Orchi sul web, Onu nel mirino: “Silenzio su un crimine contro l’umanità”

A Interris.it il presidente dell'Osservatorio sui diritti dei minori e garante calabrese dell'infanzia, Antonio Marziale commenta la maxi-inchiesta sull'orrore web

testimonianza

Cinquanta indagati per pedopornografia in un’inchiesta della polizia postale che, partendo da Torino, si ramifica in tutta Italia. A Interris.it il grido d’allarme del sociologo Antonio Marziale, fondatore e presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, garante calabrese dell’infanzia e consulente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.

Web

“L’orrore sul web è un business criminale da far impallidire un bilancio statale e prolifera per effetto della sottovalutazione degli Stati- spiega Marziale a Interris.it-. Sociologicamente parlando la pedopornografia sul web è un ramo della new economy del crimine globale come lo sono il traffico di droga e quello di armi. L’Onu si ostina a non riconoscere la pedopornografia come un crimine contro l’umanità. Come Osservatorio sui diritti dei minori abbiamo presentato una mozione con questa esplicita richiesta alle Nazioni Unite,ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.Evidentemente si tratta di un business criminale con tale rilevanza economica e politica da indurre al silenzio le organizzazioni sovranazionali“. 

Il male assoluto

L’orrore correva negli angoli più oscuri e putridi del web. Tra le migliaia di immagini di vittime degli abusi sessuali c’erano persino quelle di neonati. Come se non fossero bastate quelle con i minorenni. O le altre che immortalavano veri e propri atti di sadismo. Cinquanta, riferisce l’Ansa, sono le persone indagate in una delle più vaste e ramificate indagini contro la pedopornografia mai orchestrate in Italia. Tre residenti nel Nord-Est sono anche stati arrestati: la cattura non era prevista, ma gli investigatori, nel corso della perquisizione, hanno trovato una quantità tale di file da rendere opportune le manette. A carico di un quarto soggetto, di casa in Emilia-Romagna, è stato spiccato un ordine di custodia cautelare: si è scoperto che si autoproduceva il materiale violentando una sua piccola parente, una bambina. Un quinto, infine, era già in cella a Torino: una vecchia conoscenza della polizia postale, visto che, secondo le accuse, commetteva degli abusi sulle figlie minorenni degli amici.

I profili degli orchi

La “community” è stata scoperta dalla polizia postale del compartimento del capoluogo piemontese (dove per ora è radicata la competenza territoriale e dove abitano due degli indagati a piede libero) e del Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia online. Un gruppo composto da uomini (nessuna donna) di età compresa fra i 19 e i 55 anni: disoccupati, studenti, lavoratori dipendenti, gente apparentemente insospettabile. Per scambiarsi foto e video, dalle scene di nudo ad attività che gli stessi inquirenti hanno definito “raccapriccianti“, si servivano dei canali di una nota piattaforma di messaggistica istantanea, nascondendosi magari dietro sigle come Pthc, che per gli specialisti della perversione significa “pre teen hard core”. Ma in molti casi sono stati traditi dalle loro stesse inclinazioni: “Di questo tipo di materiale illegale- raccontano all’Ansa gli investigatori- esiste un protocollo di categorizzazione condiviso a livello internazionale, cosa che permette di creare una vera e propria profilazione dei soggetti in base ai gusti e alla modalità di interazione nella rete. Funziona, per esempio, nei casi in cui emergono pratiche di sadismo. O dove compaiono animali“.

Cooperazione mondiale

“La cooperazione internazionale ha giocato un ruolo importantissimo”, sottolinea all’Ansa Fabiola Silvestri, dirigente del compartimento di Torino della polizia postale. Dal Canada, il Ncecc-National Child Exploitation Coordination Center ha fornito delle indicazioni preziose. L’abilità degli agenti ha fatto il resto: prima sono state isolate le posizioni dei singoli nickname, recuperando il materiale che avevano condiviso ed estrapolando le connessioni Ip; poi sono scattate la setacciatura dei dati e i “pedinamenti virtuali“, che hanno portato, alla fine, a dare un nome e un cognome agli internauti. All’operazione hanno preso parte duecento investigatori della polizia postale. Detenzione, diffusione e anche produzione di materiale pedopornografico sono i reati per i quali si procede.