Gli alberi secolari: origini, storia e curiosità

I giganti del nostro pianeta sono un'opportunità di insegnamento, un'occasione per imparare dal passato, guardando al futuro

Foto di Joe da Pixabay

Un argomento poco conosciuto e trattato è quello degli alberi più antichi del pianeta, custodi addirittura di migliaia di anni che, oggi, rappresentano degli “archivi naturali” per capire l’andamento del clima sulla Terra. Questi esemplari, oltre ad aver accompagnato l’essere umano nel suo percorso, rappresentano un monumento all’ambiente, dimostrando la possibilità di resistere e di sopravvivere. Hanno un’importanza notevole a livello di studio. Rappresentano, inoltre, delle mete turistiche di grande interesse, da sviluppare e pubblicizzare. I più antichi risalgono a qualche migliaio di anni fa. Due fra i primi dieci alberi al mondo, si trovano in Italia, in Sicilia e in Sardegna. Il Castagno dei Cento Cavalli (sito nel Comune di Sant’Alfio, nel parco dell’Etna), il secondo albero più antico d’Italia, è stato insignito, dall’UNESCO, di un riconoscimento davvero emblematico, quello di “Monumento messaggero di pace”, considerato come “Il dialogo tra gli uomini e la natura, in un connubio senza fine che coinvolge insieme la ricchezza e la fertilità dell’albero e del suolo e l’operosità dell’uomo”. Sulla sua età non ci sono pareri concordi: per il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha 2200 anni, per altre fonti raggiungerebbe i 3500. Il “patriarca” italiano è l’olivo chiamato S’Ozzastru, prossimo ai 4mila anni, nel Comune di Luras (Sassari). Sulla sua reale età, tuttavia, non ci sono molte sicurezze.

In Svezia vive l’albero “clonato” più antico al mondo, l’“Old Tjikko”, un abete rosso con quasi 10mila anni di storia. Si considera clonato poiché le radici sono quelle originarie mentre il tronco si rigenera in continuazione, muore e rinasce. L’arbusto (così si presenta ai visitatori) nacque poco dopo l’ultima era glaciale della Terra (quella di Würm), conclusasi poco meno di 12mila anni fa.

L’albero, in questo caso, può godere di un altro titolo molto importante: l’organismo vivente più antico del pianeta. L’albero, non clonato, in cui radici e tronco hanno la stessa età, è il Great Basin Bristlecone, un pino di 5mila anni, in California che simboleggia, efficacemente, la metà del Neolitico, l’inizio della scrittura e della Storia. Al secondo posto, più “giovane” di 2 secoli, un altro pino, chiamato a ragione Matusalemme, sempre in California. Per quanto riguarda i dati e le stime sulla vecchiaia delle piante, non c’è sempre uniformità: alcuni valori sono discordanti e la classifica della vetustà non è sempre la stessa. Accanto al metodo del Carbonio-14, si utilizza il classico conteggio degli anelli (la dendrocronologia). In ogni caso, indipendentemente dall’effettiva datazione, ciò che conta rilevare sono l’aspetto storico/archeologico, il messaggio culturale/spirituale da leggere, il contributo scientifico da analizzare nonché le diverse opportunità turistiche da sviluppare.

Apocalisse 22,2 “In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni”. L’edizione 2023 del concorso “The European Tree of the Year”, ha visto trionfare, come albero simbolico dell’UE per l’anno in corso, una quercia polacca (dall’alto dei suoi 2 secoli di vita), chiamata Oak Fabrykant. Zora Del Buono, architetto, è l’autore del volume “Vite di alberi straordinari” (sottotitolo “Viaggio tra le piante più antiche del mondo”), pubblicato da Aboca Edizioni nel luglio 2020. L’autrice “Ci accompagna tra luoghi impervi e mete irraggiungibili mostrandoci che ogni albero, per quanto modesto, rappresenta tutto un mondo per un’infinità di creature. Ammireremo la straordinaria resilienza di pini, tigli, sequoie, abeti, e sperimenteremo la fragilità dell’animo umano che ammutolisce, inerme, a confronto con la potenza, la maestosità e l’insondabilità della natura”.

Il 30 marzo scorso, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, al link https://www.mase.gov.it/comunicati/pnrr-mite-al-progetti-da-330-milioni-di-euro-piantare-6-6-milioni-di-alberi-nelle-citta, ha indicato i futuri obiettivi “Piantare 6,6 milioni di alberi entro il 2024 nelle 14 Città metropolitane italiane – 1.268 comuni in cui vivono più di 21 milioni di abitanti – per contrastare l’inquinamento atmosferico, i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. È l’obiettivo della misura ‘Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano’ del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

Il 29 settembre 2021, il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, al link https://www.crea.gov.it/-/ambiente-foreste-per-il-clima-dati-nuovo-inventario-nazionale-forestale-e-dei-serbatoi-di-carbonio-carabinieri-all4climate-milano-29-30-settembre, riportava dati incoraggianti “La superficie boschiva nazionale è aumentata in 10 anni di circa 587.000 ettari per complessivi 11 milioni di ettari. La biomassa forestale aumenta del 18,4%. Aumenta di ben 290 milioni di tonnellate anche l’anidride carbonica assorbita dai boschi italiani”.

L’articolo 7 della legge 10 del 14 gennaio 2013 considera, con descrizione minuziosa ed efficace, come monumentale “a) l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali; b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani; c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private”.

La legge ha previsto anche un censimento per tali alberi. Gli ultimi aggiornamenti (visibili al link https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11260) giungono a un numero pari a ben 4006 unità. Nell’ambito del turismo sostenibile, il ministero ha elencato i numerosi siti ove visitare gli alberi più caratteristici d’Italia, fornendo anche una mappa aggiornata e dettagliata, tramite il servizio di Google Maps.

Le specie di alberi più diffuse in Italia sono il faggio, le querce e gli abeti rossi. Il totale stimato, nel territorio nazionale, è di circa 12 miliardi di esemplari, pari a circa 200 piante per singolo abitante. A livello scientifico, questi monumenti alla longevità costituiscono un patrimonio unico per valutare i passaggi climatici avvenuti nei secoli scorsi e trarne utili indicazioni.

Nel quadro di conservazione e di resistenza nel tempo, è il caso di considerare eccezionali (soprattutto a livello di studio) quelle piante secolari canadesi che, coperte dal ghiaccio della Piccola Era Glaciale (tra la metà del secolo XVI e quella del XIX), sono rimaste praticamente ibernate per decenni e ora, complice lo scioglimento dei ghiacciai, hanno ripreso a crescere. L’albero antico, con le sue notevoli dimensioni, rappresenta anche uno scrigno incomparabile di biodiversità, un habitat ideale, da salvaguardare, in cui vivono piccoli organismi e insetti (l’entomofauna). Gli alberi che vivono tantissimo sono dimostrazioni tangibili di resistenza all’ambiente, alle modificazioni ambientali e quelle antropiche.

Rappresentano, da sempre, il simbolo della vita, della speranza e della rinascita. Un esempio significativo è quello della città di Nagasaki, in cui, in seguito al deserto sconfinato di morte e macerie (dovuto allo sganciamento della bomba atomica del 6 agosto 1945), solo alcune esemplari di ginkgo biloba sono rimasti in piedi. Oggi costituiscono un monumento alla vita e alla pace.

Si è sviluppato, in molti casi, un turismo legato proprio alla grandiosità degli alberi più antichi. Sarebbe opportuno, a livello mediatico, far emergere e pubblicizzare la presenza di questi incredibili vegetali, in modo da sviluppare opportunità turistiche e di valorizzazione culturale/ambientale del territorio, abbinata anche ad altri aspetti, storici, geografici ed enogastronomici.

La sfida che si propone per questi patriarchi della natura mondiale è se saranno in grado di resistere ai cambiamenti ambientali e all’inquinamento dell’aria prodotto dall’uomo. Tali monumenti alla vita, hanno attraversato periodi freddi e caldi e hanno sviluppato una notevole capacità di adattamento, occorre preservarli affinché l’individuo moderno non li ponga dinanzi a una prova estrema e alla lenta fine della loro gloriosa avventura nei secoli. L’Italia, molto sensibile al problema, li monitora e li tutela scrupolosamente.

Un patriarca che è lì da millenni, simboleggia la pace e la serenità nonché la riflessione verso tale gigante della storia, capace di resistere al tempo e all’uomo, come messaggero di speranza e di fede.