Collodi: “Qual è il valore sociale della radio”

In occasione della Giornata mondiale della radio, l’intervista di Interris.it al caporedattore del canale italiano di Radio Vaticana Luca Collodi

Nell'immagine: a sinistra foto di Samuel Morazan da Pixabay, a destra il caporedattore del canale italiano di Radio Vaticana Luca Collodi (per gentile concessione)

Oltre un secolo di storia alle spalle da celebrare e una vita almeno altrettanto lunga davanti. Il messaggio dell’Unesco per la Giornata mondiale della radio 2024 festeggia la storia, dai suoi albori fino ai giorni nostri, del primo mezzo di comunicazione di massa e invita a farlo rimanere capillare in tutto il mondo. Canale di diffusione di informazioni e cultura, efficiente strumento di propaganda ma anche microfono della libertà di espressione e della protesta, si pensi al fenomeno delle “radio pirata” negli anni Sessanta e Settanta, la radio è stata per molto tempo la principale finestra sul mondo. Nell’ultimo mezzo secolo le si sono affiancate prima la televisione poi Internet con i suoi derivati, le piattaforme streaming e i social, il mercato editoriale è entrato in una crisi in cui è ancora immerso e il divario generazionale si è fatto più profondo. Si direbbe un quadro dalle tinte fosche, ma la radio “è in piena salute e ha ulteriori spazi di sviluppo sia dal punto di vista dei programmi e delle linee editoriali che sotto il profilo tecnologico”, dice a Interris.it Luca Collodi, giornalista e caporedattore del canale italiano di Radio Vaticana.

Il “segreto”

I dati che riguardano il nostro Paese sembrano confermare la “sana e robusta costituzione” del mezzo. Il numero di italiani che ascolta la radio cresce dai 33,8 milioni nel giorno medio – il numero stimato di persone che hanno ascoltato una certa stazione per almeno un quarto d’ora in un definito intervallo di tempo – del 2022 ai 36,3 del 2023, e dai 43,3 milioni nella settimana ai 44,6 milioni nei sette giorni, sempre nello stesso periodo di riferimento. Nonostante sia periodicamente data per morta “la radio è immortale”, continua Collodi. “E’ regina dell’informazione, nonostante Internet sia stato portato avanti in modo esagerato e pure acritico da tanti settori della società, dell’economia e della politica, non ha paura delle innovazioni e le persone continuano ad apprezzarla”, afferma il giornalista. Il “segreto” della sua longevità, secondo Collodi, è che “si adatta sia al digitale, allo streaming, ai social, che alla vita quotidiana dell’uomo e la rispetta, non è invasiva, La puoi sentire mentre fai altro e all’improvviso passa un brano musicale che ti porta indietro nel tempo”.

Media

L’affermarsi di nuove modalità di fruizione e di distribuzione dei contenuti tra le nuove generazioni, come piattaforme streaming e podcast, può far temere come minimo uno spostamento dei prodotti trasmessi da sempre dalla radio, quali musica e programmi di approfondimento, altrove, col rischio che il medium con una grande storia alle spalle venga soppiantato. Collodi invece non li vede in concorrenza e spiega perché: “Sono strumenti diversi. Il modo di lavorare e comunicare della radio non è quello del portale Internet e dei social media, questi possono semmai rilanciare ciò che fa la radio. La radio resta attore principale, aumenta gli ascolti e con la Rete si completa”.

Valore sociale glocal

La radio ha un immenso valore sociale perché informa e induce alla riflessione in modo rispettoso”, prosegue il giornalista, “l’ascoltatore è l’attore principale che può scegliere che opinione farsi in merito alla notizia”. Inoltre è lo strumento glocal per eccellenza. “Ti mette in comunicazione col mondo internazionale e con quello locale. La radio locale è alla base dello sviluppo democratico, culturale e politico, se è ben fatta e fa buona informazione ha un grande impatto sulle persone, più dei grandi network nazionali e internazionali”, illustra Collodi.

Le “onde corte” del Papa

La Giornata in questione cade il 13 febbraio perché in questo giorno, nel 1946, veniva istituita la radio delle Nazioni unite. Quindici anni, e un giorno, prima, il 12 febbraio 1931, papa Pio XI inaugurava la Stazione della Radio Vaticana con radiomessaggio Qui arcano Dei, preceduto dall’annuncio di Guglielmo Marconi. In questi 93 anni, spiega il caporedattore del canale italiano, l’emittente della Santa Sede “ha sempre operato a livello universale per portare la voce del Santo Padre nel mondo. Ancora oggi svolge un ruolo importantissimo portando il messaggio di pace del Papa nei luoghi di guerra, come in Ucraina”. “Ma siccome il pontefice è anche il vescovo di Roma, Radio Vaticana arriva anche nelle frequenze locali. Questa radio quindi fotografa il messaggio della Chiesa, che è universale e locale insieme”, evidenzia il giornalista.

Guardare all’uomo

L’augurio della Giornata mondiale della radio è quello di avere un altro secolo e più di vita davanti. Per evolvere restando fedele a sé stessa, la radio “deve sempre guardare all’uomo, ai suoi sogni, alla sua capacità di ragionare e di pensare. Insieme a questo, deve sfruttare le possibilità che offre lo sviluppo tecnologico”, conclude Collodi.