L’assoluzione di Silvio Berlusconi “non cancella il rilievo istituzionale e morale del caso”. E’ durissima la presa di posizione di Avvenire nei confronti di Silvio Berlusconi, che, secondo il quotidiano della Cei, esce pulito dal Rubygate solo da un punto di vista giudiziario. Il ragionamento contenuto nel fondo firmato dal direttore Marco Tarquinio è chiaro: l’esclusione della concussione e della prostituzione minorile fanno cadere nel vuoto la responsabilità penale, ma non cancellano il clima di promiscuità delle cene galanti di Arcore. Il leader di Forza Italia non subirà le conseguenze del processo ma fornisce un immagine di sé imperdonabile per un personaggio pubblico. “C’è molto da riflettere su come è stato imbastito il processo e sulle sue conseguenze – scrive Tarquinio – ma l’esito penale favorevole a Berlusconi non cancella il rilievo istituzionale e morale del caso”. Anche solo per il fatto “che un simile processo sia stato possibile, è evidente che un’assoluzione con le motivazioni finora conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale”.
Un’analisi che ha trovato il plauso del segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino: “Avvenire ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta e confermata – ha commentato -.La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro”. Il vescovo, parlando a margine di un convegno sul servizio civile, ha aggiunto che la questione non riguarda “solo Berlusconi. Tutte le volte in cui c’è una assoluzione bisogna andare a leggere le motivazioni. Ma il dettato legislativo arriva fino ad un certo punto, il discorso morale è un altro”. Facendo l’esempio della legge sull’aborto Galantino ha sottolineato che “se un fatto è legale non è detto che sia morale”. Parole che all’ex premier non hanno fatto piacere, specie ora che sta rilanciando la sua credibilità politica, terminata la condanna per il caso Mediaset.
Ulteriore conferma del muro di ghiaccio che si è innalzato negli ultimi anni fra una parte dei Vescovi e Palazzo Grazioli. Fu proprio il caso legato a Ruby a sancire la rottura di un rapporto non facile; l’allora direttore di Avvenire, Dino Boffo, scrisse alcuni editoriali al vetriolo contro Berlusconi. Ne seguì una vera e proprio “Macchina del fango” contro di lui da parte del Giornale, guidato da Alessandro Sallusti e di proprietà di Paolo Berlusconi, fratello del presidente azzurro. Per screditare Boffo venne pubblicata una lettera nella quale si leggeva che il giornalista cattolico era stato “querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione”. Ma l’autenticità del documento venne smentita dal gip di Terni e Feltri fu sospeso dall’ordine dei giornalisti per tre mesi. Il processo di allontanamento di Berlusconi dal mondo cattolico raggiunse il suo apice. Tanto che oggi l’ex premier si dice favorevole a leggi un tempo osteggiate dai suoi governi, come quelle sulle coppie di fatto, nonostante nei suoi governi si siano seduti esponenti molto vicini alla Chiesa, come Carlo Giovanardi e altri.