Da Giovanni Paolo a Francesco: la centralità dei giovani

E' un anno di grande importanza, questo, per i cattolici polacchi, che si apprestano a celebrare i 100 anni della ricostituzione dello Stato, i 40 dell’elezione di Karol Wojtyla al Soglio di Pietro e la beatificazione di una laica, Hanna Chrzanowska, che rappresenta un modello di vita cristiana in un Paese oppresso dalla dittatura. Avvenimenti e ricorrenze che sono stati al centro dell’incontro con alcuni giornalisti di mons. Marek Jedraszewski, da un anno arcivescovo di Cracovia, successore del card. Stanislaw Dziwisz, venuto a Roma per presiedere il consiglio della Fondazione S. Giovanni Paolo II, istituita nel 1981 dal Pontefice polacco con due obiettivi: da un lato, raccogliere la documentazione del suo pontificato e diffondere il suo magistero nel mondo; dall’altro, promuovere un ambiente intellettuale cristiano nei Paesi dell’ex blocco comunista.

L’elezione di Karol Wojtyla

“I 40 anni dell’elezione del cardinale Wojtyla sono molto importanti per la Polonia e per me personalmente – ha detto l’arcivescovo – Quel giorno ero a piazza San Pietro: allora ero uno studente e abitavo nel Pontificio collegio polacco dove il cardinale abitava quando veniva a Roma. Ricordo che il 14 ottobre pranzò con noi (il conclave iniziò nel pomeriggio, ndr) e due giorni dopo eravamo in piazza per la sua elezione. La Chiesa di Cracovia ricorda il grande lavoro pastorale del cardinale, soprattutto gli incontri con i giovani. Adesso occorre fare molto per approfondire il suo pensiero e farlo conoscere proprio ai giovani. Certo, sanno chi era Giovanni Paolo II ma non cosa insegnava, cosa diceva loro. Dobbiamo fare il possibile per far conoscere i suoi scritti, sempre attuali, anche per le nuove generazioni”. Un rapporto che prosegue con Papa Francesco: “E’ un naturale prolungamento – sostiene mons. Jedraszewski – Cambia un po’ il linguaggio, che viene ben accolto dai giovani che sentono e comprendono che il Papa li ama”.

La situazione dei giovani

Ma qual è la situazione dei giovani in Polonia, dopo la fine della dittatura comunista? C’è una ventata di secolarizzazione? “C’è una certa pressione culturale – risponde l’arcivescovo – penso ad esempio al tentativo di diffondere il gender. Tuttavia le chiese sono piene quasi come prima, anche se c’è un problema: i giovani non sempre trovano un linguaggio adeguato da parte dei pastori. Dopo la Gmg del 2016 a Cracovia c’è grande entusiasmo ma resta la domanda di fondo: cosa fare per essere aperti giorno per giorno alle loro esigenze? Non basta essere pastori che dicono ‘bisogna essere così e così’ ma occorre viverlo veramente. E non è facile: i preti devono essere loro stessi testimoni di quello che dicono”.

Libertà e valori

Anche in questo il magistero di Giovanni Paolo II è attualissimo: “Senza dubbio – dice mons. Jedraszewski – Nel 1983, durante il secondo viaggio in Polonia, a Czestochowa, disse ai giovani che dovevano esigere da loro stessi anche se nessuno gli avesse chiesto nulla. La coscienza morale è il fondamento per reagire a tante sfide culturali. L’importante è essere molto legati al decalogo, è indispensabile per essere uomini liberi. Dobbiamo intenderci sul significato della libertà: non esiste senza responsabilità, senza verità sui valori. Non è facile parlare di tutto ciò nell’epoca della post-verità, in un mondo in cui non c’è posto per valori stabili, per una verità oggettiva, e in cui si promuove la libertà assoluta. Per questo occorre tornare a quei fondamenti sempre cari a Giovanni Paolo II, gli stessi che valgono anche per Papa Francesco”. Una eredità, dunque, che va approfondita e diffusa. Sono diversi i centri studi sul magistero del Papa polacco: “Dovrebbero essere pubblicati prossimamente alcuni studi attraverso i quali capire come si è sviluppato il pensiero di Karol Wojtyla dai suoi primi anni da arcivescovo fino agli insegnamenti pontifici. E’ importante conoscerlo per la Chiesa e per il mondo di oggi”.

Laici da altare

Un altro aspetto legato alla figura di Giovanni Paolo II è quello della santità dei laici. La sua guida spirituale “in un momento terribile come la Seconda Guerra mondiale”, Jan Tyranowski, è stato dichiarato venerabile. Ora il Paese si appresta a vivere la beatificazione di Hanna Chrzanowska: “Sono due persone che dimostrano l’importanza della santità dei laici ancora prima del Concilio Vaticano II – ha sottolineato l’arcivescovo – Wojtyla ha avuto la fortuna di trovare molti laici che rappresentano un esempio di come devono essere i cristiani nel mondo“. L’infermiera Hanna Chrzanowska “è stata una testimone coraggiosa negli ambienti medici in un periodo in cui era proibita una pastorale sanitaria, una presenza cristiana negli ospedali. La Chiesa se vuole essere viva deve entrare in tutti gli ambienti in cui c’è l’uomo. La celebre frase contenuta nell’enciclica Redemptor Hominis ‘l’uomo è la via della Chiesa’ è frutto della sua esperienza personale con i laici”. La beatificazione si terrà il 28 aprile nella basilica della Divina Misericordia e verrà presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi. La nuova beata, che negli ultimi anni della sua vita ha collaborato con l’allora cardinale Wojtyla, ha tra l’altro realizzato in Polonia la prima rete di assistenza domiciliare e di hospice per malati terminali. 

Patriottismo, non nazionalismo

La Polonia si appresta anche a celebrare i 100 anni dalla ricostituzione dello Stato. Ma non c’è un certo nazionalismo? “Occorre distinguere – afferma mons. Jedraszewski – Siamo radicalmente contrari a ogni forma di nazionalismo, a quell’atteggiamento con cui una nazione si sente superiore a un’altra. Il patriottismo è un’altra cosa: ci sentiamo responsabili di custodire i nostri valori positivi per aiutare gli altri, essendo aperti alla ricchezza degli altri che ci fa crescere nella nostra identità”. La cosiddetta “alleanza di Visegrad” che riunisce Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, ha una chiave in qualche modo contraria al Pontefice attuale? L’arcivescovo lo esclude: “Una cosa è il senso politico, un altro quello religioso. Per quanto riguarda i vescovi (che si sono incontrati a ottobre, ndr) rappresenta una possibilità di riflessione pastorale su come aiutarci a vicenda, provenendo dalla difficile esperienza del comunismo”. Però c’è il problema della chiusura nei confronti dei migranti: “E’ vero, ma in Occidente non si percepisce quello che sta accadendo. Da noi ci sono un milione e mezzo, due di profughi ucraini che fuggono dalla guerra: non se ne parla. Senza dimenticare quelli di altre nazioni: ceceni, vietnamiti”. In ogni caso, le celebrazioni per i 100 anni dello Stato sono “un segno della grazia di Dio, dopo tante sofferenze. Siamo consapevoli che a un certo momento può non esserci più uno Stato, come in effeti è avvenuto in passato, ma la nazione polacca è sopravvissuta grazie al suo cattolicesimo. Tanti vescovi hanno sofferto, sono stati imprigionati per la loro fedeltà al Papa. Anche dopo la ricostituzione, con la Guerra mondiale e poi con la spartizione di Yalta e il comunismo ci sono state tante sofferenze ma siamo sopravvissuti grazie alla fede e al profondo legame con la Chiesa di Roma“.