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Onu, sos schiavitù da Haiti al Myanmar

Nazioni Unite, con l'aumento dei conflitti cresce la violenza sessuale sulle donne: "Lo stupro usato come tattica di guerra e sfollamenti"

Allarme-schiavitù dell’Onu. Il lavoro forzato e il matrimonio forzato stanno aumentando significativamente. Sono 50 milioni le persone che vivono in condizioni di schiavitù moderna. Il matrimonio forzato è strettamente legato a consuetudini e pratiche patriarcali consolidate nel tempo. E assume delle caratteristiche specifiche in base ai contesti. La maggioranza dei matrimoni forzati (oltre l’85%) è stata determinata da pressioni familiari. Due terzi (65%) dei matrimoni forzati si verificano in Asia e nel Pacifico. Ma, se si considerano le dimensioni della popolazione regionale, la prevalenza delle persone costrette a sposarsi è più alta negli Stati arabi. E cioè 4,8 persone su mille nella regione. I lavoratori migranti, poi, hanno una probabilità più che tripla di essere sottoposti a lavoro forzato rispetto ai lavoratori adulti non migranti.
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Foto di Marwan Ahmed su Unsplash

Appello Onu

La maggior parte dei casi di lavoro forzato (86 per cento) si registra  nel settore privato. Il lavoro forzato in settori diversi dallo sfruttamento sessuale commerciale rappresenta il 63 per cento di tutto il lavoro forzato. Mentre lo sfruttamento sessuale ai fini commerciali rappresenta il 23 per cento di tutto il lavoro forzato. Quasi quattro su cinque delle persone vittime di sfruttamento sessuale ai fini commerciali sono donne o ragazze. “È sconvolgente che la schiavitù moderna continui ad esistere. Nulla può giustificare la persistenza di questo abuso fondamentale dei diritti umani- avverte l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil)-. Sappiamo cosa bisogna fare e sappiamo che si può fare. Politiche e normative nazionali efficaci sono fondamentali ma i governi non possono farlo da soli. Le norme internazionali forniscono una base solida ed è necessario un approccio che coinvolga tutti. I sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro, la società civile e la gente comune hanno tutti un ruolo fondamentale da svolgere”.

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Foto di Katinka da Pixabay

Allarme dell’Onu

Walk Free è un gruppo internazionale per i diritti umani che si concentra sull’eliminazione della schiavitù moderna, in tutte le sue forme, nel corso della vita. E afferma: “La schiavitù moderna è l’antitesi dello sviluppo sostenibile. Eppure, nel 2022, essa continua ad essere parte dell’economia globale. Il problema è causato dall’uomo, legato sia alla schiavitù come fenomeno storico che alla persistenza di disuguaglianze strutturali. In un periodo in cui di crisi interconnesse, una vera volontà politica è la chiave per porre fine a queste violazioni dei diritti umani”. Con l’aumento dei conflitti in tutto il mondo cresce la violenza contro le donne e le ragazze come arma di guerra. E’ quanto ha denunciato il capo dei diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Türk. Citando la situazione nella Repubblica Democratica del Congo, in Myanmar, in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, compresa Gaza e la Cisgiordania, così come in Ucraina, ma anche ad Haiti “dove le donne sono sempre più vittime di violenza sessuale, compresa la schiavitù sessuale“. Secondo la Rappresentante speciale dell’Onu per la violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten, la crescente militarizzazione sta creando le condizioni per “una crudeltà inimmaginabile e implacabile“.
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Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

Crimine sottostimato

“Lo stupro di gruppo, la schiavitù sessuale e altre forme brutali di violenza sessuale sono usate come tattiche di guerra, tortura e terrorismo, per soggiogare e sfollare le popolazioni” ha dichiarato Patten. Citando l’ultimo rapporto Onu sulla violenza sessuale legata ai conflitti che riporta più di 4.500 casi in 21 paesi. Ma “non pretende di riflettere la portata globale di questo crimine cronicamente sottostimato e storicamente nascosto” ha sottolineato. “Sappiamo che per ogni donna che denuncia – ha detto la rappresentante Onu – molte altre vengono messe a tacere per paura di rappresaglie e servizi inadeguati. Inoltre, lo stigma, radicato in norme sociali dannose, porta all’esclusione socio-economica e all’impoverimento delle sopravvissute“. In particolare, il rapporto evidenzia la vulnerabilità delle donne sfollate interne, rifugiate e migranti, che continuano ad affrontare un aumento dei rischi di violenza sessuale.

In fuga

In Myanmar, Ucraina, Sudan e altrove, donne e ragazze in fuga in cerca di sicurezza sono cadute preda di “reti senza scrupoli di trafficanti e criminali, per i quali lo sfollamento forzato di civili non è una tragedia, ma un’opportunità di sfruttamento” ha spiegato Patten. “Nella parte orientale del Congo, le donne hanno riferito di andare in giro con i preservativi quando cercano cibo o raccolgono legna e acqua. Queste donne si trovano di fronte a una scelta inaccettabile tra il sostentamento economico e la violenza sessuale, tra i loro mezzi di sussistenza e la loro vita”, ha detto la Patten, sottolineando che “la violenza sessuale rimane una caratteristica persistente dell’economia politica della guerra“.

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