Gaza: l’Onu chiede aiuti umanitari e non il cessate il fuoco

La richiesta prevede la consegna di carburante, di cibo e di attrezzature mediche in tutto il territorio dell'enclave palestinese

Gaza

Il consiglio di sicurezza Onu chiede aiuti umanitari a Gaza, ma non il cessate il fuoco immediato.  L’Oms definisce devastante il bilancio della guerra, con oltre 20.000 vite umane perse, tra cui ci sono molte donne e bambini, e oltre 53.000 feriti. Cresce anche la minaccia di carestia e della diffusione delle malattie, esacerbata dalla decimazione delle strutture sanitarie e dagli attacchi agli operatori sanitari

La richiesta del palazzo di vetro

Dopo feroci negoziati, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto la consegna “su larga scala” di aiuti umanitari a Gaza, senza chiedere un cessate il fuoco immediato, a cui si erano opposti gli Stati Uniti.

La risoluzione adottata con 13 voti a favore, nessuno contrario e due astensioni (Stati Uniti e Russia) “chiede a tutte le parti di autorizzare e facilitare la consegna immediata, sicura e senza ostacoli di assistenza umanitaria su larga scala” a Gaza e chiede “urgentemente adottare” misure al riguardo e “creare le condizioni per una cessazione duratura delle ostilità”. 

Il testo prevede inoltre l’utilizzo di “tutte le vie di accesso e di circolazione disponibili in tutta la Striscia di Gaza” per la consegna di carburante, cibo e attrezzature mediche in tutto il territorio dell’enclave palestinese.

Rischio carestia

“La richiesta più urgente per la popolazione di Gaza è quella di un cessate il fuoco immediato”. Lo ha scritto su X il responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

“Accolgo con favore la recente risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla crisi di Gaza” ha affermato Ghebreyesus che ha sottolineato che “il bilancio devastante della guerra finora non può essere ignorato, compresa la perdita di oltre 20.000 vite umane, soprattutto donne e bambini, e oltre 53.000 feriti”. “La minaccia della fame, della carestia e della diffusione delle malattie incombe, esacerbata dalla decimazione delle strutture sanitarie e dagli attacchi agli operatori sanitari. La scarsità di forniture mediche, cibo, acqua, carburante ed energia aggrava ulteriormente la terribile situazione”, ha affermato.

Per Lana Zaki Nusseibeh servono misure drastiche

“Sappiamo che non è un testo perfetto e che solo un cessate il fuoco metterà fine alle sofferenze”, ha commentato l’ambasciatrice degli Emirati Lana Zaki Nusseibeh, promotrice della risoluzione. “Se non prendiamo misure drastiche, ci sarà la carestia a Gaza”, e questo testo “risponde con i fatti alla disperata situazione umanitaria del popolo palestinese”, ha aggiunto la diplomatica, prima del voto al Palazzo di Vetro a New York.

La risoluzione, frutto di lunghe discussioni sotto la minaccia di un nuovo veto americano, è stata annacquata rispetto alla versione più ambiziosa proposta domenica dagli Emirati. È scomparso il riferimento a una “cessazione urgente e duratura delle ostilità“, presente nel testo di domenica, così come la richiesta meno diretta, in una versione successiva, di una “sospensione urgente delle ostilità“.

Il veto imposto dagli Stati Uniti

Un emendamento russo che voleva rilanciare l’appello per una “sospensione urgente delle ostilità” è stato bloccato dagli Stati Uniti, che hanno posto il veto. I membri del Consiglio di Sicurezza hanno voluto evitare un nuovo veto americano, mentre gli abitanti della Striscia di Gaza, bombardati dalle forze israeliane in rappresaglia al sanguinoso e senza precedenti attacco di Hamas del 7 ottobre, sono ora a rischio carestia. Il Consiglio di Sicurezza è stato ampiamente criticato per la sua inerzia dall’inizio della guerra.

Il controllo degli aiuti umanitari

I negoziati su questa nuova risoluzione sono stati intensi anche riguardo ai termini della creazione di un meccanismo di monitoraggio per garantire la natura “umanitaria” degli aiuti. Israele, che vuole mantenere il controllo sui convogli umanitari, si è opposto al fatto che l’Onu fosse l’unica responsabile di questo meccanismo.

La versione adottata propone un sistema sotto l’egida di un “coordinatore” delle Nazioni Unite responsabile di “accelerare” il processo di consegna in “consultazione” con le parti. Altro punto delicato, l’assenza, ancora una volta nel testo, di una condanna – e anche del nome – di Hamas, deprecata da Israele e Stati Uniti. Il testo deplora “tutti gli atti di terrorismo” così come “tutti gli attacchi contro i civili” e chiede il rilascio “incondizionato” di tutti gli ostaggi.

Fonte: Agi