“La sofferenza ha senso”. La lezione di San Giovanni Paolo II

Il cardinale Stanisław Dziwisz ha celebrato una Messa sulla tomba del Papa santo. Così descrive le ore successive agli spari in piazza San Pietro

Giovanni

In tutto il mondo è stato rievocato l’attentato a Giovanni Paolo II. Sono trascorsi 40 anni da quando Karol Wojtyla fu fu gravemente ferito da Ali Agca. L’arcivescovo emerito di Cracovia è stato accanto a Giovanni Paolo II per l’intero pontificato. Racconta al Sir l’ex segretario particolare di Karol Wojtyla: “La vita di Giovanni Paolo II sin dall’inizio fu segnata dalla sofferenza. Ma egli diceva sempre che la sofferenza ha senso”. Il cardinale Stanisław Dziwisz ha celebrato una Messa sulla tomba del Papa santo. Descrive le ore successive agli spari in piazza San Pietro. “La paura per la vita del Pontefice era intrisa di speranza che Dio avrebbe voluto salvarlo”, spiega il porporato polacco.

L’attentato al Papa. Don Stanislaw Dziwisz è in alto a destra della foto

Il sangue di Giovanni Paolo II

Sostiene il cardinale Stanisław Dziwisz: “La verità su quell’attentato è molto complessa. Non so se mai verrà appurata. Giovanni Paolo II con il proprio sangue ha pagato l’impegno per la giustizia nella storia. E per la libertà dei popoli. Molti consideravano scomoda la persona di Giovanni Paolo II. Il Papa affermava con chiarezza che il sistema comunista, come ogni sistema totalitario, è nemico dell’uomo e dei popoli. Perché distrugge la libertà. La dignità. E ogni anelito alla giustizia e alla pace. Difendeva la causa di coloro che erano stati privati della voce. Dei poveri. Dei perseguitati da regimi totalitari. E degli oppressi. Questo non poteva piacere agli architetti dei regimi totalitari. Le forze del male non usano dialogare nel rispetto dell’avversario. Ma ricorrono alla violenza“.

Attentato

Rievoca il porporato polacco: “Un attentato al Papa era qualcosa di inimmaginabile. Giovanni Paolo II fu colpito all’addome. Al gomito destro. E all’indice della mano sinistra. Dopo gli spari scivolò tra le mie braccia. Soffriva molto. La paura per la sua vita era tuttavia intrisa di speranza che Dio lo avrebbe salvato. Fu una corsa contro il tempo. Il Papa era cosciente. E finché potette, con un filo di voce, pregava. L’ho sentito offrire la propria sofferenza per la Chiesa. E ho udito anche le parole di perdono rivolte all’attentatore. Perse conoscenza quando fummo arrivati al Policlinico Agostino Gemelli. Per volere del Papa, uno dei proiettili che lo avevano colpito venne incastonato nella corona della Madonna. Parlando di quel 13 maggio Giovanni Paolo II diceva spesso di aver sentito quel giorno in modo particolare la presenza protettiva della Madonna”.papa