Viviamo in un tempo complesso, segnato da sfide economiche, sociali e culturali che lambiscono in modo particolare i giovani. Tra le difficoltà più evidenti spicca l’inclusione lavorativa: per molti giovani, l’ingresso nel mondo produttivo rappresenta un percorso faticoso, segnato da incertezze e precarietà. La mancanza di opportunità stabili, i contratti a tempo determinato, la difficoltà di valorizzare competenze acquisite con studio e sacrificio, portano spesso a sentimenti di frustrazione e di scoraggiamento. A questo si aggiunge il fenomeno dei cosiddetti “Neet”, ossia i giovani che non studiano, non lavorano e non seguono alcun percorso formativo, segnale evidente di un sistema che rischia di escludere invece di includere.
Come giovane cattolica, sento la responsabilità di leggere questa realtà alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa, in particolare degli insegnamenti che ci ha lasciato Papa Francesco. In numerosi interventi, il Santo Padre ci ha richiamato con forza alla centralità della dignità del lavoro e alla necessità di un’economia che non escluda, ma che includa. Nell’enciclica “Fratelli tutti”, egli ha affermato che “un lavoro degno è un punto centrale della dignità dell’essere umano”, e invita a costruire modelli sociali che mettano al centro le persone, specialmente le più vulnerabili.
Il Santo Padre, con la sua forza morale, ci ha esortato a non cedere alla “cultura dello scarto”, che considera i giovani “un peso” quando non producono, e a lottare contro ogni forma di disuguaglianza. Egli ci ha incoraggiato ad essere protagonisti, ad avere coraggio e a non arrenderci di fronte alle difficoltà. Ci ha invitato a metterci in gioco, a formarci, a collaborare, a prenderci cura gli uni degli altri. L’inclusione lavorativa non è solo una questione economica, ma anche una sfida morale e spirituale: significa offrire a ogni giovane la possibilità di costruire un futuro, di mettere a frutto i propri talenti, di sentirsi parte viva della società. Come giovani cattolici, facendo tesoro dell’eredità morale lasciataci da Papa Francesco, siamo chiamati a contribuire con idee, iniziative e testimonianza concreta a un mondo del lavoro più giusto e solidale. Come ci indica il Giubileo che stiamo vivendo, dobbiamo essere “costruttori di speranza”, in dialogo con le istituzioni, con il mondo associativo e con tutti coloro che si impegnano per una società più inclusiva e fraterna. Il futuro non si attende ma si costruisce insieme, nella luce della fraternità e dell’altruismo per rendere migliore la nostra “Casa comune”, dando così un’opportunità concreta alle nuove generazioni, senza se e senza ma.

