La giornata mondiale del Malato è stata istituita da Papa Giovanni Paolo II nel 1992 in memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes ed è un momento speciale di condivisione e preghiera al fianco di quanti stanno soffrendo. In particolare, negli ultimi anni, a causa della pandemia, che ha reso tutti noi più fragili, questa giornata ha assunto una valenza ancora più profonda e sentita. In altre parole, la società intera, ha compreso che, la condizione di malattia, non colpisce esclusivamente la singola persona ma, anche e soprattutto, la famiglia e la comunità nel suo complesso. Quindi, la percezione della malattia, sta cambiando ma la strada da percorrere è ancora lunga e, per questo, al fine di stare più vicino a chi affronta una malattia, occorre estendere il concetto di presa in carico della persona con fragilità a più ambiti possibili.
Nel suo messaggio in occasione della giornata di quest’anno, Papa Francesco, ci dice che, se vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, la malattia può diventare disumana. Il Santo Padre ci esorta quindi ad essere compassionevoli nella cura, condividendo la sofferenza. Il vivere insieme la sofferenza, a mio parere, è fondamentale per affrontare in maniera migliore i momenti più difficili, senza lasciare indietro nessuno. La compassione che ci indica il Papa deriva dal latino “cum patior”, ossia “soffrire con” e il percepire la sofferenza dell’altro con il desiderio di lenirla. Questa deve e dovrà essere la radice da cui, ogni istituzione, ente o associazione, nessuno escluso, dovrà partire per dare vita ad una società più equa e attenta ai bisogni dei malati e dei loro bisogni, che devono essere messi al centro della società e di ogni futura decisione.