L’ex fabbrica di armi che diventa una “Cittadella di pace”

L'intervista di Interris.it a don Luca Palei, direttore della Caritas di La Spezia, sul progetto "Cittadella della pace"

Don Luca Palei con gli ospiti de "La Cittadella della Pace" (© 8x1000 Chiesa Cattolica)

Nell’enciclica “Fratelli tutti” Papa Francesco ha sottolineato che la pace reale e duratura è possibile solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana”. In questo frangente storico molto difficile connotato da guerra e pandemia, le diverse Caritas diocesane hanno attuato in diversi modi tale insegnamento sui territori. Nella Diocesi di La Spezia, guidata da monsignor Luigi Ernesto Palletti, recuperando dei capannoni che in precedenza erano destinati ad uso militare, si è dato vita alla Cittadella della Pace, dove si fornisce un aiuto tangibile agli ultimi: migranti, senza fissa dimora e poveri. Interris.it ha intervistato don Luca Palei, sacerdote dal 2011, direttore della Caritas diocesana di La Spezia e delegato del vescovo per la Pastorale Giovanile.

© 8×1000 Chiesa Cattolica

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone la Cittadella della Pace?

“La Cittadella della Pace è una struttura che è stata un esempio di conversione – in quanto originariamente – in tale luogo si fabbricavano delle bombe. Ora invece è diventato un luogo di pace, solidarietà, carità e speranza. La Cittadella della Pace realizza proprio ciò che si dice nelle Sacra Scrittura ossia ‘le loro spade si trasformeranno in vomeri d’aratro e le lance in falci. In altre parole, il cambiamento, come quello che dovrebbe esserci nella vita delle persone che qui vengono accolte, nel cui cuore c’è instabilità e fatica e per cui la stessa dovrebbe essere un luogo dove ritrovare la pace. Insomma, dall’aspetto esteriore a quello interiore, la Cittadella della Pace è un cammino itinerante”.

Quali sono gli aiuti che date alle persone che si rivolgono a voi e alla Cittadella della Pace?

“La Cittadella della Pace si colloca all’interno della rete delle Opere Segno che abbiamo realizzato nella nostra Diocesi grazie al contributo dell’8×1000 e della Provvidenza che – oltre allo stesso – è arrivata attraverso cittadini o aziende che hanno creduto in questa missione. Chi si rivolge a noi beneficia di questa Provvidenza nel senso che viene offerta un’accoglienza nelle diverse aree in cui è suddivisa la Cittadella della Pace. In un’area c’è il nuovo dormitorio ‘La Locanda del Samaritano’ che attualmente offre accoglienza e ospitalità a 27 persone senza fissa dimora. Coloro che non hanno una casa lì possono trovare un rifugio accogliente, dignitoso e bello. Vorremmo che fosse un’occasione di rilancio della vita perché è un luogo molto attento alla dignità della persona. La caratteristica che contraddistingue le nostre opere è quella di non creare mai un pacchetto di aiuti uguali per tutti perché ogni persona è figlia di Dio, in ogni sua attenzione e peculiarità; quindi, proviamo a dare ad ogni fratello e sorella una risposta costruita e pensata sulle specifiche necessità di ognuno. La Cittadella quindi in un’area ha la Locanda del Samaritano, dall’altra parte invece attualmente svolgiamo l’accoglienza per gli immigrati giunti dal 2014 con l’emergenza sbarchi ai quali fino ad oggi – per 130 persone – abbiamo dato una risposta in termini di aiuto. A tal proposito sta proseguendo un’opera di inclusione, attraverso un’accoglienza che cerchiamo di coniugare con la messa in gioco di questi ragazzi, i quali si adoperano anche per una serie di lavori – ad esempio nei panifici, nel giardinaggio, nelle opere di manutenzione e di facchinaggio in base alle richieste. Inoltre, c’è una parte dedicata alla mensa: questi locali sono abitualmente dedicati alle emergenze dei migranti; una volta a settimana, secondo il calendario dei turni delle mense cittadine, offriamo il servizio mensa a 60/70 persone senza fissa dimora, oltre ai pasti quotidiani che vengono offerti a chi è ospite in casa”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo chi lo desidera può aiutare la vostra opera?

“Attualmente abbiamo 21 mila persone aiutate all’anno, 1000 pasti al giorno e un’accoglienza per 450 persone. Vorrei che questa situazione cambiasse e che queste persone potessero uscire dallo stato di bisogno e trovare una vita migliore e più serena. Ciò sarebbe il sogno massimo. Intanto, come sogno più vicino, vorrei che loro ritrovassero il coraggio di sperare e credere nella vita che non è soltanto la sfortuna o il dramma che hanno vissuto, ma è anche quella mano tesa che giunge non perché rimangano li affinché possano sentirsi motivati e credere ancora nel futuro. Questo è ciò che porto nel cuore. Certo, l’ottimo sarebbe poter convertire queste strutture in luoghi per giovani perché ciò significherebbe che la povertà non c’è più, ma ciò è un sogno, un’utopia. Torno con i piedi per terra e penso che queste persone, con l’aiuto degli operatori, potrebbero cambiare la prospettiva e vedere non solo le delusioni e le sfortune della vita, ma provare a trovare la luce. È possibile aiutarci economicamente facendo una donazione oppure venendo nelle nostre sedi e mettendo a disposizione il proprio tempo per le attività di volontariato per il dormitorio. Attraverso i volontari si riesce a dare una risposta luminosa e bella ai bisogni emersi, in stile evangelico”.