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Un nuovo Compendio per la Dottrina Sociale: la sfida della fraternità

Sessant’anni dopo il Concilio, la Dottrina Sociale della Chiesa (d’ora in poi DSC) chiede un nuovo Compendio capace di parlare al presente

Foto di Hannah Busing su Unsplash

Sessant’anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965), la Chiesa si trova di fronte a una sfida decisiva: ripensare e aggiornare il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato nel 2004, alla luce delle trasformazioni culturali, sociali ed economiche che hanno segnato il nuovo millennio. Non si tratta di un mero esercizio accademico, ma di un’urgenza pastorale e culturale: la DSC è infatti patrimonio vivo, chiamato a illuminare le coscienze e a orientare la prassi ecclesiale e sociale.

La fraternità dimenticata

Il Concilio Vaticano II ha aperto la strada a una nuova stagione di protagonismo laicale, ma la sua eredità non è stata pienamente valorizzata. In particolare, la fraternità — principio proclamato insieme a libertà e uguaglianza dalla Rivoluzione francese — è rimasta la “sorella povera”, trascurata dalla filosofia e dalla teologia, e scarsamente tematizzata nel Compendio. Eppure, la tradizione della scuola agostiniano-francescana offre una chiave straordinaria per ripensare la DSC: per Bonaventura, la fraternità è riflesso della Trinità, relazione oblativa e vocazione all’amore reciproco; per Giovanni Duns Scoto, essa si fonda sull’unicità irripetibile di ogni persona (ultima solitudo: non condivisibile con nessun’altra) e sulla libertà come inclinazione al bene. Pietro di Giovanni Olivi, infine, ha anticipato concetti moderni come finanza etica generativa e beni comuni.

Perché serve un aggiornamento

Il Compendio cita San Bonaventura una sola volta, mentre San Tommaso d’Aquino compare ventisette volte: uno squilibrio che riflette una preferenza storica per l’approccio tomista, razionale e sistematico, a scapito di quello francescano, mistico e relazionale. Oggi, però, le crisi ecologiche, le disuguaglianze e la frammentazione sociale chiedono un cambio di paradigma. Un nuovo Compendio dovrebbe:

  • Riconoscere la fraternità come principio fondante, universale e cosmico, capace di abbracciare ogni creatura.
  • Riformulare l’antropologia sociale, integrando la visione dell’uomo come essere in relazione e non solo individuo razionale.
  • Promuovere un’economia del dono e della reciprocità, ispirata alla “Economia di Francesco”.
  • Radicare l’ecologia integrale (ambientale, economica, sociale, culturale, della vita quotidiana, che protegge il bene comune e sa guardare al futuro) nella fraternità cosmica, come già indicato da Laudato si’.
  • Educare alla fraternità come stile di vita, attraverso esperienze comunitarie e interculturali.
  • Riformare linguaggio e prassi ecclesiale, affinché la DSC sia percepita come patrimonio vivo e non come manuale astratto.

La via pulchritudinis francescana

San Francesco d’Assisi, povero e libero, non contemplava il creato come un possesso, ma come uno specchio trasparente del Creatore. Nel sole, nell’acqua, nel fuoco, nei fratelli e nelle sorelle, egli scorgeva riflessi della bellezza originaria. Il suo Cantico delle Creature non è poesia estetizzante, ma teologia cantata: la bellezza diventa linguaggio di Dio, invito alla lode, fraternità universale.

La tradizione francescana, da Bonaventura a Duns Scoto, ha raccolto questa intuizione e l’ha resa pensiero: la bellezza è epifania del vero, del bene e della forma universale della bellezza. Non un ideale astratto, ma un volto concreto, segnato dalla gratitudine, dove la bellezza si rivela come fraternità cosmica.

Oggi, in un tempo segnato da indifferenza e frammentazione, la via pulchritudinis francescana ci appare come un ponte di dialogo. La bellezza non impone, ma attrae; non divide, ma unisce. È un linguaggio universale che parla al cuore di credenti e non credenti, educa al rispetto del creato, apre alla letizia francescana.

La via pulchritudinis è dunque un nuovo umanesimo: un invito a guardare il mondo con occhi di stupore, a riconoscere in ogni creatura non un estraneo, ma un riflesso incarnato di noi stessi. E’ un cammino che non si percorre da soli, ma insieme, come comunità organizzata da una sussidiarietà circolare, come famiglia umana.

La via pulchritudinis francescana ci ricorda che la bellezza non è un lusso, ma un percorso, che non guarda lo stato sociale delle persone, ma la capacità di ognuno di stupirsi del bello: è lo stupore che apre alla gioia, è lo sguardo che trasforma il mondo nel motto francescano: pace e bene. Se sapremo lasciarci educare dalla bellezza, allora ogni creatura diventerà relazione e dono.

I due Festival come laboratorio di rinnovamento

Questa prospettiva non resta confinata alla teoria. A Verona, due esperienze ecclesiali mostrano come la DSC possa incarnarsi in forme diverse e complementari.

  • Il Festival della DSC, nato nel 2012 sotto la guida di Mons. Adriano Vincenzi, è un laboratorio di formazione e discernimento. Non un convegno, ma un luogo di dialogo tra Chiesa, imprese, giovani e istituzioni, dove la realtà supera l’idea e il bene comune diventa visibile.
  • Il Festival dei Poeti Sociali, avviato nel 2024, è invece una rassegna culturale e creativa che intreccia linguaggi artistici e testimonianze di vita. Qui la fraternità si esprime come poesia sociale, come letizia francescana che genera speranza nei luoghi quotidiani.

Pur diversi per metodo e linguaggio, entrambi i Festival incarnano la fraternità: il primo in chiave dottrinale e progettuale, il secondo in chiave estetica e relazionale. La “perfetta letizia” francescana diventa il filo conduttore che unisce sapere e arte, struttura e ispirazione, dottrina e poesia.

Una missione culturale per la Chiesa

La revisione del Compendio non è dunque un atto burocratico, ma un passo necessario per rendere la DSC capace di parlare al mondo contemporaneo. La fraternità francescana, con la sua visione cosmica e relazionale, può diventare il principio cardine di un nuovo umanesimo cristiano, capace di rispondere alle sfide della secolarizzazione, dell’individualismo e della crisi ecologica. Come ha ricordato papa Francesco all’Arena di Verona nel 2024, rivolgendosi ai “poeti sociali”: «Voi avete la capacità e il coraggio di creare speranza laddove appaiono solo scarto ed esclusione». È questa la missione della DSC rinnovata: generare speranza, fraternità e bellezza, nei crocevia della storia.

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