Cos'è la pastorale delle disabilità

Ivescovi italiani a sostegno delle disabilità. Da un mese la Cei ha tradotto in prassi quotidiana e in struttura “ad hoc” la sollecitudine di Francesco. negli ultimi anni, in vari incontri con associazioni di disabili, il Papa aveva stigmatizzato  la “discriminazione” all’interno della Chiesa, che porta talora a escludere i disabili dai sacramenti. La parrocchia, per il Papa, non deve mai chiudere le porte. “È vero – ha esemplificato il Pontefice – che se vuoi fare la comunione devi avere una preparazione. Se non capisci questa lingua, se per esempio sei sordo, devi avere la possibilità di prepararti con il linguaggio dei sordi”. Anche “se sei diverso”, “hai la possibilità di essere il migliore”, poiché non è detto che chi “ha i cinque sensi che funzionano bene” sia “migliore di quello che è sordomuto”. E allora, “tutti abbiamo la stessa possibilità di ricevere i sacramenti”. Inoltre “quando, tanti anni fa, il papa Pio X ha detto che si doveva dare la comunione ai bambini, tanti si sono scandalizzati: ma quel bambino non capisce…”. Quindi “date la comunione ai bambini, ha detto il Papa. E ha fatto della diversità un’uguaglianza”. 

Porte aperte

Fino al mese scorso era un settore dell’Ufficio catechistico nazionale, da aprile, spiegano alla Conferenza episcopale italiana, “per assicurare un contributo più unitario, trasversale e continuativo”,  il Consiglio episcopale permanente l’ha costituito come servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità. L’intento è quello di “offrire alla Cei, alle diocesi, agli istituti di vita  consacrata, alle società di vita apostolica, ad associazioni e movimenti un supporto per l’inclusione nella vita ecclesiale delle persone con disabilità (intese come soggetti a pieno titolo della pastorale) e dei loro familiari. Il manifesto della nuova struttura della Cei è costituito proprio dalle parole rivolte a braccio dal Pontefice nelle udienze a gruppi di persone con disabilità. Se il prete non accoglie tutti “chiuda la porta della Chiesa”.

“L'apostolato dell'orecchio”

E “a un sacerdote che non accoglie tutti, che consiglio darebbe il Papa? Chiuda la porta della Chiesa, per favore: o tutti o nessuno!”, ha detto Francesco, parlando sempre “a braccio”. E se un prete dice: “Non posso accogliere tutti perché non tutti sono capaci di capire”, il Papa risponde: “Sei tu che non sei capace di capire!”. “Quello che deve fare il prete, aiutato dai laici, dai catechisti, da tante persone, è aiutare tutti a capire la fede, l’amore, come essere amici, le differenze, come si 'complementano' le cose”. Francesco sottolinea due parole, “accogliere e ascoltare”. Accogliere, “cioè ricevere tutti”, e “ascoltare tutti”. “Oggi credo che nella pastorale della Chiesa si facciano tante cose belle, tante cose buone nella catechesi, nella liturgia, nella Caritas, con gli ammalati”, “ma c’è una cosa che si deve fare di più”, soprattutto da parte dei sacerdoti: “L’apostolato dell’orecchio, ascoltare”. “Le diversità ci fanno paura perché andare incontro a una persona che ha una diversità grande è una sfida, e ogni sfida ci fa paura. È più comodo non muoversi, ignorare le diversità, dire che tutti siamo uguali”. Ma “tutti siamo diversi, non c’è uno che sia uguale all’altro”. Più volte nei suoi discorsi Francesco ha ricordato come “le diversità sono proprio la ricchezza”. “Pensiamo  a un mondo dove tutti siano uguali: sarebbe un mondo noioso”. “È vero, ci sono diversità che sono dolorose, ma anche quelle diversità ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono”. “Non aver paura delle diversità è la strada per migliorare, per essere più belli e più ricchi”, avverte il Papa vedendo nella stretta di mano il gesto che si fa per “mettere in comune quello che noi abbiamo”.

Collocazione e coinvolgimento

E allora “avanti con le diversità, perché le diversità sono una sfida, ma ci fanno crescere”.  Le persone disabili “sono chiamate alla pienezza della vita sacramentale, anche in presenza di gravi disfunzioni psichiche”. Circa l’ammissione ai Sacramenti delle persone disabili, precisa, “se riconosciamo la peculiarità e la bellezza della loro esperienza di Cristo e della Chiesa, dobbiamo di conseguenza affermare con chiarezza che esse sono chiamate alla pienezza della vita sacramentale”. “È triste – osserva Bergoglio – constatare che in alcuni casi rimangono dubbi, resistenze e perfino rifiuti. Spesso si giustifica il rifiuto dicendo: ‘tanto non capisce’, oppure: ‘non ne ha bisogno’. In realtà, con tale atteggiamento, si mostra di non aver compreso veramente il senso dei Sacramenti stessi, e di fatto si nega alle persone disabili l’esercizio della loro figliolanza divina e la piena partecipazione alla comunità ecclesiale”. “Il Sacramento – precisa – è un dono e la liturgia è vita: prima ancora di essere capita razionalmente, essa chiede di essere vissuta nella specificità dell’esperienza personale ed ecclesiale. In tal senso, la comunità cristiana è chiamata a operare affinché ogni battezzato possa fare esperienza di Cristo nei Sacramenti. Pertanto, sia viva preoccupazione della comunità fare in modo che le persone disabili possano sperimentare che Dio è nostro Padre e ci ama, che predilige i poveri e i piccoli attraverso i semplici e quotidiani gesti d’amore di cui sono destinatari”. Da papa Francesco un invito pure a “fare attenzione anche alla collocazione e al coinvolgimento delle persone disabili nelle assemblee liturgiche: stare nell’assemblea e dare il proprio apporto all’azione liturgica con il canto e con gesti significativi, contribuisce a sostenere il senso di appartenenza di ciascuno. Si tratta di “far crescere una mentalità e uno stile che metta al riparo da pregiudizi, esclusioni ed emarginazioni, favorendo un’effettiva fraternità nel rispetto della diversità apprezzata come valore”.

Riconoscimento e accoglienza

Le persone con disabilità “non sono soltanto in grado di vivere una genuina esperienza di incontro con Cristo, ma sono anche capaci di testimoniarla agli altri”, sostiene papa Francesco.. “Molto è stato fatto – riconosce il Papa – nella cura pastorale dei disabili; bisogna andare avanti, ad esempio riconoscendo meglio la loro capacità apostolica e missionaria, e prima ancora il valore della loro ‘presenza’ come persone, come membra vive del Corpo ecclesiale. Nella debolezza e nella fragilità si nascondono tesori capaci di rinnovare le nostre comunità cristiane”. Nella Chiesa, prosegue il Papa, “si registra una diffusa attenzione alla disabilità nelle sue forme fisica, mentale e sensoriale, e un atteggiamento di generale accoglienza. Tuttavia le nostre comunità fanno ancora fatica a praticare una vera inclusione, una partecipazione piena che diventi finalmente ordinaria, normale. E questo richiede non solo tecniche e programmi specifici, ma prima di tutto riconoscimento e accoglienza dei volti, tenace e paziente certezza che ogni persona è unica e irripetibile, e ogni volto escluso è un impoverimento della comunità”. Bergoglio sottolinea come sia “decisivo il coinvolgimento delle famiglie, che chiedono di essere non solo accolte, ma stimolate e incoraggiate”. “Le nostre comunità cristiane – chiede – siano ‘case’ in cui ogni sofferenza trovi compassione, in cui ogni famiglia con il suo carico di dolore e fatica possa sentirsi capita e rispettata nella sua dignità”.