Il legame fra il Natale e il benessere psicologico

Nella visione comune, il Natale è certamente una festa connotata da variegate e controverse reazioni psicologiche. Molto interessante in tal senso è il contributo del Professor Mark Griffiths, Psychology Division in Nottingham Trent University’s School of Social Sciences, il quale sottolinea come sia sorprendente il fatto che la ricerca scientifica si sia poco focalizzata sul legame fra il Natale e il benessere psicologico e sul significato che esso ha nella società contemporanea. La quasi totalità degli studi compiuti ha esaminato gli aspetti più negativi. Molti hanno, per esempio, come oggetto di studio l’analisi dei dati relativi ai ricoveri psichiatrici o ai tassi di suicidio.

Tuttavia, molto valido è lo studio intitolato “Cosa fare per vivere un felice Natale”, condotto da Tim Kasser e Kennon Sheldon dell’Università dell’Illinois, che ha analizzato il Natale e il benessere psicologico. La ricerca ha mostrato che le persone le cui vite sono concentrate su obiettivi quali l’intimità e il senso di comunità presentano uno stato psicologico di maggior benessere rispetto a coloro che sono focalizzate sugli aspetti correlati ai soldi, all’immagine e al possedere. Tale ricerca ha evidenziato come passare del tempo con la famiglia sia molto importante e che la questione-regali sia indice di livelli di benessere minori. Gli autori dello studio hanno scoperto che gli uomini, in generale, sono più felici e meno stressati delle donne durante il Natale.

Gli individui anziani hanno risposto segnalando maggior benessere correlato al periodo delle feste, sebbene questo effetto sia giustificato da una maggiore frequentazione di luoghi di culto. Non ci sono differenze per altri fattori demografici inclusi reddito, istruzione o stato civile (essere ricchi, intelligenti o sposati non incide sul rapporto fra il Natale e il benessere). Kasser e Sheldon hanno concluso affermando che gli aspetti materialistici delle moderne celebrazioni natalizie potrebbero infatti minare il benessere psicologico, mentre la famiglia e le attività spirituali possono aiutare le persone a sentirsi maggiormente soddisfatti.  Tale ultimo dato, secondo i due ricercatori, è legato all’ipotesi secondo cui sia la famiglia che la religione rispondono al bisogno di vicinanza e di relazione, fattore determinante di funzionamento positivo.

La festa del Natale è strettamente connessa, come ci ricorda la dott.ssa Sepe, all’immagine della luce. Essa è collegata alla nascita, alla rinascita e all’inizio. La vita diviene possibile solo dove c’è luce. Essa ha un effetto terapeutico. Non a caso la luce è stata sfruttata come terapia per alcuni disturbi psicologici e neurologici (light-therapy, ad esempio). La luce solare, invece, stimola un precursore della serotonina ed è efficace nella cura della depressione.

Bello pensare alla luce come un “quid” che esplora l’umano e prova a far luce su ciò che è sommerso, su ciò che ancora sembra arcano, su ciò che è coperto da veli inconsci che possono essere toccati da raggi delicati che provano a dare luce.

Se in tale contesto si pensa che ancora vi sono le ferite del covid, le piaghe della guerra e una crisi economica con pochi precedenti, forse possiamo pensare al Natale come un toccasana anziché farci esclusivamente prendere dalla pur fisiologica nostalgia di tempi andati o di cari purtroppo dipartiti (fisicamente scomparsi ma vivi nel legame che continua con loro dentro noi).

In fondo dipende da noi. Quintiliano ci ha insegnato che possiamo provare ad essere artefici del nostro destino laddove le condizioni lo permettano. Se vogliamo, per molti di noi il Natale può certamente essere “luce”. Sogno, però, un Natale in cui siamo fedeli alla storia.

Sogno un Natale in cui accendiamo il fuoco, ricordandoci che a nascere è Gesù. A volte, o spesso, invece illuminiamo come se dovessimo “accendere” le vetrine, le luminarie, le pubblicità, i video, i social, così per avere un po’ di luce, di fuoco. Spesso inseguiamo la luce per avere qualcosa che un poco scalda la vita, ma di certo non la soddisfa, non la riempie. A volte sembriamo persi tra festoni e luminarie, in attesa di non si sa cosa. O forse inconsciamente lo sappiamo.

Forse attendiamo un annuncio. Forse questo tripudio di luce si dimentica il “perché” a vantaggio del “come”. Tanti cuori confusamente desiderano incontrare una luce. La luce, badiamo bene, non deve per forza venderci qualcosa. Non deve rischiare di spegnersi in poco tempo. La luce, quella i cui raggi penetrano in profondità, scalda cuore e anima. La luce di cui parlo è l’alba dell’incontro con la nostra vera interiorità e con la nostra spiritualità. È la luce del Natale vero. Quello che non si vende ma riempie il cuore di ognuno di noi.