PAPA FRANCESCO RICORDA I MARTIRI ARMENI: “ANCHE OGGI C’E’ UN GENOCIDIO DELL’INDIFFERENZA”

“La malvagità umana può aprire nel mondo come delle voragini, dei grandi vuoti: vuoti di amore, vuoti di bene, vuoti di vita. E allora ci domandiamo: come possiamo colmare queste voragini? Per noi è impossibile; solo Dio può colmare questi vuoti che il male apre nei nostri cuori e nella nostra storia”. Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata a San Pietro per il centenario del massacro armeno. “Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede – ha affermato – professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione”. Papa Francesco, inoltre, parlando delle violenze contro i cristiani, ha osservato che ”anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?’; ‘Sono forse io il custode di mio fratello?'”. Nel corso della liturgia il vescovo di Roma ha proclamato San Gregorio di Narek “dottore della Chiesa”. La Messa è stata concelebrata da Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici; erano presenti anche Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia e il presidente della Repubblica di Armenia, Serzj Sargsyan.

Saluto del Santo Padre

In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione. Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra.

Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: “A me che importa?”; «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9; Omelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).

La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come «il primo genocidio del XX secolo» (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001); essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che “la guerra è una follia, una inutile strage” (cfrOmelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).

Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!

Vi saluto con affetto e vi ringrazio per la vostra testimonianza.

Saluto e ringrazio per la sua presenza il Signor Serž Sargsyan, Presidente della Repubblica di Armenia.

Saluto cordialmente anche i miei fratelli Patriarchi e Vescovi: Sua Santità Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni; Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia; Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici; i due Catholicossati della Chiesa Apostolica Armena e il Patriarcato della Chiesa Armeno-Cattolica.

Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede, professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione. Viviamo insieme questa Celebrazione fissando il nostro sguardo su Gesù Cristo Risorto, Vincitore della morte e del male!

Le parole del Papa sul genocidio armeno non sono piaciute alla Turchia di Erdogan, che poche ore dopo la celebrazione a San Pietro ha convocato ad Ankara il nunzio apostolico, monsignor Lucibello per chiedergli spiegazioni. Questa chiamata sembra quasi scontata, visto il coraggioso discorso del pontefice, che ha superato di gran lunga le consuete cautele diplomatiche, visto che la questione è ancora tabù per la Turchia moderna, e chi dovesse trattare l’argomento pubblicamente potrebbe finire anche in carcere.

Non è la prima volta che Papa Francesco utilizza l’espressione “genocidio degli armeni” per definire il massacro di 1,5 milioni di persone un secolo fa da parte dell’Impero Ottomano. Il 3 giugno del 2013, ricevendo in Vaticano una delegazione di cattolici armeni, parlò durante un colloquio privato, del “primo genocidio del XX secolo”, espressione utilizzata in realtà per la prima volta da Giovanni Paolo II e dal Catholicos Karekin II in un comunicato congiunto del 2001.

In quell’occasione, il ministero degli Esteri turco reagì, esprimendo “delusione” per l’espressione utilizzata da Francesco e definendo “assolutamente inaccettabili” le sue parole. Ancora prima, quando era ancora un cardinale in Argentina, Bergoglio, nel 2006 parlò del massacro degli armeni come del “crimine più grave della Turchia ottomana”.