Social e Ai: il Papa sulla frontiera tecnologica

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Social, mass media, Intelligenza artificiale: il Papa dialoga con la modernità. Finora Francesco ha dedicato due messaggi all’intelligenza artificiale (Ia). Come sottolinea Paolo Ruffini, prefetto del dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, è la conferma di quanto lui si renda conto che questa è una trincea. Una frontiera dell’umanità, del modo in cui sarà possibile costruire una nuova antropologia, un pensiero umanistico nell’era della tecnologia. Il Pontefice parteciperà ai lavori del G7 sull’intelligenza artificiale. Intelligenza artificiale e sapienza del cuore. Per una comunicazione pienamente umana. L’Ia è uno dei temi fondamentali che  sarà al centro dei dibattiti dei prossimi anni. “Riguarda la guerra, riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale negli armamenti che possono essere autonomi, delegati soltanto all’Ia– osserva Ruffini-. Lì c’è bisogno di un pensiero. Ed è importante che i grandi della Terra si siano resi conto di quanto l’intelligenza artificiale abbia a che fare col futuro. Vedono nel Papa una guida al di là di chi crede e chi non crede”. I leader dei Paesi più sviluppati riconoscono al Pontefice un pensiero lungo, che parte dal non delegare a qualcosa che è fuori dall’umano. “Quando il Papa dice il cuore, dice esattamente questo a noi. Le macchine hanno una grande capacità di calcolo, certamente superiore a quella di un uomo. Ma siamo noi che programmiamo le macchine. Che possiamo negoziare che cosa le macchine possono fare da sole e cosa no”, aggiunge.

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La tecnologia come opportunità e sfida, quindi. “Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti. E’ una cosa buona, è un dono di Dio – insegna il Papa-. Esistono però aspetti problematici. La velocità dell’informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio. E non permette un’espressione di sé misurata e corretta“. Dunque l’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Si tratta di limiti reali che tuttavia, per il Pontefice, non giustificano un rifiuto dei media sociali. Piuttosto dimostrano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica. Del resto la Chiesa ha sempre annunciato il Vangelo, attraverso i canali attivi in un preciso momento storico. “Rintracciare tweet e post nella storia dell’evangelizzazione non è semplice – spiega il missionario scalabriniano, don Gaetano Saracino-. Se non altro perché sono forme di linguaggio inedite, almeno sino a poco tempo fa. A guardar bene forme di linguaggio innovativo non sono del tutto estranee all’annuncio del Vangelo. Non saranno tweet, post o blog, ma il segno della croce o il suono delle campane sono ovviamente ben più di un flash mob e di un trill, ne precorrono la forma. Richiamano al mistero e durano ancora. Gesù stesso ha dato prova di saperci fare con la comunicazione”. Da Nazaret scese a Cafarnao a predicare. Dunque da un luogo isolato ed arroccato ad un porto di lago, il mare di Galilea, per altro attraversato dalla via dell’impero, il cardo maximus, che portava a Damasco. Sede di una dogana e in rapporti commerciali con l’alta Galilea, la Siria, la Fenicia, l’Asia Minore, Cipro e l’Africa. E lo stesso Figlio di Dio accompagna i fedeli dall’Annunciazione all’Annuncio. D’altronde: “il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

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A testimoniare questa vocazione “social” dell’Ecclesia è il ricorso al linguaggio attuale dei social. Benedetto XVI ha inaugurato dallo schermo di un iPad la sua presenza su Twitter. Aprendo otto account in altrettante lingue, cui si è aggiunta poco dopo quella in latino. I mass media collegarono quell’evento al gesto di Pio XI, che nel 1931 dai microfoni di Radio Vaticana lanciava il suo primo messaggio radiofonico. E, ancor prima, la benedizione impressa da Leone XIII nel 1896 sulla pellicola dei fratelli Lumière. La pellicola del cinema e il microfono di una radio da una parte e un iPad aperto su un social dall’altra, costituiscono forme differenti di comunicazione corrispondenti a quasi due epoche. Ma, come la radio ha rappresentato la trasmissione dell’informazione ad ampio raggio, così Twitter rappresenta la conoscenza connettiva e condivisa, rispondendo al modo attivo di comunicare odierno. “Una Chiesa che sa sorprendere esiste- afferma don Saracino-. Non solo lezioni a colpi di liturgie ma anche comunicazione mass mediatica e pratiche on line per comunicare. Il cuore è sempre la Buona Notizia, il Vangelo. L’Annuncio corre, è presente. Ma proprio per la sua natura viva e vivificante non può rimanere lettera. deve diventare prossimità, incontro, dialogo“. Papa Francesco testimonia come non sia la tecnologia a determinare se la comunicazione è autentica o meno. Ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Ciò che serve  è una comunicazione costruttiva che, “nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura dell’incontro”. Quindi “non sottovalutiamo il valore dell’esempio. Perché ha più forza di mille parole, di migliaia di ‘likes’ o retweets, di mille video su Youtube”, avverte Jorge Mario Bergoglio. “Un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole”, diceva san Francesco di Sales. Inventore quattro secoli fa dei “manifesti”. Ossia dei fogli volanti che venivano affissi ai muri o fatti scivolare sotto le porte delle case.