Cristo vince la morte e ci dona una Pasqua di speranza e vita

Buona Pasqua! Il Signore è risorto. Sì è veramente risorto! Quest’anno è necessario che l’annuncio della Pasqua sia gridato ancor più forte. Non può essere la tragedia che viviamo a soggiogarci, tutt’altro.

Mi hanno sempre riempito di serenità e commozione alcune parole del profeta Isaia: Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Ecco sulle palme delle mie mani ti ho disegnato (cfr Is 49,15-16).

Il Signore è il vincitore, per cui sempre le nostre vite sono nelle sue mani; tutte le nostre vite sono da lui custodite: non solo quelle che prosperano, ma anche quelle dei sofferenti, quelle delle famiglie dilaniate, addirittura quelle di coloro che non ce l’hanno fatta. Ogni esistenza umana è custodita, amata, salvata.

Chi può capire? Ci vuole silenzio, ascolto, contemplazione. In Questo tempo di deserto, difficile, spaventoso, Dio ha scritto comunque la sua storia di salvezza e a noi è stata data la possibilità di gustare maggiormente la Pasqua, sicuramente diversa, ma forse addirittura più vera. Perché è nel silenzio che comprendiamo l’amore di Dio che mai viene meno.

Del resto questo è l’insegnamento di Gesù: la Pasqua ci ha portati ad una nuova relazione con Dio: infatti, risorti mediante il battesimo, non vediamo Dio soltanto come il creatore del cielo e della terra, l’immenso…ma ora lo possiamo chiamare “Abbà!”. Un Dio che si fa vicino e non viene mai meno nel suo amore, perché è papà, babbo.

E questo ha tanti risvolti, il primo dei quali è la speranza, sorgente di serenità e pace.

Proprio per questa nuova relazione con Dio, frutto della Pasqua, Gesù insegna a pregare come la donna petulante (Lc 18,1-8) o come l’amico importuno (Lc 11, 5-13) per aiutarci a capire che Dio è sempre provvidente, custodisce le nostre vite, non le abbandona… ma per poi concludere che il dono vero che Dio vuol fare è lo Spirito Santo (Lc 11,13), il frutto grande, squisito della Pasqua di Gesù.

E lo Spirito, frutto della Pasqua, ci dà sapienza per lodare Dio sempre e riconoscerlo sempre come salvatore, amico, Padre.

Nella prima fase della pandemia, durante la Pasqua dell’anno scorso, girava un video cantato da medici e infermieri brasiliani di fronte a dei malati: Le parole (alcune) erano queste: Ho imparato ad adorarti non per ciò che fa, ma per ciò che sei. Se Dio apre la porta, egli è Dio, ma se la chiude continua ad essere Dio. Se la malattia viene, egli è Dio, se guarisco, egli è Dio. Se tutto va bene, egli è Dio, ma se non va, continua ad essere Dio. Qualunque cosa accada, sempre sarà Dio.

Perché sempre in adorazione? Perché è comunque Abbà, sempre un Dio che ama. Come è possibile ragionare così? Sì, è possibile, perché se Gesù è vivo, di che cosa dobbiamo avere paura? Se Gesù è vivo, come fa il nostro cuore a non essere traboccante di gioia?

La Resurrezione di Gesù ci dona la certezza che a Dio nulla è impossibile: è sufficiente avere fede quanto un granello di senape (cfr Lc 17,6) per vedere le meraviglie che Egli compie. Ecco perché basterebbe scommettere su di lui e sul suo amore, sulla sua tenerezza, sul suo essere Padre per cambiare la nostra vita e di conseguenza il mondo.

E allora voglio proporre tre atteggiamenti pasquali con cui gridare la nostra fede nel Risorto:

–  In mezzo a tanta fatica e a tanta sofferenza che questo mondo subisce, noi seguaci del Risorto impariamo a coltivare la speranza, dal momento che la nostra vita è fondata sulla roccia che è Cristo e la sua Parola.

–  In mezzo a tanta tristezza che questo mondo vive, noi seguaci del Risorto manteniamo la gioia, esprimiamo la gioia, poiché la nostra vita, caratterizzata dalla preghiera, è unita a Cristo, il Risorto, il Vivente, il Vincitore.

–  In mezzo a tanta violenza che questo mondo genera, spesso con l’unico interesse di possedere, stringere, noi seguaci del Risorto impariamo a vivere nella gratuità, impariamo ad avere cuore e mani libere, dal momento che il Signore-Vincitore dona la vita, la vita eterna. 

Mons. Gerardo Rocconi, Vescovo di Jesi e delegato della Conferenza Episcopale Marchigiana per la Pastorale vocazionale