Campagna Apmo contro il rischio cecità. Sos prevenzione

Più tardi si interviene minori sono le probabilità di invertire i danni della malattia, con costi sanitari e sociali molto alti, oltre a gravi ripercussioni sulla qualità di vita

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Foto di Rivage su Unsplash

Il principale obiettivo dell’Associazione pazienti malattie oculari (Apmo) è di evitare ipovisione e cecità. “Vogliamo favorire una diagnosi rapida, ottenuta con le strumentazioni più attuali, e una terapia efficace- spiegano i responsabili di Apmo-. Il nostro impegno è quello di dar voce ai pazienti, presso le istituzioni nazionali, regionali e locali. Affinché esse garantiscano a tutti un accesso alla diagnostica più sofisticata ed alle terapie più innovative. La nostra classe medica è tra le più preparate al mondo”. Ma, proseguono, “ci si deve scontrare con liste d’attesa troppo lunghe, apparecchiature obsolete e difficoltà ad accedere ai farmaci di migliore qualità”. Si apre sempre più la forbice tra regioni ricche e regioni povere. Tra persone ricche, che accedono alla diagnostica ed alla terapia con i migliori risultati possibile e persone con minori possibilità, la maggioranza, che si affidano ad un sistema pubblico che va rinnovato e potenziato. “Intendiamo contribuire dal basso a questo rinnovamento e abolire l’ipovisione e la cecità- aggiungono i volontari-. Siamo sicuri che si possa contribuire a un risparmio di risorse del sistema pubblico. Garantendo allo stesso tempo un miglioramento della vita dei pazienti e delle persone a loro vicine”. La Campania è la regione italiana con il più alto tasso di prevalenza di diabete di tipo 2 e con il più alto numero di pazienti a rischio cecità. Sui 500mila diabetici residenti nella regione (4-5 milioni sono i diabetici in Italia, ISS), infatti, solo 1 su 10 (92%) esegue controlli regolari alla vista che consentono di tenere a bada i danni oculari legati alla malattia. In numeri assoluti, sarebbero circa 460mila i campani che, a causa della retinopatia diabetica, corrono il pericolo di subire danni permanenti alla vista.

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Foto di Darko Stojanovic da Pixabay

Prevenzione Apmo

L’Ospedale Monaldi di Napoli, in collaborazione con l’Associazione pazienti malattie oculari (Apmo), ha organizzato una campagna di sensibilizzazione e prevenzione per le maculopatie diabetiche intitolata “Diabete, teniamolo d’occhio”. L’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Ospedale Monaldi di Napoli quest’anno ha ottenuto la prestigiosa certificazione ISO 9001. E ha promosso controlli gratuiti della vista per i pazienti seguiti dalla diabetologia del Monaldi. “Il diabete è una patologia in aumento – spiega Ada Maffettone, internista con expertise in diabetologia dell’Ospedale Monaldi -. Con 62 milioni di persone affette in Europa, di cui più di 4 milioni in Italia (a cui va aggiunto un milione che non sa di averlo), il diabete è la quarta causa di morte. Nei paesi occidentali, come anche in Italia e in Campania in particolare, l’aumento è correlato principalmente a fattori quali l’invecchiamento della popolazione e stili di vita scorretti. Le maggiori complicanze derivate dalla malattia possono causare danni anche importanti a livello neurologico, renale, cardio-cerebrovascolare ed oculare”. La retinopatia diabetica è tra le complicanze più diffuse. “È la più importante e precoce complicanza oculare del diabete mellito ed è ancora oggi nei Paesi industrializzati, la principale causa di cecità legale – spiega Gianluigi Manzi medico del servizio Retina della UOC Oculistica del Monaldi -. Dati epidemiologici dicono che almeno il 30% della popolazione diabetica sviluppa complicanze oculari. I sintomi a essa correlati spesso compaiono tardivamente, quando le lesioni sono già avanzate, e ciò limita spesso l’efficacia del trattamento. I principali fattori di rischio associati alla comparsa più precoce e a un’evoluzione più rapida della retinopatia diabetica sono la durata del diabete, il cattivo controllo glicemico e l’eventuale ipertensione arteriosa concomitante”.

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Foto di Zsolt Cserna su Unsplash

Sos retinopatia

Negli stadi precoci, la retinopatia diabetica è generalmente asintomatica. La mancanza di sintomi non è indice, però, di assenza di danni alla retina dal momento che la riduzione della vista, di cui si accorge il paziente, compare spesso solo quando viene interessata la regione maculare o altri sintomi a volte sottovalutati come la comparsa di macchie mobili, la vista offuscata, la comparsa di aree scure, l’ipovisione, la difficoltà crescente di vista e la cecità. La buona notizia è che la retinopatia diabetica può essere tenuta a bada, prevenendo la cecità, con le nuove metodologie diagnostiche e il sostegno di molecole ad utilizzo intravitreale. Ed è possibile prevenire la cecità. “Purché però si facciano controlli regolari che consentano una diagnosi tempestiva dei primi segni della malattia e che il diabete sia ben controllato – precisa Francesco Calabrò, direttore della UOC Oculistica del Monaldi -. La diagnosi e la presa in carico precoce sono quindi fondamentali per salvare la vista. Per questo è importante sensibilizzare le persone con diabete sull’importanza di andare dall’oculista, anche in assenza di sintomi per effettuare un esame del fondo dell’occhio prima che la retina abbia subito danni”. Più tardi si interviene minori sono le probabilità di invertire i danni della malattia con costi sanitari e sociali molto alti. Oltre a gravi ripercussioni sulla qualità di vita.

Foto di Maria Bobrova su Unsplash

Appello Apmo

“Oggi si stima che in Italia ci siano oltre un milione di diabetici che soffrono di retinopatia, ma questo dato potrebbe essere ampiamente sottostimato perché le persone non fanno controlli regolari – sottolinea Michele Allamprense, direttore esecutivo dell’Associazione pazienti malattie oculari (Apmo) -. La Campania che ha già il triste primato di regione d’Italia con il più alto numero di diabetici, i pazienti tendono anche a trascurare la vista saltando i controlli almeno fino a quando la malattia abbia causato danni importanti su cui poi è più difficile intervenire. Per invertire questa tendenza è quindi essenziale realizzare campagne di informazione e sensibilizzazione che diano ai pazienti con diabete l’opportunità di conoscere i rischi legati all’insorgenza della retinopatia e l’importanza della prevenzione”. “Spesso i pazienti arrivano da noi con problematiche già avanzate, complicando il percorso di cura -afferma Manzi -. Per questo con la volontà di Francesco Calabrò e la passione di Ada Maffettone , responsabile della Diabetologia della Azienda Ospedaliera e con il sostegno e l’incoraggiamento dell’Associazione pazienti malattie oculari (Apmo), abbiamo deciso di aprire i nostri ambulatori per una prima giornata di screening per pazienti diabetici che continuerà con un ambulatorio settimanale“. “Il diabete è una epidemia silenziosa che necessita di un approccio multidisciplinare. L’Azienda Ospedaliera dei Colli punta su terapie personalizzate. La certificazione ISO 9001 del nostro percorso per la cura delle retinopatie diabetiche è una ulteriore garanzia per i nostri pazienti”, commenta Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli.

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Foto di valelopardo da Pixabay

Testimonianza

74 anni, gioielliere, diabetico prima di nascere, forse. “La mia mamma e i miei fratelli erano tutti diabetici. Io però sono stato più sfortunato di loro, io a causa del diabete ho perso la vista”. Elio Tronco, originario di Caserta, ma una vita trascorsa fino a due anni fa a Roma. “Vivevo a piazza del Popolo, il peggioramento della vista mi ha obbligato a chiudere la gioielleria. E a tornare a casa a Caserta dove posso contare sul sostegno dei miei figli“. Elio è uno dei 460 mila pazienti campani a rischio cecità a causa della retinopatia diabetica. “Un occhio l’ho completamente perso un anno e mezzo fa, dall’altro vedo soltanto per un 15 per cento, ombre praticamente che piano piano so scompariranno anche loro”. Quando si è accorto che stava perdendo la vista? “Due anni fa, quando non c’era più nulla da fare. Ho girato il mondo in cerca di uno specialista che potesse ridarmi la vista. Finora non l’ho trovato e devo ringraziare Michele Allamprense che ha preso a cuore la mia storia e mi ha voluto nella sua associazione Apmo”. Avrebbe potuto fare qualcosa per evitare la cecità? “Avrei dovuto seguire una dieta più equilibrata. Non ho fatto prevenzione. La colpa è tutta mia”. A nessuno va negata la vista, ma forse a un gioielliere è la peggiore maledizione che possa capitare. Come trascorre le sue giornate? “Continuo ad occuparmi di gioielli, li controllo con quel poco di luce che ancora esce dall’unico occhio che non ha ancora conosciuto il buio. Il mio lavoro mi aiuta a non abbattermi. La malattia mi ha fatto riavvicinare alla mia famiglia. E questo, forse, è l’unico grande conforto”.