Il servizio civile si tinge di rosa

In maggioranza femmine (61%) e con un buon livello di scolarizzazione. E' l'identikit del volontario del servizio civile, secondo il rapporto di monitoraggio Asc sui giovani che stanno partecipando ai progetti di servizio civile messi a bando nel 2018. In tempi di crisi, 433 euro possono far comodo soprattutto se, in un caso su 4, al termine del servizio civile si viene assunti dove si è lavorato per un anno. “Motivazioni ideali, desiderio di una diversa esperienza di impegno e difficili condizioni del mercato del lavoro”, spiega così il boom di “civilisti” Gianfranco Viesti, ordinario di Economia all’università di Bari. A 6 mesi dalla fine del servizio civile, secondo i dati Inapp, un ragazzo su 3 risulta occupato (33,5%): tra questi, il 22,5% trova lavoro attraverso l’ente al quale era stato assegnato. In totale per il 2018 sono stati messi a bando 53.363 posti di servizio civile per i quali sono state presentate oltre 121.000 domande. Asc ha partecipato al bando ordinario di Servizio Civile Nazionale del 23 Agosto 2018 offrendo 2.054 posti.

I giovani del Servizio civile

Come avviene dal 2009, alla fine del secondo mese di servizio, i giovani partecipano al primo dei tre step (questionario su piattaforma dedicata) del monitoraggio che li accompagna nell’anno di servizio I giovani volontari in servizio civile sono in maggioranza femmine: 61%. La presenza maschile è aumentata, ma molto lentamente: solo il 5% in 10 anni. Sono in generale con un buon livello di scolarizzazione: 33% è laureato, 58% è diplomato, 9% possiede la licenza media. La partecipazione di questi ultimi, storicamente i meno presenti, è nel tempo aumentata. I volontari sono in prevalenza studenti (37%) o senza lavoro (il 23% in cerca di prima occupazione, il 14% disoccupati); tra quelli che lavorano, corrispondenti a circa un quarto dei giovani, una larga maggioranza svolge lavori saltuari. La maggioranza di chi partecipa al servizio civile, il 57%, ha esperienza di attività di volontariato; gli altri, che comunque rappresentano una buona quota, ne sono digiuni. 

Le motivazioni

Ormai stabilmente negli anni, le motivazioni rimangono le stesse: 22% cerca un percorso di crescita personale; 14% vuole approfondire la formazione; 13% vuole guadagnare qualcosa; 13% ricerca nuove esperienze; 12% lo sceglie per entrare nel mondo del lavoro; 7% per fare quello che piace; 6% per mettersi alla prova. I dati sono gli stessi di tutti i 10 monitoraggi, fatti a cadenza annuale dal 2009: le ragioni di crescita personale ed altruistiche superano di gran lunga quelle utilitaristiche, legate al compenso e al desiderio di entrare nel mondo del lavoro. Infine il grado di soddisfazione: i giovani volontari, a due mesi dall'inizio sono molto soddisfatti dell’esperienza, cui danno il voto 8,1 anche in questo caso a conferma di quanto rilevato ogni anno dal 2009.Dal 2001, 600 mila italiani (nella fascia d’età 18-29) ha lavorato per un anno (30 ore settimanali) nell’assistenza socio-educativa, nell’agricoltura sociale e in attività di pubblica utilità in zone di montagna. La metà dei “civilisti” risiede nel Mezzogiorno o nelle isole e per l’85% vive ancora in famiglia. Solo uno su quattro ha lavorato prima di svolgere il servizio civile. Il 65% dei volontari sono donne e l’86% è disposto a cambiare regione per lavorare. Il 67% ha fatto domanda per “motivazioni personalistiche” (avvicinarsi al mondo del lavoro, guadagnare qualcosa, acquisire competenze). Il 33% per spirito di solidarietà. “In una condizione di elevata disoccupazione giovanile e di condizioni di lavoro spesso a bassissima remunerazione e incerte, un’occupazione, per quanto pagata pochissimo (433 euro al mese, 4 euro all’ora) può apparire persino appetibile rispetto agli stage non pagati – analizza la sociologa Chiara Saraceno-. Fa curriculum, può essere spesa come esperienza lavorativa oltreché di impegno civile, consente di mettere un piede in un settore del mercato del lavoro, quello del non profit, che ha tenuto meglio, negli anni della crisi, rispetto al settore profit”.

Mettersi alla prova

Alessandro Rosina, ordinario di demografia e statistica sociale, dirige all’università Cattolica di Milano il dipartimento di Scienze statistiche ed è l’autore della sezione sul servizio civile del Rapporto giovani 2016. “Ad essere più attivi nel sociale non sono tanto quelli spinti dalle carenze di opportunità ma quelli attratti dalla possibilità di mettersi alla prova per fare concretamente qualcosa di utile e di valore”. Il servizio civile non deve essere “ammortizzatore sociale, ufficio di collocamento o surrogato del lavoro: non un parcheggio per chi non trova di meglio, ma un laboratorio per rafforzare competenze ed essere cittadino attivo”. I “millennials” sono “meno ideologici dei genitori e dei nonni”, perciò “la retribuzione è un valore aggiunto, non una contraddizione del loro slancio ideale”.Secondo l’economista Giuliano Cazzola “i ragazzi hanno bisogno di valori: ai tempi delle ideologie si impegnavano in politica, oggi cercano risposte altrove. E c’è grande differenza tra i volontari del servizio civile e quelli dei lavori socialmente utili (Lsu) a carico dello Stato da decenni”. I civilisti “non rivendicano un’assunzione stabile nella pubblica amministrazione o il mantenimento a vita, mentre per gli Lsu è diventata una professione a cui non rinuncerebbero nemmeno in cambio di un lavoro vero”. “In passato il servizio civile era legato all’obiezione di coscienza, oggi alla partecipazione alla vita attiva – precisa il sociologo Giuseppe Roma, segretario generale della Rur, la rete delle rappresentanze -. Sono giovani mediamente di sotto dei 25 anni, in gran parte diplomati e abitano in famiglie in difficoltà proprio per il mancato accesso dei figli al mercato del lavoro”.

Baby boomers e millennials

Tanti “fanno domanda per uscire da una condizione di marginalità e avvicinarsi in qualche modo al mondo del lavoro. Servirebbero più posti e fondi”. E “in un’economia incapace di generare nuova domanda di lavoro perché ha perso velocità di crescita”, c’è un pericolo da combattere: il servizio civile non deve essere percepito come una forma ambigua di sussidio, ma come un’occasione per essere parte di un’organizzazione, partecipare pragmaticamente ad attività operative e accrescere il profilo professionale in vista di futuri percorsi lavorativi”. Il boom di richieste, tira le fila il demografo Rosina, “è la conferma delle grandi potenzialità di una generazione sottoutilizzata, che quando trova opportunità proposte credibili è pronta a spendersi”. Quindi “i baby boomers si sono autoproclamati la 'meglio gioventù', mentre i millennials non vogliono essere considerati né meglio e né peggio, chiedono solo di poter dimostrare quanto valgono. E ci riescono”. Un fotografia che coincide con il focus odierno di As. L'Arci Servizio Civile, associazione di promozione sociale, è la più grande associazione di scopo italiana dedicata esclusivamente al servizio civile cui aderiscono – relativamente al servizio civile – 5 associazioni nazionali (Arci, Arciragazzi, Auser, Legambiente, Uisp) decine e decine di organizzazioni locali.