Lavoro, stabilità e benessere: il punto da cui partire

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Foto di Miguel Á. Padriñán da Pixabay

Non manca mai nel Bel Paese una campagna elettorale: consultazioni Europee, nazionali, comunali, referendum. Taluni vorrebbero ripristinare le consultazioni provinciali, ma per adesso, pare, che non si voglia esagerare. Peccato che tutte queste consultazioni registrano progressivamente emorragie incontenibili di elettori. Probabilmente i cittadini non sono convinti dal profluvio di parole che accompagnano le campagne elettorali, non sempre sensate.

C’è chi scende in campo con la richiesta di un ennesimo referendum per combattere il precariato, ma sembra farlo per rendere più intensa la campagna elettorale per il rinnovo dei parlamentari italiani in Ue. Si cerca di di abrogare l’opportuna soluzione del Jobs act, rea a loro parere di aver reso precario il lavoro italiano. Si tratta invecem di una legge modernizzatrice e necessaria.

Il lavoro instabile ed i salari bassi, dipendono dalla economia malferma a causa del debito mai assottigliato preferendo le accorciatoie sciagurate dei bonus ed assistenzialismo clientelare, di tasse altissime, di noncuranza di ogni fattore di sviluppo a partire dall’intero sistema dell’education. Da anni però si fanno campagne non del tutto veritiere sulla precarietà, esse suggerirebbero la sua totale diffusione in ogni posto di lavoro. Per nulla sottovalutando il fenomeno che comunque relega una parte dei lavoratori al precariato ed a salari insufficienti, si offrono alla pubblica opinione dati inesatti per disorientarla. Prendiamo ad esempio i contratti a tempo determinato. Questi rapporti di lavoro temporanei vengono conteggiati all’inizio dell’assunzione, ma non quando vengono trasformati in rapporti a tempo indeterminato. Cosicchè le assunzioni risultano quasi tutte temporanee datosi che la prima assunzione avviene normalmente a carattere temporaneo. Tant’è che i rapporti censiti dei contratti a tempo indeterminato risultano attestati da lungo tempo all’84%; più o meno la identica situazione tedesca e francese.

Peraltro proprio nell’ultimo anno si è verificato un interessante aumento del tempo indeterminato. Le aziende, in assenza di personale qualificato, pur di accaparrarseli li hanno assunti a tempo indeterminato. Ed allora il suggerimento più caloroso da raccomandare per superare la precarietà, è quella di porsi il tema di agire sui fattori dello sviluppo, invece che soffermarsi sui fattori del sottosviluppo. Si potrebbe invece promuovere il referendum propositivo per iniziare ad assottigliare il debito pubblico; di riformare la scuola legandola alle produzioni ed ai servizi, pagando di più i docenti e chiedendo loro di più; di ripristinare le centrali nucleari per ridurre i costi della energia. Si potrebbero indire questi ed altri per incidere sulla crescita e dunque sul lavoro stabile e ben pagato. Se si ci convertisse, si potrebbe ottenere una rivoluzione di benessere e responsabilità. Quella che finora non si è avuta perchè ostacolata da coloro che prima creano il disastro, e poi ne annunciano altri proponendo le solite stantie soluzioni fuorvianti.