Africa Subsahariana e Asia Meridionale, qui la malnutrizione è una strage silenziosa. Allarme Cesvi

"45 milioni di persone nel 2023 rischieranno la morte per mancanza di cibo". Sos Indice Globale della Fame. Allarme dallo strumento che misura e monitora complessivamente la fame a livello mondiale, regionale e nazionale

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La malnutrizione non ha mai ucciso tanto nel mondo. Senza interventi radicali, 45 milioni di persone nel 2023 rischieranno la morte per mancanza di cibo. L’emergenza fame non si ferma, dunque. 828 milioni di persone malnutrite nel mondo. 150 milioni in più da inizio pandemia. 46 Paesi non raggiungeranno l’obiettivo fame 0 dell’agenda 2030. A documentare un futuro a tinte tragiche è la fondazione Cesvi. La 17esima edizione italiana dell’Indice Globale della Fame segnala una situazione drammatica in Africa Subsahariana e Asia Meridionale. Tra i Paesi allarme massimo in Somalia, Venezuela, Repubblica Centrafricana, Yemen. “Stiamo vivendo la terza crisi globale dei prezzi alimentari in 15 anni- spiega Valeria Emmi (Cesvi)- Ciò dimostra che oggi la trasformazione dei nostri sistemi alimentari è più che mai urgente. Il processo di trasformazione dei sistemi alimentari deve mettere al centro le comunità locali. Servono maggiori risorse per rispondere ai bisogni umanitari più urgenti“.malnutrizione

Sos malnutrizione

Alle conseguenze delle crisi globali e agli effetti del cambiamento climatico è dedicata la mostra fotografica “The last drop” (“L’ultima goccia”) di Fabrizio Spucches. A cura di Nicolas Ballario. Inaugurata a Milano con la presentazione dell’Indice Globale della Fame all’Acquario. Nel 2021 il numero di persone malnutrite è aumentato di 46 milioni  rispetto all’anno precedente. E 150 milioni in più rispetto a prima della pandemia di Covid-19 . Con effetti tragici in Africa subsahariana. Asia meridionale. America centrale. Sudamerica. E la situazione è destinata a peggiorare a causa del sovrapporsi di altre crisi globali. Quali guerre. Cambiamenti climatici. Impatto economico della pandemia. Il “Global hunger index (Ghi) rappresenta uno dei principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo. E’ realizzato da Cesvi per l’edizione italiana. Ed è redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Wordlwide. Due organizzazioni umanitarie che, insieme a Cesvi, fanno parte del network europeo Alliance2015. L’analisi ha preso in considerazione 121 Paesi. Nei quali è stato possibile calcolare il punteggio Ghi. Sulla base dell’analisi di quattro indicatori. Denutrizione. Deperimento infantile. Arresto della crescita infantile. Mortalità dei bambini sotto i cinque anni.malnutrizione

Mappa della fame

Secondo i punteggi e le designazioni provvisorie del Ghi 2022, in 9 Paesi la fame è di categoria allarmante e in 35 grave. I Paesi con punteggi 2022 di livello allarmante sono 5. Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen. Mentre altri 4 sono provvisoriamente classificati come tali nonostante non ci siano dati sufficienti per calcolarne i punteggi di Ghi. Burundi, Somalia, Sud Sudan e Siria. L’indicatore di maggiore impatto è rappresentato dalla denutrizione. Un dato che mostra un’inversione di tendenza dopo oltre un decennio di progressi. 46 Paesi non raggiungeranno entro il 2030 un livello di fame basso. E in generale il dato mondiale non sarà più positivo. Attualmente sono 44 le nazioni con livelli di fame gravi o allarmanti. E tra quelle con fame di categoria moderata, grave o allarmante, 20 hanno punteggi Ghi più alti di quelli del 2014. “La situazione è in ulteriore peggioramento – spiega Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi-. Le ultime stime Fao-Wfp prevedono che 45 milioni di persone in 37 nazioni nel gennaio 2023 avranno così poco cibo da essere gravemente malnutrite. Rischiando la morte. Ciò è inaccettabile. Occorre intervenire subito per invertire questa drammatica rotta“.

Peggioramento record

Rispetto al 2014 la fame è aumentata in 20 Paesi di varie regioni del mondo. Raggiungendo un livello moderato, grave o allarmante. L’incremento più deciso è del Venezuela. Dove la fame è passata da 8,1 punti (bassa) del 2014 a 19,9 nel 2022 (tra moderata e grave). In Etiopia, Somalia e Kenya, una delle peggiori siccità degli ultimi quarant’anni sta mettendo a rischio la vita di milioni di persone. 18,4 milioni di abitanti nel giugno di quest’anno vivevano una grave insicurezza alimentare. In particolare, in Somalia, si prevede che, entro la fine dell’anno, 1,5 milioni di bambini (il 45% del totale) soffriranno la malnutrizione acuta. Di cui 386.400 di tipo grave. E che, entro settembre, 2,1 milioni di abitanti si troveranno in stato di emergenza alimentare. 213.000 in stato di carestia. Il Paese con il punteggio Ghi peggiore è lo Yemen con 45,1 (allarmante). Ciò a causa del conflitto interno iniziato nel 2015. E delle conseguenze della guerra in Ucraina. Tra le quali le difficoltà di approvvigionamento alimentare. Segue la Repubblica Centrafricana con 44 (allarmante). Dove il 52,2% della popolazione è denutrito. Dato più alto del mondo per il 2022. E la mortalità infantile è al 10,3%. Si registra indice 38,7 (allarmante) in Madagascar. Dove, nel biennio 2019-2021, il 48,5% della popolazione era denutrito. E nel 2021 il tasso di arresto della crescita infantile riguardava il 39,8%. Con il 5% di mortalità sotto i 5 anni.malnutrizione

Le cause del boom

Ad aggravare il quadro incidono le conseguenze di cambiamenti climatici, guerre e pandemia. Il cambiamento climatico causato dalle attività antropiche sta provocando eventi metereologici estremi sempre più frequenti e intensi. Riducendo la disponibilità di cibo e acqua. Negli ultimi mesi si sono susseguiti forti alluvioni in Pakistan che hanno sommerso un terzo del Paese. Uccidendo almeno 1.300 persone. Un supertifone in Giappone ha costretto 9 milioni di persone a evacuare le loro case. Un’anomala ondata di caldo che in Cina, Europa e Usa ha prosciugato i fiumi. E ha provocato incendi boschivi. Secondo le proiezioni, i cambiamenti climatici rappresenteranno l’ostacolo chiave al raggiungimento dell’obiettivo 2 degli “Obiettivi di sviluppo sostenibile”.

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Ciclo fame-conflitti

Una colossale macigno sul percorso intrapreso dall’Onu per porre fine alla fame nel mondo entro il 2030. Anche i conflitti armati contribuiscono all’insicurezza alimentare. E il loro numero è aumentato . Su 193 milioni di persone esposte a conflitti, 139 milioni hanno vissuto condizioni di insicurezza alimentare. Molti dei quali complessi, prolungati e spesso trascurati dall’occidente. Ad essi aggiunge la guerra in Ucraina. Caratterizzata da un forte impatto su forniture alimentari e prezzi. Oltreché da un solido legame tra conflitto e fame. Gli aumenti straordinari dei prezzi del cibo sono anche causati dall’inadeguatezza dei sistemi alimentari sul contrasto alla fame. Una situazione che grava soprattutto sulle famiglie povere. E può innescare ulteriori disordini e guerre. Alimentando il ciclo di fame e conflitti.