I Vescovi si schierano dalla parte degli “intoccabili”

Da Bangalore, dove i Vescovi indiani sono riuniti per l'Assemblea della Conferenza Episcopale del Paese (che riunisce i Pastori di rito latino, siro-malabarese e siro-malankarese) ribadiscono il loro impegno e coinvolgimento nel promuovere e sostenere la vita e la condizione sociale dei “dalit”, ovvero gli “intoccabili”, cioé quelle popolazioni indigene che, nella visione braminica – sostenitrice di un sistema sociale fatto di disuguaglianza e gerarchia classificate – erano soggette alle caste dominanti ed erano private non solo della loro dignità umana, ma anche del diritto di essere umani. Le loro vite sono segnate da estrema povertà, indegnità, umiliazione, ed esclusione sociale. Ad oggi, in India vivono circa 200 milioni di dalit.

Accanto agli ultimi

Come riprota l'Agenzia Fides, nel corso dell'Assemblea, i presuli fanno notare che la Chiesa non deve solo promuovere programmi di sviluppo e inclusione sociale dei dalit, ma è chiamata ad “avviare una comprensione più profonda delle cause di discriminazione ed esclusione dei dalit cristiani all'interno della Chiesa, della società e dello stato”. Il gesuita A. Maria Arul Raja, professore di studi religiosi all'Istituto teologico di Chennai, intervenuto alla riunione dei presuli, racconta a Fides che a conclusione della plenaria, i Vescovi si sono impegnati a sollecitare le istituzioni educative cattoliche a creare spazi per gli studenti dalit svantaggiati; a intraprendere iniziative volte a promuovere i diritti e lo sviluppo dei dalit e a rimuovere ogni traccia di discriminazione castale. In India, i cristiani – che sono circa il 2,3% della popolazione – per il 60% sono dalit. A dicembre 2016, i Vescovi indiani hanno diffuso il documento “Politica di promozione sociale dei dalit nella Chiesa cattolica in India” in cui si afferma che i dalit, ricorda Raja, avvertono di “essere benedetti vivendo un kairòs, cioè un momento di grazia”.

Promuovere il Vangelo e la giustizia

Poi il gesuita denucnia come la Chiesa, “sebbene promuova il potere del Vangelo, la giustizia compassionevole e l'uguaglianza data dal Signore Gesù Cristo, è caduta sotto il peso violento della cultura di casta”, con la semplice scusa disfattista che “la casta non si può eliminare”. Raja ricorda che i dalit di religione indù subiscono discriminazioni, “ma quelli cristiani ne subiscono di peggiori, basate sulla loro fede, oltre a perdere l'ammissione ai programmi di assistenza promossi dal governo, disponibili, invece per i dalit indù, sikh o buddisti”. Questo è disposto dall'Ordine presidenziale emesso il 10 agosto 1950: per questo motivo la Conferenza episcopale indiana ha designato il 10 agosto come un black day, invitando a organizzare riunioni, raduni, veglie di preghiera e altre forme di protesta per mostrare sostegno e solidarietà ai dalit cristiani e musulmani che subiscono l'ingiustizia di vedere negati i loro diritti legali.

Dalit Libeation Sunday

Inoltre, conclude il sacerdote, i Vescovi, si sono uniti al Consiglio nazionale delle Chiese in India (che unisce le denominazioni protestanti) per istituire e celebrare la Dalit Liberation Sunday, che cade la seconda domenica di novembre e vede gli “intoccabili” marciare nelle città di tutta l'India sostenuti nella loro lotta per i diritti umani. Una petizione civile davanti alla Corte Suprema chiede la soppressione del paragrafo dell'Ordinanza presidenziale del 1950 che nega i diritti ai dalit cristiani e musulmani, e la Chiesa promuove e sostiene tale petizione che istituisce la discriminazione. Per il gesuita, i dalit cristiani “sono davvero consolati nel vedere l'intero corpo dei Vescovi camminare accanto a loro con un impegno pastorale creativo“.