Demografia, Istat: “Nel 2020 un nuovo minimo storico delle nascite”

"Anche nel 2020 c’è un nuovo superamento, al ribasso, del record di denatalità", calcola Istat nel report "Natalità e fecondità della popolazione residente" 2020

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“Nel 2020 i nati della popolazione residente sono 404.892, circa 15mila in meno rispetto al 2019 (-3,6%). Anche nel 2020 c’è un nuovo superamento, al ribasso, del record di denatalità”. Lo certifica oggi l’Istat nel report “Natalità e fecondità della popolazione residente” riferito all’anno 2020. Dal 2008 “le nascite sono diminuite di 171.767 unità (-29,8%). Il calo è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (316.547 nel 2020, oltre 163mila in meno rispetto al 2008)”.

Si tratta, per l’Istituto nazionale di statistica, “di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti ‘strutturali’ indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne italiane sono sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomer (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) stanno uscendo dalla fase riproduttiva (o si stanno avviando a concluderla); dall’altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Queste ultime scontano, infatti, l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995”.

A partire dagli anni duemila “l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane, ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust; tuttavia, l’apporto positivo dell’immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche il profilo per età della popolazione straniera residente”.

Forte calo dei matrimoni

“A diminuire – precisa l’Istat – sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 259.823 nel 2020, quasi 20mila in meno rispetto al 2019, 204mila in meno nel confronto con il 2008 (-44,0%). Ciò è dovuto anche al forte calo dei matrimoni che si è protratto fino al 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (rispetto, ad esempio, al 2008 quando erano 246.613) per poi proseguire con un andamento altalenante”.

Istat: “La denatalità prosegue nel 2021”

La denatalità, avverte l’Istituto nazionale di statistica, “prosegue nel 2021; secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-settembre, le nascite sono già 12mila e 500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2020, quasi il doppio di quanto osservato nello stesso periodo l’anno precedente. Tale forte diminuzione è da mettere in relazione al dispiegarsi degli effetti negativi innescati dall’epidemia da Covid-19, che nel solo mese di gennaio 2021 ha fatto registrare il maggiore calo di sempre (quasi 5.000 nati in meno, -13,6%)”.

Istat: “In media si diventa madri a 31,4 anni”

“Nel 2020 le donne residenti in Italia tra 15 e 49 anni hanno in media 1,24 figli (1,27 nel 2019), accentuando la diminuzione in atto dal 2010, anno in cui si è registrato il massimo relativo di 1,44”. Lo precisa oggi l’Istat nel report “Natalità e fecondità della popolazione residente” riferito all’anno 2020.

“Per trovare livelli di fecondità così bassi per il complesso delle donne residenti bisogna tornare indietro ai primi anni Duemila – avverte l’Istituto nazionale di statistica -. Tuttavia, in quegli anni la tendenza indicava un recupero dopo il minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995, recupero attribuibile in larga misura al crescente contributo delle donne straniere.

Nel 2003, ad esempio, la fecondità delle straniere era pari a 2,47 figli per donna, rispetto al valore di 1,89 dell’anno più recente, in leggero calo rispetto al 2019 (1,99)”.

Italia

Al Nord più figli che al Sud

“Si conferma al Nord il primato dei livelli più elevati di fecondità riferito al totale delle residenti (1,30 nel Nord-est e 1,26 nel Nord-ovest), soprattutto nelle Province Autonome di Bolzano e Trento (rispettivamente 1,71 e 1,36), in Veneto (1,28) e Lombardia (1,27)”.

L’evoluzione della fecondità di periodo “è fortemente condizionata dalle variazioni nella cadenza delle nascite rispetto all’età delle donne. L’aumento del numero medio di figli per donna registrato tra il minimo del 1995 e il 2010 si è verificato nei territori interessati dal recupero delle nascite precedentemente rinviate da parte delle donne di cittadinanza italiana e dove la presenza straniera è più stabile e radicata (quindi più nati stranieri o con almeno un genitore straniero)”.

Ciò è accaduto, in particolare, “nelle regioni del Nord e del Centro mentre nel Mezzogiorno è proseguito il fenomeno della denatalità a causa della posticipazione delle nascite, ancora in atto da parte delle cittadine italiane, non compensata dalla quota, modesta in questa area, di nascite di bambini con almeno un genitore straniero”.

Confrontando i tassi di fecondità per età del 1995, del 2010 (italiane e totale residenti) e del 2020 (italiane e totale residenti) “si osserva uno spostamento della fecondità verso età sempre più mature. Rispetto al 1995, i tassi di fecondità sono cresciuti nelle età superiori a 30 anni mentre continuano a diminuire tra le donne più giovani. Questo fenomeno è ancora più accentuato considerando le sole cittadine italiane per le quali, confrontando la fecondità del 2020 con quella del 2010, il recupero della posticipazione si osserva solo a partire dai 38 anni”.