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Alimentazione, cresce la richiesta di prodotti ittici nelle mense scolastiche

Le preparazioni semplici e la frittura risultano essere le più apprezzate dai bambini

Foto di Jenn Kosar su Unsplash

Un’indagine di Confcooperative Fedagripesca, diffusa in vista del nuovo anno scolastico, fotografa il rapporto tra bambini e consumo di pesce, evidenziando preferenze, abitudini alimentari e aspettative dei genitori. Nonostante il riconosciuto valore nutrizionale dei prodotti ittici, il loro consumo resta inferiore alle raccomandazioni sanitarie. La ricerca, condotta anche nelle scuole, mostra come la frittura e le preparazioni semplici restino le più apprezzate, mentre cresce la richiesta di una maggiore presenza di pesce nelle mense scolastiche.

L’indagine

Sapore delicato ma gustoso, facile da consumare come nasello, sogliola, merluzzo, mentre sul podio delle preparazioni ci sono filetti, bastoncini, polpette di pesce, hamburger di pesce, quanto alla cottura la più amata resta la frittura. L’80% dei bambini il pesce a tavola lo preferisce così sia a casa ma anche a scuola, facendo contenti i loro genitori. Anche perché sei su sette (circa il 90%) vorrebbero per i loro figli una dieta più ricca di questi alimenti proprio nelle mense scolastiche. È quanto emerge da un’indagine di Confcooperative Fedagripesca, realizzata in vista dell’avvio dell’anno scolastico, che da anni è impegnata nelle scuole a favorire la conoscenza di pesci, molluschi e crostacei con percorsi formativi che vanno dalle tecniche di pesca alle proprietà nutrizionali, passando per la gastronomia.

Le dichiarazioni

“Tutti i prodotti ittici sono ricchi di nutrienti essenziali che supportano lo sviluppo fisico e cognitivo, ma, nonostante ciò, in Italia, la loro presenza nelle mense scolastiche e nelle abitudini alimentari familiari è ancora limitata”, spiega Paolo Tiozzo, vicepresidente Confcooperative Fedagripesca. Bambini e ragazzi, infatti, consumano meno pesce di quanto raccomandato dalle linee guida sanitarie, con una media di sole 1-2 porzioni a settimana contro le 2-3 consigliate, come evidenziato dalle indagini dell’Istituto superiore di Sanità. Un consumo che tende ulteriormente a calare durante l’adolescenza, influenzato da fattori come abitudini familiari, regione di residenza, con un divario geografico, dove il consumo è storicamente più alto al Sud e nelle zone costiere rispetto al Nord e non ultimo dalla capacità economica. Secondo l’associazione l’attenzione dei genitori è rivolta alla tracciabilità dei prodotti ittici e quando si tratta di bambini più piccoli alla preoccupazione per le lische.

Fonte: Ansa

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