Mottarone, una tragedia che deve interpellare tutti noi

Il disastro che si è verificato domenica pomeriggio sulla funivia che conduce al Mottarone ha colpito tutta l’opinione pubblica, nel profondo: non si può fare a meno di nutrire un dolore immenso per tutti e una profonda compassione per le vittime e per i familiari che piangono i loro morti. Ogni vita che si spezza genera sempre un dolore, per tutti. La morte e la vita riguardano un’intera comunità, non solo il singolo: ecco perché non possiamo non parlarne. E’ doveroso trovare una parola che dia un senso e penso a quel bimbo di cinque anni. I medici, dopo averlo svegliato, gli racconteranno che cosa è successo, certamente cercheranno le parole per dirgli perché è sopravvissuto a tutta la sua famiglia. In quell’abbraccio del padre c’è la ragione prima ed ultima del nostro vivere. Dobbiamo aiutare noi, oggi, quel bambino a vivere e ci proviamo riempiendo di senso ciò che umanamente sembra non averlo.

Il tragico evento di una funivia che precipita nel vuoto è doloroso, sempre, ancor più oggi, quando si inserisce in un momento storico così difficile nel quale le persone ritornano faticosamente a vivere una normalità. Questo cammino verso una nuova normalità domanda di fidarsi dell’altro. Per paura di vivere non si può morire, ci siamo detti tante volte, vivendo con una certa fatica le costrizioni dettate per ragioni sanitarie. Queste ultime ci hanno insegnato che, per vivere liberi, è necessario che la vita si apra a quella corresponsabilità che diventa prossimità. Un’attenzione all’altro, una presa in carico di chi ci sta vicino, la stessa logica, in fin dei conti, che sta dietro al gesto del padre che abbraccia il figlio. Del resto, l’attenzione verso l’altro è la misura del nostro senso civico. Le dichiarazioni di principio (mi prenderò cura di te, viaggiare sicuri, andrà tutto bene… ecc…), se non si traducono in un impegno concreto che mi porta a sentirmi responsabile in primis dell’altro, sono solo false promesse che minano la fiducia sulla quale sono costruiti i rapporti sociali.

La responsabilità della tragedia del Mottarone ricade sull’intera comunità.  La responsabilità è sempre personale e, come tale, va assunta con senso di “prossimità”, sia che io sia colui che avvita il bullone, controlla una corda, aziona un freno o redige un bilancio. Tutta la società è coinvolta, non il singolo cittadino. Ancora: occorre recuperare il senso profondo della cura delle cose, per ritrovare un alto senso civico. A volte, quando mi ritrovo a quadrare un bilancio, mi dico che, dietro quei numeri, ci sono delle persone, delle vite, delle storie e quindi si cerca di agire con un forte senso di responsabilità, consapevole di essere l’anello di una catena nella quale ognuno compie il proprio dovere. Il mio anello blocca la catena. Lo crediamo? Lo crediamo davvero?

Sono certa che i grandi gesti si nutrono di quotidiane azioni, semplicemente per senso di responsabilità, senza i riflettori accesi: il senso civico deve sempre avere la meglio.  I nostri giovani devono essere messi a parte di questo messaggio: solo così si potrà essere capaci di un gesto eroico, come quello del padre che tenta di proteggere il figlio. La magistratura, ora, certamente farà il suo corso: auguriamoci, però, che anche il nostro agire in queste ore non prescinda mai dal rispetto delle vittime e di Eitan di cui ora si dovrà prendere carico la comunità: tu, io, noi. Non trasformiamo questo evento tragico nella ricerca spasmodica del colpevole da mettere alla gogna per sentirci tutti quanti più assolti. Rifuggiamo da qualsiasi strumentalizzazione politica, nell’accezione peggiore dell’aggettivo, cioè partitica.

Eitan ci guarda: questa vita strappata alla morte diventa anche per noi un’opportunità per ritornare a vivere in un modo nuovo. Si faccia giustizia per capire cosa non ha funzionato, affinché eventi così tragici non abbiano a verificarsi mai più, per quanto è umanamente nelle nostre possibilità. Questo è sicuramente importante: nondimeno, lavoriamo perché sia chiara ai nostri giovani la dimensione della responsabilità, individuale e collettiva, l’uno nei confronti dell’altro. Solo così l’uomo si riscopre più uomo, immerso in una rete di relazioni che gli garantiscono una dimensione alta e piena del vivere.