Contrasto alla criminalità organizzata. L’intervista all’esperto di nuove mafie Vincenzo Musacchio

L’intervista di Interris.it al criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies Vincenzo Musacchio

“La legalità sarà la stella polare dell’azione di governo. Io ho iniziato a fare politica a quindici anni, come ormai molti sanno, all’indomani della strage di via D’Amelio, nella quale la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino”. Queste le parole pronunciate dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso delle sue dichiarazioni programmatiche alle Camere alla fine di ottobre, un mese dopo il successo della coalizione di centrodestra alle elezioni politiche. Meloni ha proseguito ricordato tanti dei caduti nella lotta alla mafia: “Magistrati, politici, agenti di scorta, militari, semplici cittadini, sacerdoti; giganti come Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rosario Livatino, Rocco Chinnici, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella, Emanuela Loi, Libero Grassi, Don Pino Puglisi, e con loro un lunghissimo elenco di uomini e donne che non dimenticheremo. La lotta alla mafia ci troverà in prima linea”. Con un “fronte” sempre più difficile da individuare e definire, dato che il modus operandi della criminalità organizzata, nel corso degli ultimi trent’anni, ha conosciuto una profonda mutazione. Sempre di più oggi le mafie, piuttosto che ricorrere alla violenza, s’infiltrano nell’economia legale. Per capire meglio come il nuovo esecutivo possa impostare la sua strategia di contrasto alle mafie, Interris.it ha intervistato il criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark, negli USA, Vincenzo Musacchio. Già allievo di Giuliano Vassalli e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino, Musacchio è  uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, oltre che autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”.

L’intervista

Come la coalizione di maggioranza si propone di contrastare le mafie?

“Questo per ora non ancora lo sappiamo, vedremo i fatti e giudicheremo.  Se si parte con l’innalzamento del tetto massimo di denaro contante a 10mila euro, non mi pare vi sia coerenza tra quanto appena citato e quanto invece si voglia fare in realtà”.

Ci può spiegare meglio cosa intende dire?

“I delinquenti amano il contante e questo mi sembra un fatto difficilmente confutabile. Per dimostrare l’inopportunità di un simile provvedimento basti pensare ai contanti che ogni giorno passano nelle mani degli spacciatori di sostanze stupefacenti. Ridurre o eliminare il contante è un modo efficace per diminuire drasticamente molti dei reati spia commessi dalle mafie. Purtroppo nessuno ha il coraggio di farlo. Non ci vuole molto a comprendere che il denaro contante sia uno strumento utile a chi delinque perché non è ‘tracciabile’. Chi è onesto non ha nulla da nascondere, chi ha necessità di nascondere e ripulire il denaro sporco è certamente il mafioso, il corrotto, l’usuraio, l’estorsore, il caporale che sfrutta il lavoro nero, chi evade le tasse, chi paga in nero e sfrutta i lavoratori”.

Quali sono i parametri con cui valutare i risultati di un governo in tema di lotta alle mafie?

“Gli strumenti più efficaci nella lotta alle nuove mafie sono quelle misure transnazionali in grado di incidere sui patrimoni mafiosi. Le nuove mafie vanno colpite anche nella loro capacità di trovare rapporti di collusione e complicità con sfere della società civile e delle istituzioni politiche ed economiche a livello internazionale. Direi pertanto che i parametri con cui si possono valutare i risultati di un governo in tema di lotta alla mafia riguardano soprattutto le misure con efficacia nazionale, europea e internazionale”.

A quali reati occorre prestare una maggiore e rinnovata attenzione e come contrastarli in modo sempre più efficace e ed efficiente, alla luce anche dei molti fondi e dei molti progetti legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza?

“A tutti quei delitti che hanno attinenza con il settore degli appalti, dei trasporti, dell’edilizia, del commercio, del turismo, fino a quello agricolo. Sarà necessario tenere sotto stretta osservazione anche le correlazioni tra corruzione, appalti e subappalti, tra corruzione ed energie rinnovabili e tra corruzione e gestione illegale dei rifiuti di ogni tipo. Occorrerà un nuovo sistema di controlli incrociati: preventivi, in corso d’opera e alla consegna del bene. Se non ci si muoverà in questa direzione, i soldi del Pnrr saranno sicuramente facile preda delle mafie”.

Quali sono i “reati spia” da tenere sotto controllo?

“Le estorsioni e l’usura sono i reati spia per eccellenza. Da attenzionare è anche il settore delle gare d’appalto a prezzi di offerta sempre più bassi con tempi di realizzazione molto brevi. La rete relazionale mafiosa all’interno degli enti pubblici è un altro sensore d’infiltrazione. Occorre rendersi conto che si abbia a che fare con una mafia multiforme, silente, mercatistica e soprattutto di matrice corruttiva”.

Quali nuove modalità di strategie di collaborazione e cooperazione internazionale tra Stati sarebbero da implementare o da introdurre per il contrasto ai legami transnazionali tra mafie italiane e straniere e i loro traffici?

“L’armonizzazione delle legislazioni nazionali è soltanto una delle sfide da affrontare al più presto. Dovranno poi necessariamente aggiungersi nuove regole del mercato globale. Con una mafia evoluta come l’attuale, senza interventi di cooperazione tra Stati in ambito europeo e internazionale sulle economie occulte e sui paradisi fiscali, a cominciare dalla rottura delle relazioni economiche e dagli embarghi finanziari, non si va da nessuna parte, poiché si combatte la ‘guerra’ senza le ‘armi’ idonee”.

L’8 novembre la Corte costituzionale, che aveva giudicato la legge sull’ergastolo ostativo in contrasto con gli articoli 3 e 27 della nostra Costituzione, si esprime sulle modifiche alla norma contenute nel decreto legge approvato dal nuovo governo. Cos’è di preciso l’ergastolo ostativo e quali effetti ha avuto la sua applicazione?

“L’ergastolo ostativo è una pena detentiva eventualmente perpetua poiché può essere superata quando il condannato collabora con la giustizia e fornisce prova del suo ravvedimento, inserendosi in un corretto circuito socio-rieducativo. Gli effetti sono chiari e sono quelli di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. Immaginate Riina e Provenzano fuori dal carcere senza collaborare con lo Stato: la necessità di mantenere questo strumento di lotta alle mafie si può cogliere proprio riferendosi a questo banale esempio. A mio parere sarebbero i seguenti capisaldi di una seria proposta di legge della normativa sul cosiddetto ergastolo ostativo. Credo che un’eventuale nuova legge non potrebbe non considerare come condicio sine qua non l’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. Andrebbe valutato l’apporto del beneficiario al raggiungimento della verità. Dovrebbero esserci requisiti stringenti sul risarcimento in favore delle vittime, e un’effettiva partecipazione del beneficiario a progetti di riabilitazione. Una simile riforma consentirebbe di conservare un istituto, a mio giudizio, indispensabile nella lotta alle nuove mafie. Non ho ancora letto il contenuto del decreto legge del governo Meloni, tuttavia, penso che sia un passo in avanti che si sia affrontato il problema prima della nuova pronuncia della Corte costituzionale. Nel bene o nel male, si è agito politicamente su un istituto che personalmente ritengo indispensabile nella lotta alle nuove mafie, per una volta non si è delegato alla magistratura decisioni che devono avere valenza politica”.