IL PREMIER UNGHERESE CHIEDE IL RITORNO DELLA PENA DI MORTE, POI FA MARCIA INDIETRO

Sembrava quasi che il premier ungherese Viktor Orban ha dimenticato negli ultimi giorni l’Articolo 2 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, che dice che “ogni individuo ha diritto alla vita. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, nè giustiziato”, quando ha affermato che forse sarebbe stato il caso di “rimettere in agenda in Ungheria la questione della pena di morte”. È stato però costretto a una precipitosa ritirati, dopo una durissima presa di posizione contro di lui da parte del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Nel pomeriggio, il combattivo Orban ha dovuto cedere su tutta la linea, inviando il suo portavoce Janos Lazar a dichiarare alla stampa che il governo di Budapest “non prevede di reintrodurre la pena di morte” nel codice penale.

Per uno Stato membro, violare i diritti fondamentali significa violare l’Art. 2 del Trattato sull’Unione europea, e incorrere il rischio di far scattare il meccanismo sanzionatorio dell’Art. 7 dello stesso Trattato, che prevede la messa sotto accusa del paese interessato, con vari passaggi e votazioni del Consiglio europeo a cui ovviamente non partecipa quel paese. Le sanzioni allo Stato membro sotto accusa vanno fino alla privazione del suo diritto di voto in Consiglio.

Ieri mattina, si era mosso il Parlamento europeo: il suo presidente, Martin Schulz, aveva chiamato Orban chiedendogli spiegazioni. E la Conferenza dei presidenti dei gruppi politici, riunita a Strasburgo, aveva deciso la convocazione urgente della commissione europarlamentare per le Libertà civili, proprio per parlare della situazione in Ungheria, delle dichiarazioni sulla pena di morte e anche di un’altra discutibilissima iniziativa populista del premier di Budapest: la preparazione in corso di un questionario che Orban intende sottoporre ai cittadini ungheresi sull’immigrazione. Lo scopo del questionario è chiaramente quello di legittimare le politica nazionale di chiusura e repressione in questo campo che il governo intende perseguire, in contrasto con il tentativo della Commissione Juncker di arrivare a una politica comune Ue.

Ma l’apice del pressing Ue contro il premier ungherese è arrivato attorno a mezzogiorno di ieri, quando è intervenuto, durante un breve punto stampa a Bruxelles, il presidente Juncker. “La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea vieta la pena di morte, e Orban dovrà immediatamente spiegare in modo chiaro che non è sua intenzione” reintrodurla, ha detto il capo dell’Esecutivo comunitario, sottolineando di essere “decisamente contrario alla pena di morte, per varie ragioni”. Juncker ha concluso con un avvertimento minaccioso: se Orban non cambia idea, ha osservato, allora “ci sarà battaglia”.

Nel pomeriggio della giornata di ieri, da Budapest è arrivata la marcia indietro di Orban: “In Ungheria – ha detto il suo portavoce – esiste un dibattito sulla pena di morte, ma nello stesso tempo il primo ministro non ne prevede la reintroduzione nel Paese: il governo dibatterà la questione ma – ha concluso – ottempererà alle leggi europee”.