Serbo-bosniaci a Onu: “La risoluzione Srebrenica è un fattore destabilizzante”

Il membro serbo della presidenza tripartita bosniaca ha accusato l'Alto rappresentante internazionale, Christian Schmidt, definendolo un "governatore coloniale"

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Il progetto di risoluzione sul genocidio di Srebrenica è considerato dai serbo-bosniaci un “fattore destabilizzante” per la Bosnia-Erzegovina. Zeljka Cvijanovic, membro serbo della presidenza tripartita bosniaca, ha accusato Zlatko Lagumdzija, rappresentante bosniaco alle Nazioni Unite, di violare la costituzione bosniaca con tale iniziativa.

Cvijanovic ha criticato anche l’Alto rappresentante internazionale, Christian Schmidt, definendolo un “governatore coloniale” che interferisce nei processi democratici del Paese. Schmidt ha ribadito il suo ruolo di vigilante sull’accordo di Dayton esortando il Paese a seguire il cammino europeo per rimanere unito e stabile.

Serbo-bosniaci a Onu, risoluzione Srebrenica per destabilizzare

Per i serbo-bosniaci, il progetto di risoluzione sul genocidio di Srebrenica viene utilizzato come “fattore destabilizzante” in Bosnia-Erzegovina. Intervenendo in serata in videocollegamento a una seduta straordinaria del consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata alla situazione nel Paese balcanico Zeljka Cvijanovic, membro serbo della presidenza tripartita bosniaca, ha accusato il rappresentante della Bosnia-Erzegovina alle Nazioni Unite, Zlatko Lagumdzija (bosgnacco musulmano) – iniziatore della risoluzione – di aver violato la costituzione bosniaca avendo preso tale iniziativa senza l’autorizzazione e il consenso di tutti i tre popoli costitutivi della Bosnia-Erzegovina (bosgnacchi musulmani, serbi ortodossi e croati cattolici).

Una iniziativa, ha aggiunto che è contraria ai principi contenuti nell’accordo di Dayton che sancisce la partecipazione paritaria dei tre popoli nell’amministrazione dello Stato. Cvijanovic, come riferito dai media serbi, ha attaccato al tempo stesso l’Alto rappresentante internazionale in Bosnia-Erzegovina Christian Schmidt che, ha osservato, si comporta come “qualcuno a metà tra governatore coloniale e moderno despota”, intromettendosi nei processi democratici e decisionali in Bosnia-Erzegovina.

Lo stesso diplomatico tedesco, intervenendo anch’egli in videocollegamento alla seduta del consiglio di sicurezza, ha ribadito la funzione che ha di vigilante sull’osservanza dell’accordo di Dayton, puntando poi il dito contro la dirigenza serbo-bosniaca, a cominciare dal presidente della Republika Srpska Milorad Dodik, che non rinuncia a evocare costantemente la secessione e la separazione dell’entità a maggioranza serba dallo stato di Bosnia-Erzegovina. “Esistono minacce reali all’integrità territoriale” del Paese, ha detto Schmidt, sottolineando l’importanza del cammino europeo per la Bosnia-Erzegovina, che può mantenersi unita e stabile solo sulla base dell’accordo di pace di Dayton.

Fonte: Ansa