I detenuti lavorano nei licei

Cinque detenuti del carcere di contrada Cavadonna lavoreranno in due licei siracusani. L’intesa sarà siglata questa mattina giovedì 24 ottobre, alle ore 10, al liceo classico “Tommaso Gargallo” di via Luigi Monti a Siracusa. Attività di lavoro di pubblica utilità che vedrà impegnati i detenuti al liceo scientifico “Einaudi” e al liceo classico “Gargallo”. I detenuti si occuperanno di pulizia, giardinaggio, piccoli lavori di manutenzione. L’accordo rientra nell’ambito del progetto “Legalità” promosso dalla Caritas diocesana. Alla firma presenziano il direttore del carcere, Aldo Tiralongo, il direttore dell’Ufficio esenzione penale esterna, Stefano Papa, il direttore della Caritas, don Marco Tarascio e le dirigenti scolastiche, Maria Grazia Ficara e Teresella Celesti, che spiegheranno ai giornalisti le finalità del progetto.

Non punire ma recuperare

“Sono assolutamente positive tutte le iniziative che riguardano il reinserimento sociale dei detenuti”. Lo afferma Giorgio Pieri, referente del progetto Comunità Educante con i Carcerati (Cec) della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. “Un bene – spiega a In Terris – evidenziato dalla nostra Costituzione che, nell'art. 27, recita che le pene devono tendere alla 'rieducazione'”. “Oggi, però – rimarca Pieri – circa 1500 detenuti sono condannati all'ergastolo ostativo, una pratica recentemente dichiarata 'incostituzionale' anche dalla Consulta” che ha permesso la possibilità di permessi premio anche agli ex affiliati mafiosi, non collaboratori di giustizia, a condizione che venga fornita prova ritenuta inconfutabile di una totale rescissione dei loro legami con la criminalità organizzata, la quale dovrà essere dimostrata attraverso la partecipazione a un percorso di rieducazione. “Don Oreste Benzi, tanti anni fa – racconta Pieri – raccolse il grido di aiuto dei detenuti del carcere di Spoleto e prese a cuore il dramma dei carcerati. La Comunità Papa Giovanni XXIII da lui fondata oltre a promuovere il superamento della legge sull'ergastolo ostativo, ha dunque costruito percorsi di recupero e inserimento sociale dei detenuti attraverso il progetto Comunità Educante con i Carcerati (Cec) perché, come diceva sempre don Oreste, “l'uomo non è la sua colpa”. Il don aveva intuito che, senza la speranza di uscire un giorno dal carcere e di ricostruirsi una vita, non è possibile creare un percorso educativo per (e con) il detenuto. La rieducazione, infatti, necessita del reinserimento sociale e dunque è necessario un 'fine pena certo'”. “In modo tale che – conclude Pieri – il percorso educativo compiuto dietro le sbarre, porti la persona (una volta uscita) ad essere migliore di quando è entrata“.