Due milioni di persone hanno urgente bisogno di cibo

Asei mesi dall’impatto devastante del ciclone Idai su Mozambico, Malawi e Zimbabwe – Nazioni africane dove oltre mille persone hanno perso la vita – la popolazione colpita dall’emergenza è sull’orlo della carestia mentre la risposta umanitaria, richiesta dalle Nazioni Unite, è finanziata per meno della metà. È l’allarme lanciato da Oxfam.

Carestia

Dallo scorso aprile le persone che hanno urgente bisogno di aiuti alimentari per poter sopravvivere in Mozambico (il Paese più colpito dai due cicloni Idai e Kenneth che si sono susseguiti ad aprile) è aumentato di oltre un quarto, passando da 1,6 milioni a 2 milioni. Un peggioramento dovuto in buona parte ancora una volta all’impatto del cambiamento climatico, che si è tradotto in una gravissima siccità nel sud del Paese, mentre violentissimi scontri armati stanno dilaniando il nord del Mozambico. Una situazione drammatica, che colpisce soprattutto i piccoli agricoltori lungo la sponda meridionale del fiume Buzi, dove le alluvioni hanno devastato i campi e distrutto le scorte di sementi. Altrettanto critiche le condizioni di tantissimi sfollati, mentre il prossimo raccolto arriverà forse tra un anno. “La fame rischia di decimare la popolazione sopravvissuta al ciclone Idai”, ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italiam, su Sir raccontando di madri costrette a saltare i pasti per sfamare i figli o che “moltissime famiglie non hanno altra scelta che mangiare piante selvatiche”. In questo momento “milioni di persone sono senza cibo, acqua pulita, un riparo e mezzi di sussistenza”. Per far fronte all’emergenza, Oxfam, assieme ai suoi partner, ha già raggiunto oltre 600mila persone nelle aree più colpite portando beni di prima necessità, cibo, acqua pulita e servizi igienico-sanitari. Con particolare attenzione ai bisogni di donne e ragazze. Secondo il piano di risposta umanitaria pubblicato in questi giorni dalle Nazioni unite però oltre 2,6 milioni hanno immediato bisogno di aiuti. Resta perciò molto da fare. Si può sostenere la risposta di Oxfam su www.oxfamitalia.org.