L’ULTIMO DALAI LAMA

Indalai lama Tibet lo chiamano “il Salvatore”, gli attribuiscono anche il titolo di “sua Santità” ma non ha nulla a che vedere con il cristianesimo. L’’Oceano di saggezza” (questo il significato letterale del nome) a cui fanno riferimento è il Dalai Lama, figura religiosa dai contorni politici, premio Nobel per la pace, in esilio ormai dal 1959, al centro di un lotta con il governo cinese.

In questi giorni si celebra il suo 80 compleanno, che non coincide però con il genetliaco: secondo il calendario occidentale Tenzin Gyatzo è infatti nato il 6 luglio 1935, ma nella tradizione buddista tibetana i compleanni di un maestro vengono celebrati in occasione dell’anniversario lunare, una festività iniziata il 19 febbraio. E così milioni di persone in tutto il mondo si apprestano a rendere tributo alla propria guida spirituale. Che potrebbe essere l’ultima della Storia.

Il XIV Dalai Lama, infatti, non vuole che alla sua morte sia eletto un successore e afferma che la propria figura rappresenta ormai “un’istituzione superata”. Dopo quasi cinque secoli di tradizione ha deciso dunque volontariamente di porre fine alla sua figura spirituale, legata indissolubilmente all’identità politica e nazionale del Tibet. “Il buddhismo non può dipendere da una sola persona”, ha affermato.

dalaliD’altra parte è un fatto che dal marzo 2011 la sua figura è rimasta sostanzialmente religiosa, dopo l’elezione di un successore da parte del governo esule. Non solo, ma la Cina si è arrogata il diritto di nominare in futuro le nuove reincarnazioni di questa importante carica – storicamente riservata ai soli lama tibetani (il Panchen Lama, il Reting Rinpoce e altri insigni monaci) – depauperandone così definitivamente la forza. Non a caso le visite ufficiali del Dalai Lama con i capi di Stato sono andate scemando negli anni: è un grafico di Foreign Policy (nella foto) a mostrare come, dal 2000 a oggi, il numero di incontri ufficiali sia sensibilmente diminuito.

Riconosciuto nel 1937 alla tenera età di due anni, l’attuale Dalai Lama è stato costretto all’esilio dall’invasione del Tibet da parte dell’Esercito di liberazione cinese nel 1959. Pechino ritiene di aver liberato la regione da una teocrazia di stampo feudale e addita il leader tibetano come “un lupo travestito da pecora”. Quest’ultimo – che all’epoca si rifugiò in India a Dharamsala, dove tutt’ora risiede il governo tibetano in esilio – è da sempre è attivo in una sorta di opposizione non violenta alle volontà di Pechino. Vuole che al Tibet sia riconosciuta una piena autonomia, anche se all’interno della Repubblica popolare. Ma il peso sempre maggiore della Cina nell’economia mondiale, soprattutto sulla bilancia commerciale dei singoli paesi, fa sì che l’attuale Dalai Lama abbia sempre più difficoltà a sensibilizzare le altre nazioni.

Ora, in occasione del suo compleanno, molti buddisti hanno festeggiato in pubblico sfidando le autorità comuniste presenti in Tibet; almeno tremila persone si sono scese in strada per esprimere “lealtà e reverenza”; nei distretti rurali di Ngaba e Golok i fedeli hanno esposto nel centro del paese un’immagine a grandezza naturale del Dalai Lama. Ma sono pur sempre manifestazioni di nicchia.
Lui, alla soglia degli 80 anni, guarda serenamente al futuro: “Secondo i medici che mi hanno visitato – ha raccontato a Die Welt – arriverò a 100 anni. Stando ai miei sogni a 113, ma – credo – 100 saranno sicuri”. Auguri.