Caso Regeni, sei anni senza verità. Il buio di “tutto il dolore del mondo”

Sono trascorsi sei anni da quando il giovane ricercatore italiano è stato rapito, torturato e ucciso. Non si riesce a fare un processo

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In solitudine Giulio Regeni ha sopportato “tutto il dolore del mondo“. Una panchina in onore dello studente di dottorato all’Università di Cambridge. Il Consiglio comunale di Nuoro ha approvato all’unanimità la mozione per l’installazione di una panchina. In memoria del giovane ricercatore italiano rapito. E ucciso in Egitto nel 2016. Nel quinto anniversario della rivoluzione egiziana. L’iniziativa è promossa a livello nazionale da Amnesty International. Con l’obiettivo di non far calare l’attenzione sulla morte di Giulio Regeni. Un caso che attende ancora verità e giustizia. La panchina individuata, che verrà ristrutturata e pitturata di giallo, si trova in piazza Indipendenza. Un luogo molto frequentato da famiglie e bambini. Diventerà a tutti gli effetti simbolo della difesa dei diritti dell’Uomo. Di educazione alla convivenza. Al rispetto. E alla condivisione di questi valori.Regeni

Verità per Giulio Regeni

E’ stata fissata per il prossimo 15 luglio in Cassazione. Davanti alla prima sezione. E’ l’udienza sul ricorso presentato dalla procura di Roma. Che ha impugnato la decisione dell’11 aprile scorso del gup. Con cui ha sospeso il processo a carico di quattro 007 egiziani. Accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni nel 2016 al Cairo. Con il ricorso il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco chiede di annullare il provvedimento del giudice. Che si rifaceva a quanto deciso dalla Corte d’Assise, nell’ottobre scorso. Secondo cui il processo non poteva andare avanti. Perché gli atti non erano stati notificati agli imputati. A Pavia, nell’Aula Magna del Collegio Ghislieri, è intervenuta Elena Cattaneo. La scienziata e senatrice a vita ha tenuto una “lectio magistralis”. Inaugurando il “Festival del Merito“. organizzato dallo storico Collegio universitario pavese. Fondato oltre 450 anni anni fa da Papa Pio V.Regeni

Sotto attacco

Spiega la professoressa Elena Cattaneo: “La rilevazione è contenuta nel ‘Rapport Scholars at Risk’. Nel 2021 si sono registrati 58 attacchi alle comunità accademiche. In 58 Paesi del mondo. Ricordiamoci sempre le vicende di Giulio Regeni. Che ha pagato con la vita la sua passione. E la sua voglia di agire per un interesse pubblico. E di Patrick Zaky. La libertà è uno stato di allerta continua. Anche negli studi e nella scienza“. Nel buio del caso-Regeni- arenatosi almeno tra il Cairo e la Cassazione italiana- a lanciare un segnale è il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Attraverso una nomina di rilievo: Bassam Radi Il portavoce della presidenza è stato proposto come ambasciatore a Roma. Si tratta della voce e del volto di Sisi ad uso dei media egiziani e stranieri dal 2017. Il portavoce ufficiale della presidenza. L’ambasciatore Bassam Radi. Rappresenterà dunque l’Egitto a Roma per i prossimi anni. Il suo curriculum è denso.

Istruzioni

Ma per l’Italia conta più quello che Radi ebbe a dire. O meglio a riferire. Sul caso di Giulio Regeni. Almeno una mezza dozzina le sue dichiarazioni che fecero più clamore. Ma tutte con gli stessi messaggi. Il presidente vuole “giustizia”. Ha “dato istruzioni per eliminare ogni ostacolo alle inchieste”. E c’è dunque il suo “totale sostegno alla cooperazione fra le istituzioni competenti egiziane e italiane”. Questo fino al novembre 2020. Poi, il mese dopo, la procura generale egiziana, formalmente indipendente, ha chiuso la partita sul fronte cairota.

“Incidente”

Per gli inquirenti egiziani non ci sono prove sui quattro uomini dei servizi segreti del Cairo. Che monitorarono movimenti e incontri di Regeni. Non è provato che siano le stesse persone che lo rapirono il 25 gennaio 2016. E che lo fecero ritrovare morto per orribili torture. Nove giorni dopo, il 3 febbraio. Sul ciglio di una superstrada. Alla periferia della capitale dell’Egitto. Sempre per la procura egiziana, “parti ostili all’Egitto e all’Italia” hanno voluto “sfruttare questo incidente”. Una tesi sostenuta pubblicamente anche da Sisi. Dicendo “volevano danneggiare le relazioni fra Egitto ed Italia“. Proprio mentre erano all’acme con Matteo Renzi premier e l’Eni attore chiave per l’energia nel Paese. Attraverso la scoperta del maxi-giacimento di gas “Zohr”.