Le radici dell’inclusione scolastica

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Le radici dell’inclusione scolastica in Italia hanno origine in un’epoca ormai molto lontana. Nel 1974, il ministero della Pubblica Istruzione, ha conferito a Franca Falcucci l’incarico di presiedere una commissione con il compito di svolgere un’indagine nazionale sui problemi degli alunni con disabilità e, da questo, nel 1975, è scaturito il cosiddetto “Documento Falcucci”. Ciò ha dato inizio ad una nuova percezione della disabilità in ambito scolastico, auspicando una attuazione inedita del diritto all’istruzione, facendo sì che, la scuola, fosse in grado di “rapportare l’azione educativa alle potenzialità di ogni allievo” per “far superare le condizioni di emarginazione”. Questa azione, con la sua lungimirante portata resa ancora più innovativa dall’apporto delle associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, ha fatto sì che, fosse approvata la Legge 517 del 1977, la quale ha abolito le scuole differenziali per gli alunni con disabilità, ponendoli al centro dell’azione educativa.

Questo principio, oggi come allora, deve guidare ogni nostra azione quando parliamo di istruzione. La scuola era, è e dovrà essere sempre di più un’istituzione che, attraverso la promozione della cultura e dello stare insieme, contribuisce ad abbattere ogni forma di scarsa sensibilizzazione ancora sussistente. La società civile, in ogni sua declinazione, ha il dovere morale di far sì che, attraverso il diritto allo studio, le persone con disabilità, possano affermare i loro diritti potendosi così autodeterminare e realizzare compiutamente i loro sogni. Il baluardo ispiratore di ogni azione in tal senso deve essere racchiuso nella salvaguardia della dignità di ogni cittadino facendo di che, la conoscenza della fragilità, diventi un patrimonio comune per rendere migliore e più inclusiva la nostra società.