Comunali, i risultati e i nomi dei nuovi sindaci in Sicilia

I rusultati a Enna e Agrigento. Orlando: "Pd ha vinto, ora riflettere su ipocrisie". Di Maio: "Alleanza con Pd modello vincente"

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Prosegue lo spoglio del turno ordinario delle elezioni amministrative in 60 comuni della regione Sicilia, compresi i capoluoghi di Enna e Agrigento, da scegliere tra i due arrivati al ballottaggio nel precedente turno che si è svolto domenica 20 e lunedì 21 settembre, insieme al referendum e ad alcune elezioni regionali. Un eventuale turno di ballottaggio è stato predisposto per il 18 e 19 ottobre 2020.

Ieri, i risultati nei sette capoluoghi di provincia chiamati alle urne domenica e lunedì scorsi, con l’eccezione di Bolzano che ha votato nella sola giornata di domenica 4 ottobre.

Sicilia

I comuni interessati alla tornata amministrativa dovevano essere 61 ma Tremestieri etneo è stato escluso dal voto a causa di illeciti penali rilevati dalla magistratura nella raccolta e autenticazione delle firme. La nuova data delle elezioni potrebbe essere decisa nelle prossime ore dal presidente della Regione Nello Musumeci.

Enna, rieletto sindaco Di Pietro (Italia Viva)

A Enna, uno dei due capoluoghi di provincia dove si votava in Sicilia, è stato rieletto sindaco Maurizio Di Pietro, col 58,27% dei voti. E’ sostenuto da liste civiche e Italia viva. Dopo di Lui Dario Cardaci col 25,96% sostenuto da Pd e Udc. La candidata del M5s Cinzia Amato ha ottenuto il 4,29%. Giuseppe Savoca della Lega ha preso il 5,51%.

Agrigento, al ballottaggio Firetto e Miccichè

Quando sono state scrutinate 48 sezioni su 55, ad Agrigento appare chiaro che al ballottaggio per la carica di sindaco, il 18 e 19 ottobre, andranno l’uscente Lillo Firetto (appoggiato da liste civiche) col 28,41 % delle preferenze e Francesco Miccichè (liste civiche e da Vox Italia) col 36,98%. La candidata del M5s Marcella Carlisi ha ottenuto il 4,49%. Daniela Catalano appoggiata da FdI e Lega il 9,62%. Marco Zambuto appoggiato da FI Diventeràbellissima e Udc ha ottenuto il 16,85.

Termini Imerese, Terranova sindaco (M5s-Pd)

A Termini Imerese (Pa) è stata eletta sindaco Maria Terranova col 42,08% dei voti appoggiata dall’alleanza M5s-Pd. Dopo di lei Francesco Caratozzolo appoggiato dal Centrodestra e Lega col 30,01%. La lista della Lega ha ottenuto il 5,09%, quella del Pd l’11,87%, quella del M5s l’8,73%.

Affluenza in Sicilia

Si è attestata al 34,11% l’affluenza per l’elezione di sindaci e consigli comunali nei comuni andati alle urne oggi in Sicilia. In provincia di Messina la media è un più alta di quella regionale: qui l’affluenza è stata 38,02%. Nei due comuni capoluogo affluenza sotto la media: ad Agrigento è stata del 32,57% mentre a Enna solo del 29,84%.

I risultati negli altri capoluoghi di provincia

Tra i comuni al voto, uno è un capoluogo di regione, Aosta, e 8 sono capoluoghi di provincia: Matera, Arezzo, Reggio Calabria, Lecco, Crotone, Chieti, Andria e Bolzano, andato al voto solo domenica.

Il centrosinistra ha vinto in sei capoluoghi, il Movimento 5 Stelle, Italia Viva e il centrodestra in uno, un candidato sostenuto dalle liste civiche in uno (qui i risultati in cifre). Aggiungendo le elezioni in capoluoghi già decise al primo turno, ce n’erano in ballo 18: il centrosinistra ne ha vinti nove, il centrodestra tre, il Movimento 5 Stelle e Italia Viva uno, le liste civiche tre.

Orlando: “Pd ha vinto, ora riflettere su ipocrisie”

“La tornata amministrativa che si è conclusa ieri è stata vinta dal Pd. Certo, i problemi non sono alle nostre spalle, ci attendono mesi difficilissimi, il partito ha bisogno di un nuovo radicamento e la forza della destra è ancora significativa e inquietante in Europa e nel Paese; tuttavia il risultato è inequivocabile. E questa vittoria è stata possibile grazie alla qualità dei candidati e di quelli di tutta la coalizione”. E’ il commento del vicesegretario del Pd, Andrea Orlando.

“Le forze sovraniste – ha aggiunto Orlando, riportato da Ansa – possono ancora contare su un solido consenso in larghi settori della società, ma questi risultati sono diretta conseguenza del lavoro svolto in questi mesi dal Pd e della sua riconquistata centralità politica”.

“È un successo conseguenza della nascita del governo voluta più di un’anno fa, della caparbia volontà di consolidare l’alleanza, della scelta di sostenere, con rispetto per tutte le posizioni, ma anche senza ambiguità, un sì per le riforme al referendum costituzionale. Il pluralismo è un’enorme ricchezza per un partito e per un’area politica. Però il pluralismo non può fondarsi sull’ipocrisia“.

“Dunque, una qualche riflessione – sostiene il vicesegretario del Pd in un lungo post su Facebook – sarebbe attesa da tutti quelli che in questi mesi, con più o meno generosità, con più o meno partecipazione e spirito costruttivo, magari nel pieno della campagna elettorale, hanno cercato di accreditare un Pd affetto da subalternità, senza cogliere la subalternità, addirittura ideologica, che stava alla base della loro lettura”.

“E sarebbe attesa da chi ha continuato a dipingere il gruppo dirigente guidato da Nicola Zingaretti, chiamato ad affrontare uno dei momenti più drammatici per la sinistra italiana e per il Paese tutto, come chiuso, autoreferenziale, lontano dai territori dai quali peraltro in larga parte proviene”.

“Non era così, come gli elettori hanno sancito. Tanto più all’indomani dell’approvazione delle modifiche ai dl Salvini, bisogna prendere atto che il suggerimento di molti, ‘serviva più riformismo’, non si realizza a botte di interviste, ma cercando il punto di equilibrio più avanzato nelle condizioni date, come appunto è avvenuto sull’immigrazione”.

“Ciò che è più grave è che questo giudizio ha rischiato di offuscare un risultato già colto e di grande portata. Mi riferisco al riposizionamento nel quadro europeo dell’Italia, dopo la parentesi del governo giallo verde”.

“Sono molti i campi – continua Orlando – nei quali dobbiamo rafforzare la nostra azione, nel governo e nella società, nel sostegno alle imprese, nella lotta alla burocrazia e nella promozione di un’economia sostenibile. Non riconoscere le ragioni dei nostri successi non ci aiuterà ad ottenerne di nuovi. Solo il lavoro e la determinazione, l’ascolto delle persone e il grido d’aiuto che proviene da tutti gli strati della società, specie i più fragili, indirizzeranno la nostra azione”.

“Per farlo – conclude Orlando – abbiamo bisogno di un lavoro di promozione e formazione di nuove ed autorevoli classi dirigenti. È proprio adesso, per questo, che questi nodi vanno sciolti. Per affrontare la fase difficilissima che ci attende dobbiamo essere chiari, soprattutto tra noi, sulla prospettiva delle nostre alleanze e sui contenuti del nostro riformismo, parola che altrimenti rischia diventare una parola vuota. E soprattutto, in un tempo in cui abbondano le incontinenze verbali e lo spirito distruttivo, dobbiamo essere chiari nel riconoscere i meriti di ciò che si è ottenuto da un leader solido e affidabile come Nicola Zingaretti“.

Di Maio: “Alleanza con Pd modello vincente”

L’alleanza tra grillini e Pd è “un modello vincente che sta pagando e va sfruttato al massimo, permettiamo a tutti i territori di utilizzarlo e facciamo un accordo per le comunali del 2021”, anche perché “rafforza il governo Conte”. E’ il commento del Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in un’intervista rilasciata a La Stampa, nella quale il ministro degli Esteri ha anche dato un personale giudizio sulla politica di Donald Trump.

Gli italiani, ha aggiunto Di Maio “ci hanno dato un mandato preciso, ci hanno chiesto di esserci e l’esito referendario lo ha confermato”. In tutti Comuni “dove ci siamo presentati in coalizione abbiamo vinto. Da Pomigliano a Matera, passando per Giugliano e Caivano. Io sono andato a sostenere i nostri candidati perché sono persone in carne ed ossa, pulite, con la schiena dritta, con dei valori, a dimostrazione del fatto che il M5S non rinuncia affatto ai suoi”.

“Bisogna costruire – aggiunge -, lavorare per mettere in piedi una nuova generazione di eletti in grado di competere nei comuni e nelle regioni”. Di Maio non vuole più ritrovarsi “con candidati che salgono sulla barca solo per sfruttare il brand del M5S per poi tradire alla prima occasione utile”.

Il ministro ha poi cercato di smorzare le polemiche con Di Battista: “Spesso diciamo la stessa cosa. Nessuno di noi vuole che il M5S diventi un partito“. nel Movimento “non ci sarà nessuna scissione“, ha assicurato.