Marcassoli: “Non esistono droghe leggere”

In Italia, il consumo di sostanze stupefacenti è in aumento. Interris.it, in merito a questo tema e alle strategie necessarie per tutelare le giovani generazioni, ha intervistato il dott. Claudio Marcassoli, psichiatra e psicoterapeuta

Libertà (© Лечение наркомании da Pixabay)

L’Italia, secondo le statistiche pubblicate, a livello europeo, si trova ai primi posti in Europa per consumo di sostanze stupefacenti quali cannabis, cocaina ed eroina. Tutto ciò ha svariate ripercussioni in termini di tutela della salute pubblica ed emersione di problematiche sociali inedite a cui è urgente dare delle risposte. Interris.it, in merito alla situazione attuale del nostro Paese su questo versante, ha intervistato il dott. Claudio Marcassoli,  psichiatra e psicoterapeuta libero professionista, membro ordinario della Società italiana di Psichiatria, della Società italiana di Psicoterapia medica, della Società Italiana di Psichiatria Forense, della Società Italiana di Criminologia e della Società Italiana di Scienze Forensi, nonché socio ordinario della International Crime Analysis Association e Discussant dell’American Society of Criminology. Egli è autore di pubblicazioni scientifiche di argomento clinico e psichiatrico forense; relatore a congressi nazionali di psichiatria clinica, forense e criminologia. È stato ed è docente di Psichiatria e Psichiatria Forense in svariati atenei e corsi di formazione.

Foto di Colin Davis su Unsplash

L’intervista

Dott. Marcassoli, cosa emerge dai dati relativi all’uso di sostanze stupefacenti in Italia?

“I dati disponibili ci dicono che, in Italia, il consumo di sostanze stupefacenti, è cresciuto in generale nella fascia d’età tra i 18 e i 64 anni. In questo range d’età, ben quattro milioni di persone, negli ultimi dodici mesi hanno fatto uso di almeno un tipo di droga tra cannabis, cocaina, eroina, droghe sintetiche e nuove sostanze psicoattive. Il fatto più preoccupante è costituito dal fatto che, tra i quindici e i diciannove anni, è stato registrato il maggior incremento di consumatori di sostanze stupefacenti che, secondo quanto sottolineato dall’ultima relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze, sono passati dal 18,7% al 27,9%”.

Quali sono le sostanze stupefacenti maggiormente utilizzate?

“La sostanza maggiormente utilizzata tra i più giovani è la cannabis. Quest’ultima, secondo le statistiche, nell’ultimo anno, è stata consumata da oltre il 24% degli studenti e da un quarto di coloro che si trovano nel range d’età tra i 18 e i 24 anni. Hanno poi registrato un incremento le sostanze psicoattive di sintesi, raggruppate nella terminologia generica delle cosiddette ‘nuove droghe’ e spesso reperite sul dark web. Mi riferisco in particolare a oppioidi e metanfetamine prodotti in laboratorio. La cocaina poi, nel mercato delle droghe, continua ad essere una delle sostanze più utilizzate. Ciò è accaduto perché, dopo la pandemia da Covid – 19 e il blocco parziale dei trasporti, i gruppi criminali hanno dato vita a nuove rotte per rispondere alla richiesta senza freni di predetta sostanza stupefacente attraverso efferati omicidi e deturpando l’ambiente”.

Quali possono essere le patologie concomitanti nelle persone dipendenti da sostanze stupefacenti?

“Nelle persone dipendenti da sostanze stupefacenti in trattamento presso i Servizi pubblici per le Dipendenze attivi in Italia, molto spesso, si riscontrano patologie concomitanti. Gli ultimi dati pubblicati ci dicono che, oltre il 7% degli utenti in cura, presentano almeno una patologia psichiatrica, come ad esempio disturbi della personalità e del comportamento, sindromi nevrotiche, schizofrenia e altre psicosi funzionali, depressione, mania e disturbi affettivi bipolari”.

Negli ultimi anni si è parlato spesso di legalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”. Qual è il suo parere in merito?

“Non esistono ‘droghe leggere’, ma solo sostanze stupefacenti dannose per la salute. È quindi più corretto parlare di una dipendenza più o meno radicata a seconda dei soggetti. Attualmente, un consumatore di cannabis su dieci soffre di dipendenza e, più l’età media degli assuntori si abbassa, più il rischio di gravi conseguenze sul processo di crescita è forte. L’uso di marijuana può causare alterazioni cerebrali, nonché conseguenze a medio e lungo termine sulla funzionalità celebrali, aumentando esponenzialmente anche il rischio di patologie psichiatriche. La questione, oltre che di natura sanitaria, ha anche una valenza culturale ed educativa: legalizzare una sostanza stupefacente diminuisce la percezione del rischio della stessa, ma anche la stigmatizzazione sociale conseguente. Inoltre, la liberalizzazione consentirebbe ai gruppi criminali di mascherarsi dietro a una parvenza di legalità. Tutto questo non è ammissibile in un Paese democratico e progredito che ha a cuore la salute dei cittadini”.

Quali sono i suoi auspici per il futuro su questo versante?

“Vorrei che, per il futuro, le istituzioni e la società civile, agissero sempre più in sinergia per contrastare l’assunzione di sostanze stupefacenti. Occorre unire l’aspetto educativo con quello repressivo affinché, oltre a trattare le dipendenze dal punto di vista medico ed evitare così le ricadute, si sostengano le persone coinvolte per far sì che possano ritrovare pienamente il loro ruolo nella società. La tutela della vita è un imperativo morale e, ogni Stato, deve salvaguardare il diritto alla salute dei propri cittadini, senza se e senza ma”.