Mesini (Irs): “C’è una mancanza di equità distributiva della ricchezza”

L'impatto dell'inflazione e dell'erosione dei redditi tra la popolazione residente in Lombardia analizzata dalla dott.ssa Daniela Mesini, economista, responsabile di ricerca e valutazione dell’Istituto per la Ricerca Sociale

povertà
Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash

L’erosione dei redditi e la crescente inflazione, negli ultimi anni, hanno fatto sì che, l’Europa e l’Italia, stiano sperimentando in misura sempre maggiore divari sociali ed un aumento delle spese necessarie per far fronte ai bisogni fondamentali, come ad esempio il diritto alla salute e all’istruzione delle giovani generazioni.

Il contesto lombardo

In considerazione del mutato contesto economico nazionale, anche le aree tradizionalmente più ricche, come ad esempio la Lombardia, sono messe a dura prova da quella che si può definire una crescente difficoltà del ceto medio, il quale composto essenzialmente da lavoratori dipendenti e pensionati i quali, a causa dell’inflazione, stanno vedendo erodere le proprie capacità finanziarie. Interris.it, in merito alla situazione della Lombardia, ha intervistato la dott.ssa Daniela Mesini, economista, responsabile di ricerca e valutazione dell’Istituto per la Ricerca Sociale, è direttore dell’area politiche, servizi sociali e sanitari del suddetto che materialmente, insieme alla collega dott.ssa Giulia Assirelli ha contribuito alla stesura del secondo rapporto OVER, frutto del lavoro comune tra le Acli lombarde e IRS.

La dott.ssa Daniela Mesini (© Christian Cabello)

L’intervista

Dott.ssa Mesini, quali sono gli elementi più rappresentativi emersi dalla vostra ricerca concernente le fragilità in Lombardia?

“Abbiamo analizzato i dati dei contribuenti che si sono rivolti ai Caf Acli ed hanno presentato la dichiarazione dei redditi tramite il 730 negli anni 2020, 2021 e 2022. È emerso che, si è verificata una diminuzione del 3,7% del valore reale dei redditi, resi equivalenti dal punto di vista dell’ampiezza familiare e dell’inflazione e ciò rappresenta un dato molto significativo. L’inflazione e l’impennata dei prezzi dei beni di consumo ha portato ad un incremento considerevole anche delle spese dei contribuenti lombardi, soprattutto nell’ambito sanitario, per i mutui e per l’istruzione dei figli. L’elemento più evidente è costituito dal fatto che, complessivamente, tali spese, hanno pesato in maniera significativa sui redditi, i quali sono diminuiti, pesando di più soprattutto sui contribuenti meno abbienti. Ciò ha implicato anche una mancanza di equità distributiva della ricchezza all’interno del panel considerato e un conseguente affaticamento particolare di alcuni target, come ad esempio le donne o coloro che sono nati all’estero. Abbiamo constatato che, la pensione e la proprietà dell’abitazione senza dover pagare il mutuo, una caratteristica propria soprattutto dei contribuenti più anziani, siano dei fattori protettivi dallo scivolamento verso condizioni peggiori. Invece, il target un po’ più a rischio e maggiormente fragile, si è dimostrato essere quello dei contribuenti e delle relative famiglie con figli under 14 a carico. Queste persone, comparate con le altre tipologie, hanno il reddito in assoluto più basso, devono sostenere delle spese consistenti, sia dal punto di vista sanitario che educativo e, spesso, si trovano a dover pagare consistenti rate dei mutui. Sono quindi le più a rischio in tale situazione di fatica e di galleggiamento impegnativo del ceto medio regionale che, nonostante la ricca Lombardia, è stato colpito abbastanza duramente dall’impennata inflattiva”.

Tra i dati rilevati colpisce molto quello relativo alla povertà sanitaria. Cos’è emerso dalla vostra ricerca?

È aumentata l’incidenza dei contribuenti che hanno sostenuto e dichiarato le spese sanitarie, nell’ordine di diversi punti percentuali dal 2020 al 2022. Il valore medio della spesa, in tal senso, è aumentato di molto e, nel 2022, è arrivato a 1500 euro. In certe provincie però, come ad esempio Milano, ha toccato i 1600 euro. La spesa dichiarata ha subito un incremento significativo, nell’ordine del 23%, nel lasso di tempo intercorrente tra il 2020 e il 2022. Ciò che è più evidente è la diversificazione di tale aumento: le famiglie più ricche spendono di più, il numero di contribuenti che le dichiarano è maggiore ma, il peso di queste sui loro redditi, è inferiore a quello delle famiglie meno abbienti, le quali riescono a sostenere in misura minore l’impatto delle spese sanitarie”.