Omicidio Giulio Regeni: quattro 007 egiziani a processo

La Procura di Roma ha chiuso l'inchiesta sulla vicenda del ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto

Regeni

La Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta sulla vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto.

I pm hanno emesso quattro avvisi di chiusura delle indagini, che precede la richiesta di processo, per appartenenti ai Servizi segreti egiziani. Le accuse, a seconda delle posizioni, sono di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Chiesta l’archiviazione per un quinto agente, sempre 007 del Cairo.

L’omicidio di Giulio Regeni

L’omicidio di Giulio Regeni (Trieste, 15 gennaio 1988 – Il Cairo, gennaio/febbraio 2016) è stato un delitto commesso in Egitto tra gennaio e febbraio 2016 ancora avvolto nel mistero, nonostante i numerosi appelli della famiglia e del Governo italiano Al Cairo.

Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge. Venne rapito il 25 gennaio 2016 – giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir del 2011 contro il presidente Mubarak – e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani.

Le condizioni del corpo, ritrovato vicino al Cairo in un fosso lungo l’autostrada per Alessandria, mostrarono evidenti segni di tortura che si ipotizzò fossero in relazione con i legami che, si supponeva, Regeni avesse con il movimento sindacale che si opponeva al governo del generale Al Sisi, legami che tuttavia non sono mai stati provati.

L’uccisione di Giulio Regeni ha dato vita in tutto il mondo, e soprattutto in Italia, a un acceso dibattito politico sul coinvolgimento nella vicenda e dei depistaggi successivi, attraverso uno dei suoi servizi di sicurezza, dello stesso governo egiziano. Tali sospetti hanno costituito motivo di forti tensioni diplomatiche con l’Egitto.

L’appello di Conte a Al Sisi

Lo scorso 20 novembre il premier italiano Giuseppe Conte ha telefonato al presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, avvertendolo che “non c’è più tempo”. A 5 anni dalla morte del giovane studente per mano dei servizi segreti egiziani, Palazzo Chigi ha chiesto di rompere gli indugi e spazzare il campo da bugie di Stato, omissioni e depistaggi.