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Terra Santa, una testimonianza ecumenica di pace

Gruppo ecumenico: cosa rende possibile e importante il “rimanere” dei cristiani nella terra di Gesù, sfigurata dal terrore

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Gerusalemme © neufal54 da Pixabay

La pace come terreno di condivisione. Il Gruppo di riflessione ecumenica “A Jerusalem Voice for Justice” si è costituito in maniera spontanea davanti allo nuovo scatenarsi di violenza e terrore in Terra Santa. L’obiettivo, riferisce l’agenzia missionaria Fides, è condividere e offrire spunti di analisi e discernimento sui fatti e sui processi che toccano e tormentano la vita dei popoli nella terra di Gesù. Della rete fanno parte, tra gli altri, il patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini Michel Sabbah, il vescovo luterano Munib Younan, il vescovo greco ortodosso Attallah Hanna. La coordinatrice del Centro ecumenico Sabeel, Sawsan Bitar. Il teologo palestinese John Munayer. Il padre gesuita David Neuhaus, padre Frans Bouwen dei Missionari d’Africa.

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Gaza (@ Mohammed Ibrahim su Unsplash)

Riflessione per la pace

Sostengono i promotori dell’iniziativa: “In questi giorni dolorosi, essendo parte integrante della realtà che ci circonda, camminiamo attraverso valli oscurate dalla morte, dallo sfollamento, dalla fame e dalla disperazione”. E’ questa la condizione in cui il Gruppo di riflessione ecumenica “Una Voce di Gerusalemme per la giustizia” (A Jerusalem Voice for Justice) ha deciso di scrivere una lunga lettera-messaggio “al nostro popolo e ai nostri pastori”, per richiamare a quali sorgenti può attingere e a quale missione è chiamata la la presenza dei cristiani nel tempo di orrore e dolore che sta sfigurando la Terra Santa, la Terra di Gesù. Aggiungono i firmatari della lettera, descrivendo sommariamente quello che accade in Terra Santa. “E’ in corso un genocidio che rischia di estendersi anche ad altre parti della Palestina. La pulizia etnica a Gaza, attraverso la distruzione sistematica di case, ospedali e istituzioni educative, avanza di giorno in giorno“.

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Bambino a Gaza (hosny salah from Pixabay)

Complicità

Pratiche simili, aggiungono, “sono applicate in Cisgiordania, attraverso gli attacchi violenti dei coloni israeliani con la complicità dell’esercito israeliano. Le case vengono demolite, interi villaggi distrutti e i loro abitanti resi dei senza-tetto; migliaia di prigionieri sono in detenzione amministrativa senza alcuna protezione legale; la gente viene uccisa o ferita, gli ulivi vengono bruciati, i raccolti distrutti, greggi e armenti uccisi o rubati, le proprietà private sono saccheggiate”. Davanti a questo tempo di dolore – si legge nella lettera – “Ci spezza il cuore vedere famiglie espulse o costrette a lasciare Palestina-Israele. Non giudichiamo coloro che se ne vanno per scelta, perché conosciamo il peso che tutti siamo chiamati portiamo. Preghiamo per loro e la nostra benedizione li accompagna ovunque essi decidono di andare. Tra noi – membri del Corpo di Cristo radicato nel suolo della Palestina –ci sono però quelli che hanno scelto di restare, di parlare e di agire”.

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Gaza. Foto: ACS Italia

Gruppo ecumenico

Il fatto di restare oggi in Terra Santa – sostengono i membri del Gruppo ecumenico – “non è solo una decisione politica, sociale o pratica. È un atto spirituale. Non rimaniamo perché sia facile, né perché sia una fatalità. Rimaniamo perché siamo stati chiamati a farlo. Nostro Signore Gesù è nato a Betlemme, ha camminato sulle colline della Galilea, ha pianto su Gerusalemme e ha subito una morte ingiusta perché è stato fedele alla sua missione fino alla fine. Non è fuggito dalla sofferenza. Egli vi è entrato, traendo la vita dalla morte. Allo stesso modo, rimaniamo non per romanticizzare la sofferenza, ma per testimoniare la presenza e la potenza del Signore nella nostra martoriata Terra Santa”.

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La Parrocchia di Gaza (@ Vatican News)

Ora buia

Per i cristiani, in questa ora buia della storia, “restare è dire con la nostra vita: questa terra, ferita e sanguinante, è ancora santa”. Vuol dire “proclamare che la vita dei palestinesi – musulmani, cristiani, drusi, samaritani, bahai – e la vita degli ebrei-israeliani è sacra e deve essere protetta. È ricordare che la risurrezione inizia nella tomba, e che anche ora, nella nostra sofferenza collettiva, Dio è con noi”. Gli autori della lettera citano parole pronunciate dal Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, nella sua recente visita a Gaza, “Cristo non è assente da Gaza. È lì, crocifisso nei feriti, sepolto sotto le macerie eppure presente in ogni atto di misericordia, in ogni candela nell’oscurità, in ogni mano tesa verso chi soffre”.

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