro.

Cura pastorale
Il pastore deve stare dunque vicino alle pecore, avere l’odore delle pecore, come disse Francesco in uno dei suoi primi interventi. Aprendo i lavori della 68ª assemblea generale della Cei il 18 maggio 2015, papa Francesco ha chiesto ai presuli di essere non “piloti”, ma veri “pastori”. Più volte il pontefice ha fatto appello ad essere “vescovi pastori, non prìncipi”, usando immagini che erano già sue sin da quando reggeva la sua precedente diocesi, quella di Buenos Aires. Il volume scritto dal gesuita Diego Fares, Il profumo del pastore, che il papa ha donato a tutti padri sinodali, intende entrare nel cuore dell’azione episcopale di Francesco e nella “mens” profonda del suo magistero sulla figura del vescovo. Padre Fares non è solo uno studioso, ma è persona che frequenta Jorge Mario Bergoglio da quarant’anni. Si è assunto il compito di spiegare al lettore chi sia il vescovo nella visione di Francesco. Ed è lui che, sul tema dei vescovi pastori ha ricordato un episodio illuminante. Bergoglio, da rettore dello scolasticato dei gesuiti in formazione, stava aiutando una pecora a partorire. La pecora aveva rifiutato un agnellino dei tre che aveva partorito. Bergoglio chiese a uno studente di prendere l’agnello in camera sua per allattarlo e custodirlo. Questo giovane gesuita puzzava di odore di pecora e l’agnello lo seguiva per tutta la casa, fino in chiesa e nelle aule. “Se tu la custodisci, la pecora ti segue”, commentò padre Bergoglio.

Predicazione
Nel libro “Chi sono io, Francesco? Cronache di cose mai viste”, a ricostruire la lezione del Vaticano II nella predicazione di Francesco è un testimone d’eccezione della stagione conciliare, come Raniero La Valle, parlamentare della sinistra indipendente per 16 anni e prima direttore dell’Avvenire d’Italia di Bologna, uno dei due quotidiani cattolici insieme all’Italia di Milano, da cui nacque per volere di Paolo VI il quotidiano Avvenire. Il Concilio ecumenico Vaticano II fu indetto da papa Giovanni XXIII che il 25 gennaio 1959 lo annunciò ai cardinali, riuniti a Roma nella sala capitolare del monastero benedettino di San Paolo. Il 17 maggio 1959, festa della Pentecoste fu istituita la “Commissione antipreparatoria”, con il compito di procedere sollecitamente ad una vasta consultazione, per poter determinare gli argomenti da studiare. Dopo un primo periodo di lavori, il 5 giugno del 1960, nuovamente nel giorno di Pentecoste, il papa tracciò le linee del complesso apparato preparatorio e in due anni di lavoro fu allestita nella basilica vaticana la grandiosa aula conciliare e le commissioni incaricate elaborarono gli schemi da sottoporre all’esame del Concilio. È stato La Valle a raccontare il Concilio a chi non sapeva il latino.

Misericordia
L’11 ottobre 1962, festa della Maternità della Beata Vergine Maria, con l’ingresso di 2400 padri conciliari nella basilica di San Pietro ebbe solenne inizio il XXI Concilio ecumenico della Chiesa. Erano rappresentati tutti i continenti: l’Europa (39%), l’America del Nord (14%), l’America del Sud (18%), l’America Centrale (3%), l’Africa (12%), l’Asia (12%) e l’Oceania (2%). In occasione del secondo anniversario dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro, La Valle ha approfondito per il settimanale dei paolini Famiglia Cristiana la Chiesa di Francesco. “La sera del 13 marzo 2013 quando il nuovo papa si è affacciato sulla piazza e ha detto buonasera, e prima ancora di dare la benedizione si è inchinato chiedendo la benedizione del popolo, s’è capito che una lunga attesa era giunta forse alla fine e qualcosa di veramente nuovo stava per accadere”, sottolinea La Valle che individua la principale novità del pontificato il fatto che Bergoglio metta in questione non solo se stesso, ma il ministero petrino che esercita. “Si mette all’interno del grande corteo del popolo cristiano e non al di sopra, spiega che lui è uno di noi”, afferma La Valle. “Il papa nella sua idea è solo uno a cui Dio ha guardato con grande misericordia. Bergoglio ha sempre avuto questa idea e lo dimostra nella scelta del motto episcopale, cioè Miserando atque eligendo (Guardò con misericordia e scelse)”.

