Il giovedì santo dei sacerdoti in tempo di pandemia

L'intervista di Interris.it a don Luca Brenna, cappellano del Policlinico Campus Biomedico di Roma e del Collegio universitario Rui

C’è un filo rosso che unisce tutta la liturgia del Giovedì Santo legandola al significato più profondo del sacerdozio. Nella giornata in cui si conclude la Quaresima, ogni presbitero torna alla fonte della sua identità sacerdotale prima con la Messa Crismale, che riunisce nelle cattedrali di tutto il mondo i sacerdoti e i diaconi insieme al vescovo della diocesi per la conferma della Chiesa e del sacerdozio fondato da Cristo.

I primi atti del Triduo Pasquale

La sera del Giovedì Santo è poi la volta della celebrazione della Messa in “Coena Domini”, ovvero l’ultima Cena del Signore, che Gesù tenne insieme ai suoi apostoli prima dell’arresto e della condanna a morte. In questa celebrazione avviene il rito della lavanda dei piedi come simbolo di ospitalità e servizio. Si tratta dei primi atti del Triduo Pasquale, che si apre con l’istituzione dell’Eucarestia che poi illumina anche il senso del sacrificio di Cristo sulla Croce.

I sacerdoti rinnovano la loro promessa

E’ dunque una giornata speciale per tutti i sacerdoti che rinnovano la loro promessa e ritornano alle radici della loro vocazione sentendosi in comunione con tutta la Chiesa. Proprio per questo motivo le restrizioni e le misure anti-contagio, adottate per il secondo consecutivo risultano, saranno osservate con grande dolore e nostalgia da parte dei consacrati.  Una rinuncia particolarmente gravosa per i sacerdoti romani che tutti gli anni partecipavano alla Messa mattutina del Crisma in San Pietro con il Papa.

L’intervista a don Luca Brenna

Don Luca Brenna, cappellano del Policlinico Campus Biomedico di Roma e del Collegio universitario Rui, racconta ad Interris.it cosa significa vivere questa giornata in tempi di pandemia: “C’è una grandissima voglia di tornare a celebrare la Messa Crismale insieme al Papa, mi faccio interprete di tutti i sacerdoti di Roma perché è davvero un momento indimenticabile, forse come sacerdote il più bello”. “Ti ritrovi vicino al baldacchino in San Pietro – prosegue Don Luca – e mano a mano che passano gli anni è una costante che rigenera, ogni volta si ha sulle spalle un anno in più di stanchezza e di gioie ma in quel momento è come tornare all’origine della chiamata, stando vicino al Pontefice e agli altri confratelli percepisci presenza della comunione della Chiesa. Durante l’anno siamo sul fronte della battaglia ma in quel momento ci diciamo coraggio siamo un solo corpo e flusso di grazia ci attraversa e sostiene”.

Questo Giovedì Santo solo un numero limitato di sacerdoti parteciperà alla Messa con il Papa e a quelle in cattedrale con il vescovo che si svolgeranno nelle diocesi di tutto il mondo, “si farà tutto ma con numeri ristretti” spiega ancora Don Brenna che si ricorda l’importanza della benedizione degli oli santi che avviene proprio durante la Messa Crismale: “Quando si consacrano gli oli che poi saranno usati durate l’anno per battesimi, cresime e ordine sacro, sperimentiamo la fraternità sacerdotale che poi avvertiamo per tutta la giornata fino alla commemorazione dell’ultima cena, durante la quale Cristo non solo istituisce l’Eucarestia ma anche il sacerdozio perché dice ai discepoli fate questo in memoria di me”.

“In pratica ogni volta che il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione va alle fonti della propria chiamata – aggiunge ancora il Cappellano del Policlinico – perché Gesù nel momento in cui dice “questo è il mio corpo…” non sta che rilevando il senso del suo sacrificio in Croce e l’istituzione della Eucarestia si capisce solo quando Gesù muore in croce. Qualche ora dopo, infatti, commensali vedranno il suo corpo versare il sangue”.

Nel 2013 Papa Francesco, nella sua prima Messa Crismale da Pontefice, invitò i sacerdoti ad essere pastori che hanno l’odore delle pecore. Un’esortazione difficile da coltivare in questo ultimo anno segnato dalla pandemia di Covid 19. “C’è un bisogno enorme di tornate all’odore di pecore, ma con il lavoro in Ospedale abbiamo il privilegio di stare vicino a chi soffre e chiede conforto” afferma Don Luca, parlando del prezioso servizio dei sacerdoti al Campus Biomedico: “Abbiamo interlocutori di tutti i tipi, giovani, anziani, credenti e non credenti, tutti si ammalano e tutti hanno grande bisogno di tornare alla presenza e al contatto. Considerate che a causa del Covid non si possono ricevere visite, quindi c’è ancora di più la ricerca da parte dei malati di qualcuno con cui guardarsi in faccia, che raccolga le tue lacrime”.

Particolarmente impegnativo è il modo di declinare il ministero sacerdotale nel reparto Covid, “Abbiamo 93 posti dedicati ai malati di Coronavirus e sono tutti pieni, un mio confratello tutti i giorni si dedica completamente a loro è l’unica presenza non medica in quelle corsie. Benedice, porta l’Eucarestia e assolve i peccati, si assiste spesso a scene commoventi le persone rivolgono tante confidenze e ricordi di casa a noi cappellani”.

Anche tra questa sofferenza i sacerdoti ritrovano il significato del Giovedì Santo dedicato al servizio. Don Luca ricorda infatti che Gesù prima di mettersi a tavola ha lavato i piedi a tutti i discepoli e disse a Pietro scandalizzato che anche loro sarebbero stati chiamati a fare altrettanto, facendosi servi di tutta l’umanità: “Ministro in latino significa servo ed essere sacerdote vuol dire essere il primo nel servizio, per questo Francesco quando parla di una Chiesa come ospedale da campo riprende la radice del sacerdozio”. Una vocazione che ogni Cristiano è chiamato a riscoprire nel giorno del Giovedì Santo.