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Giornata in ricordo della tragedia del Vajont: occasione di riflessione collettiva

per gentile concessione della Fondazione Vajont 9 ottobre 1963 Onlus

La sera del 9 ottobre 1963 rimane impressa come una delle pagine più drammatiche della storia italiana. In quella notte, il torrente Vajont, che scorre tra le montagne al confine tra le province di Belluno e Pordenone, divenne teatro di una catastrofe annunciata.

Dal versante del Monte Toc si staccò un’enorme frana che precipitò nel bacino artificiale della diga, innalzando un’onda gigantesca capace di superare la sommità dello sbarramento. L’acqua, travolgendo ogni cosa sul suo cammino, distrusse in pochi minuti i paesi di Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova e Faè, e colpì anche gli abitati di Erto e Casso, posti più in alto lungo il lago. In quell’immane disastro persero la vita 1.917 persone, di cui 487 erano bambini e ragazzi. Le case, le strade, i ricordi di intere famiglie vennero cancellati in un istante. Tuttavia, la diga rimase quasi intatta: segno tangibile che non fu la sua struttura a cedere, ma l’uomo, con le sue scelte e la sua presunzione di dominare la natura. Il Vajont rappresenta infatti non solo una tragedia naturale, ma soprattutto una ferita morale.

La Giornata in ricordo della tragedia del Vajont, quindi, non è solo un momento di commemorazione, ma un’occasione di riflessione collettiva. Serve a rendere omaggio alle vittime e ai superstiti, ma anche a richiamare la responsabilità delle istituzioni e della comunità nel custodire la memoria e prevenire simili disastri. Ricordare significa imparare: vuol dire riconoscere che il progresso non può prescindere dal rispetto dell’ambiente, dalla prudenza e dall’ascolto di chi vive i territori.

Oggi più che mai, il Vajont ci parla della necessità di una cultura della prevenzione e della solidarietà. Le giovani generazioni devono conoscere questa storia per capire che dietro ogni grande opera ci sono scelte etiche e ambientali che possono segnare la vita di intere comunità. Il ricordo del Vajont non è soltanto dolore: è monito, coscienza e speranza. È il dovere di trasformare una tragedia in insegnamento, affinché la voce di chi ha sofferto non venga dimenticata, soprattutto dai più giovani.

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