Il gesto della benedizione è presente e lo troviamo spesso, in quasi tutte le culture e le tradizioni religiose, esso esprime un augurio di bene, protezione e prosperità.
Anche questo termine ha origine latine, derivando infatti, da “benedicere”, tradotto in maniera semplice “dire bene”. Possiamo interpretare tale benedizione come un augurio. È un augurio o una dichiarazione che esprime il desiderio che il bene ricada su qualcuno, mentre nelle tradizioni religiose è visto come l’atto con cui Dio, concede una grazia, un favore, ad una persona, ad un luogo o a un oggetto.
La benedizione impartita da un sacerdote, può servire a mettere in relazione la realtà terrena di tutti i giorni con il divino, con il sacro, riconoscendo al tempo stesso che esiste un qualcosa di superiore dal quale provengono tutte le cose buone e tutto ciò serve anche ad infondere fiducia e soprattutto speranza per chi crede.
Potremmo affermare che la benedizione può avere anche un significato “laico”, può essere un modo per esprimere gratitudine, riconoscimento o augurio, come quando un genitore “benedice” il cammino di un figlio, o quando si augura a qualcuno “che vada tutto bene”. In questo senso la benedizione diventa un atto umano di empatia e solidarietà. Avvertiamo un senso di accettazione e anche di protezione, quando si riceve una benedizione, che può riguardare un matrimonio, la nascita di un neonato, o anche un viaggio o durante il pasto.
Secondo studi di psicologia, una benedizione potrebbe addirittura ridurre l’ansia e contemporaneamente rafforzare la convinzione di avere la capacità e l’aiuto necessario per affrontare le continue sfide della vita. Chiaramente la benedizione non cambia magicamente la realtà, ma può trasformare il modo in cui la consideriamo, infatti ricevere una benedizione può dare coraggio in un momento difficile della propria esistenza, tanto da infondere serenità e cercare di trovare un nuovo equilibrio interiore.
Chi benedice dona sempre qualcosa di sé, una parola buona, un pensiero positivo che può aiutare l’altro, oltre ad essere un gesto affettuoso, di conseguenza chi riceve la benedizione si sente accolto, sostenuto ed accompagnato.
Nel libro “Più vivi più umani” di Johnny Dotty e Mario Aldegani, gli autori parlando della benedizione così si esprimono: “…benedire e lasciarsi benedire è l’unico modo di stare dentro il nostro tempo con un senso e un perché…” e aggiungono che: “ Benedire e lasciarsi benedire sono forme di relazione che esprimono allo stesso tempo, bisogno e disponibilità verso l’altro”. Per questo la benedizione ha un forte valore relazionale: costruisce legami, rafforza la fiducia, nutre il senso di comunità. In una società spesso segnata da fretta e individualismo, il gesto di benedire ricorda la possibilità di fermarsi, riconoscere il bene e offrirlo agli altri.
Nei testi Sacri, l’Antico e il Nuovo Testamento, la benedizione non è una semplice formula religiosa, ma un atto attraverso cui Dio si china sull’uomo per comunicargli vita, protezione e pace. Nel Libro dei Numeri, che è il quarto libro del Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia, attribuito tradizionalmente a Mosè, e risale forse al periodo che va dal 1440-1400 a. C. in esso troviamo una delle formule di benedizione più note e usate, che il Signore comanda a Mosè di impartire al popolo di Israele: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace” .
Comprendere e interpretare la benedizione nel Vangelo significa riscoprire il cuore della rivelazione cristiana: un Dio che non maledice, ma che continuamente dona e rigenera e che soprattutto ama tutti indistintamente.
Nel Vangelo diversi sono gli esempi proposti da Gesù sul valore della benedizione, Egli invita a benedire perfino i nemici, come riportato nel testo di Luca: “Benedite coloro che vi maledicono”, non più il rancore o la vendetta, ma un’apertura alla logica dell’amore, anche verso i nemici.
E’ la dimostrazione che la benedizione evangelica non è un rito antico né un privilegio riservato a pochi, ma tutti possono beneficiarne. Lo stesso Gesù si congederà di suoi discepoli con una benedizione prima di ascendere al cielo: “Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo …”.
Il grande vescovo di Milano, S. Ambrogio (339-397) vede la benedizione come responsabilità del cristiano in quanto egli è portatore di benedizione, ogni battezzato può benedire nel senso di augurare e invocare il bene su ciò che incontra; che la benedizione non è un gesto magico, ma un atto di fede che riconosce Dio come fonte di ogni bene. In definitiva la benedizione pur restando un gesto semplice, è un’invocazione che apre alla speranza, che invita tutti a rivolgere lo sguardo verso il bene, riconoscendolo negli altri e augurare allo stesso tempo che lo stesso bene possa crescere in tutti.

