Il Papa condanna le guerre: “Il disarmo è un dovere”

Papa Francesco lancia l'ennesimo messaggio affinché la ragione prevalga sulla violenza: "Davvero pensiamo di costruire un mondo migliore?"

Papa Francesco Angelus
Foto © Vatican Media

Morti, distruzioni, sfollati e feriti. Il conto dei conflitti cresce ogni giorno che passa, causando dolore e sofferenza. Condizioni che, nella totalità dei casi, si protraggono ben oltre le durate effettive degli scontri armati. E Papa Francesco non manca di ricordarlo, nuovamente, al termine dell’Angelus della terza domenica di Quaresima. Portando nel cuore, quotidianamente, “la sofferenza delle popolazioni in Palestina e in Israele, dovuta alle ostilità in corso” e domandandosi se “davvero si pensa di costruire un mondo migliore in questo modo”. Un interrogativo seguito dall’ennesimo invito a cessare i conflitti in corso, a Gaza come in ogni altro luogo in cui la violenza prende il posto della ragione.

Il dovere del disarmo

Del resto, è imminente la ricorrenza della seconda Giornata internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione, prevista il prossimo 5 marzo. Con Papa Francesco a ricordare “quante risorse vengono sprecate per le spese militari che, a causa della situazione attuale, continuano tristemente ad aumentare”. Con un auspicio vivo affinché “la comunità internazionale comprenda che il disarmo è innanzitutto un dovere, il disamo è un dovere morale. Mettiamo questo in testa. E questo richiede il coraggio da parte di tutti i membri della grande famiglia delle Nazioni di passare dall’equilibrio della paura all’equilibrio della fiducia”.

L’Angelus del Papa

La cacciata dei mercanti dal Tempio, narrata dal Vangelo odierno, coincide con un ammonimento di Gesù: “Non fate della casa del Padre mio un mercato”. Un’espressione che, come spiegato da Papa Francesco, impone un contrasto evidente tra i concetti di “casa” e “mercato” che, a sua volta, mostra due diversi modi di porsi di fronte al Signore. “Nel tempio inteso come mercato, per essere a posto con Dio bastava comprare un agnello, pagarlo e consumarlo sulle braci dell’altare”. Viceversa, laddove il tempio è inteso come casa, “si va per incontrare il Signore, per stare uniti a Lui, stare uniti ai fratelli, per condividere gioie e dolori”. Non si gioca sul prezzo né si calcola. Perché Dio “non accetta che i banchi di vendita prendano il posto della mensa familiare, che i prezzi vadano al posto degli abbracci e le monete prendano il posto delle carezze”. Tutto questo, infatti, crea “una barriera tra Dio e l’uomo e tra fratello e fratello, mentre Cristo è venuto a portare comunione”.