Una mobilitazione antica due secoli per la Tomba di San Paolo

Un esempio storico di come l'ecumenismo può diventare motore per la salvaguardia del patrimonio culturale universale

Paolo

Nel segno di Paolo. Due secoli fa (nella notte tra il 15 e 16 luglio 1823) il devastante incendio nel tempio costruito sulla tomba dell’Apostolo delle genti. Dopo il disastroso rogo a Papa Leone XII, spetta l’onere di pensare a ridare nuova vita alla Basilica paolina. Il progetto è enorme e l’idea – come in passato era stato fatto per sostenere i lavori a San Pietro – è di chiamare a raccolta la cristianità. È un “crowfunding” ante litteram quello che Leone XII dispone con l’enciclica Ad Plurimas, emanata il 25 gennaio 1825, festa della Conversione di San Paolo. E il risultato è straordinario. Contributi arrivano in massa non solo dai cattolici, ma doni di assoluto pregio approdano a Roma da ortodossi, musulmani, case reali. “Finestre e colonne di alabastro arrivano da re e viceré d’Egitto- racconta ai media vaticani monsignor Michele Pennisi-. Mentre lo zar Nicola I fa recapitare blocchi di malachite e di lapislazzuli, che saranno utilizzati per gli altari laterali del transetto“.Paolo

Nel segno di Paolo

Il 1825 è anche l’anno del Giubileo, ma la speranza di Leone XII di poter avere almeno una parte della basilica agibile viene presto meno (in quella circostanza la porta santa fu aperta in Santa Maria in Trastevere). L’enorme cantiere durerà 30 anni. E la basilica ricostruita verrà riconsacrata il 10 dicembre 1854 da Pio IX, attorniato da cardinali e vescovi di varie parti del mondo giunti a Roma per la proclamazione del dogma dell’Immacolata. Si chiude così una pagina tragica della storia pontificia. Il tetto malmesso e le vecchie grondaie avevano gocciolato per tutta la primavera durante le piogge. E adesso che era arrivato il caldo bisognava metterci mano per evitare il ripetersi in autunno dello stesso guaio. Così, in quell’estate del 1823, i monaci della Basilica di San Paolo fuori le Mura chiamano degli operai per le riparazioni. Il 15 luglio è un martedì e a fine lavoro i due “stagnari, come si dice a Roma – in pratica dei saldatori esperti di idraulica – che erano sul tetto rimettono a posto gli attrezzi. E se ne vanno a casa, dopo aver spento fra l’altro su una padella i mozziconi di brace usati per lavorare. Ma si sbagliano, qualcosa di quei mozziconi ancora brilla e la svista avrà conseguenze terribili.