L’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco parla a un mondo che ha necessità non soltanto di rincuoramento, ma propriamente di fraternità, così come di libertà ed eguaglianza. Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei si occupa da anni della condizione carceraria e ha scritto con Paola Ziccone il libro “Verso Ninive: Conversazioni su pena, speranza, giustizia riparativa” (Rubbettino). Domenica si è svolto il Giubileo dei detenuti con oltre seimila pellegrini provenienti da circa 90 Paesi. La tre giorni dell’ultimo grande evento dell’Anno Santo ha avuto inizio venerdì scorso con un convegno sul “Diritto alla speranza” ed è culminata domenica con la messa presieduta dal Papa. Le ostie per la celebrazione sono state donate dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti attraverso il progetto “Il senso del Pane“, che dal 2016 coinvolge più di 300 reclusi ogni anno nella creazione di particole destinate alle diocesi italiane e straniere. L’episodio biblico dal quale trae ispirazione il titolo del libro è quello in cui il profeta Giona si indigna con Dio perché non distrugge Ninive, città nemica di Israele, sterminandone gli abitanti dapprima minacciati da Dio per i loro peccati ma poi salvati perché convertitisi. Il libro di Giona viene richiamato nel dialogo tra l’arcivescovo di Bologna e Paola Ziccone, operatrice del diritto da decenni impegnata nel mondo carcerario e nella pratica della mediazione penale.

Nove anni fa Jorge Mario Bergoglio, incontrando i carcerati, ha detto: “Ogni volta che entro in un carcere mi domando: perché loro e non io. Tutti, abbiamo la possibilità di sbagliare“.Ciò, evidenzia il cardinale Zuppi, significa che il Papa non vede alcuna differenza tra lui e un carcerato, perché tutti possono sbagliare e ritrovarsi dietro alle sbarre. È come se il Papa dicesse: “dall’altra parte delle sbarre ci potrei essere anche io, se non fosse per la grazia di Dio”. Ugualmente Giovanni XXIII, nella sua storica visita al carcere di Regina Coeli, iniziò il proprio discorso facendo riferimento al fatto che un suo parente era stato in carcere. Paolo VI invitò i carcerati di Regina Coeli a non cedere alla disperazione. Disse: “Togliete dalla vostra anima questa catena, questa vera prigionia e lasciate che il vostro cuore, invece si dilati e ritrovi i motivi della speranza“. Il Giubileo delle persone detenute, sottolinea il cardinale Zuppi, ci ha ricordato che “tutti siamo uguali e che tutti possiamo sbagliare. Tutti siamo uomini e tutti siamo, per certi versi, soggetti al male, sia compiuto sia subìto. Tutti abbiamo bisogno di speranza. L’idea che i detenuti non abbiano nulla a che fare con chi sta fuori dal carcere, porta solamente a un aumento delle distanze tra chi si crede giusto e chi, ormai, è irrecuperabile. E l’aumento della distanza, porta all’aumento dell’odio e del disprezzo“.

La percezione della funzione del castigo, secondo il presidente della Cei, è molto legata all’idea che si ha di giustizia. Osserva il porporato: “Se il compito della giustizia è quello di infliggere castighi ai colpevoli, come unico modo per far sì che chi ha sbagliato capisca il proprio sbaglio e paghi per quanto ha fatto, è chiaro che più si infliggono castighi e più si adempie alla giustizia”. Il cardinale Zuppi pensa, però, che “un’idea di giustizia come questa, se non viene mitigata, rischia di diventare veramente pericolosa. La giustizia deve sempre esprimere un volto umano e bilanciare le esigenze di tutti”. Più dei due terzi delle persone che escono dal carcere e che hanno seguito percorsi solo dentro al carcere sono recidivi. Al contrario, coloro che sono stati ammessi a fruire delle misure alternative al carcere hanno una bassissima recidiva. “Vedere il male nell’altro, aiuta a ritenersi giusti e a non vedere la propria debolezza e fragilità– riflette il porporato-. Non è facile, infatti, fare i conti con la terribile capacità di commettere il male che, in realtà, ciascuno ha in sé. Ogni persona nasconde dentro un ‘lupo’, che, se non viene contenuto, può fare del male agli altri e a se stesso. Il problema è che è difficile combattere contro se stessi ed è altrettanto difficile ammettere che io stesso potrei essere un possibile artefice del male”.

