Scuola e social: darsi delle regole per trovare un equilibrio

Favorevoli, contrari o c’è una via di mezzo? In Sicilia un dirigente scolastico ha esortato i docenti a non avere i numeri di telefono degli studenti e a non dare il proprio, dunque evitando pure gruppi sui social network. Se la Didattica a Distanza ci ha portati per necessità nelle case e nelle stanze degli altri, le chat di classe con dentro i prof. c’erano già da prima per singola disciplina o tutti insieme. L’esperienza di anni sul campo e gli studi nell’ambito educativo mi fanno dire che, dove c’è equilibro e ciascuno mantiene il proprio ruolo, non vi è alcun rischio, e ciò vale in aula e nelle aule virtuali. Non rischiamo di cadere nell’errore di trovare il male nei social, quando è la persona a renderli virtuosi o pericolosi a seconda dell’uso che ne fa. Quale equilibrio?

La chat della classe va usata per comunicazioni veloci ed efficaci, non ufficiali (per quelle c’è il registro elettronico o, dove presente, l’indirizzo e-mail con dominio dell’istituto), considerato che è più alla portata di tutti e, soprattutto gli alunni, non hanno molto feeling con la posta elettronica. Potremmo inviare ottime e-mail, ma non raggiungere l’obiettivo, poiché la comunicazione verrebbe interrotta dal mezzo che non è adatto a chi dovrebbe riceverla. Ci arrendiamo? No! I più grandi tra gli studenti vanno esortati a tenere in considerazione l’e-mail, anche in vista dell’università e del lavoro, mentre con i più piccoli è necessario un vero percorso formativo prima di usarla ordinariamente. A proposito dei più piccoli tra gli alunni – scuola primaria e secondaria di I grado – in merito ai gruppi on line bisogna sicuramente riflettere su più fronti; il primo è che potrebbe escludere chi non ha ancora lo smartphone (facendo scendere in campo i genitori), il secondo è l’opportunità o meno a quell’età di avere connessioni e account autonomi (senza che i genitori possano, vogliano o sappiano controllare).

Sono fronti che, però, non dipendono dall’insegnante a cui, se affidiamo i figli in presenza, perché dovremmo preoccuparci di “affidarli” sul web? Se un insegnante è in qualche modo un pericolo, non dovrebbe stare con loro in alcuna maniera (e non avere numeri loro di telefono o mail), ma ciò vale pure per i vari educatori, animatori, allenatori, formatori con cui hanno a che fare bambini e ragazzi quotidianamente; purtroppo ciò vale anche per i familiari dato che le statistiche ci dicono tristemente che la maggior parte delle violenze sui minori avviene dentro le mura di casa!

Tornando all’equilibrio, possiamo aggiungere che consiste pure nel darsi delle regole, salvo emergenze, sui tempi e gli orari delle comunicazioni in chat in modo da stressare nessuno, sottolineando che la chat non è il registro elettronico e dunque i compiti per casa non devono passare da quelle parti tranne che non serva chiarire qualcosa o ricordare di portare del materiale per lo studio in aula.

Poi c’è il “ruolo”, cioè il docente in chat o al telefono resta un educatore, non si trasforma nell’amicone cambiando il contesto della comunicazione, dunque niente “del tu”, niente “parolacce”, niente “sparlare”, ma “sì” alle chiacchierate informali, agli auguri per i compleanni, all’invio di articoli o foto che facciano riflettere, alle emoticon tipiche di questo linguaggio.

E se il docente venisse contattato personalmente da uno studente, fuori dal gruppo? Intanto, rispondere e capire di che si tratta non è un problema ed inoltre è importante mostrare di essere presenti da educatori in un mondo, quella della rete, pieno di “Lucignoli” e “Gatti e Volpi”; poi sarà bene dare appuntamento a scuola (senza far passare troppo tempo) per discutere faccia a faccia, soprattutto se la tematica è delicata. Qualcuno su questo punto forse discorderà, tuttavia se uno studente cerca tramite i social (vale anche in presenza) un docente per confidargli qualcosa o per chiedere un consiglio (persino un aiuto a volte!), cosa fare subito? Restare indifferenti, dichiarare che non è un nostro problema, inoltrare la chiamata allo psicologo, alzare il muro della propria disciplina, affermare che non si è pagati per questo e abbastanza? Niente paura, niente burocrazia, sul momento bisogna metterci testa e cuore!