La visione dell’umano attraverso “l’anello debole”

“Ciò di cui non si può teorizzare, si deve narrare”. Alla luce di questa affascinante affermazione di Umberto Eco nel celebre romanzo “Il nome della rosa”, dobbiamo leggere tutto il racconto redatto da Massimo Ippolito, uscito nel 2020 per l’editore Cantagalli, con il titolo: “L’anello debole”. Ippolito è un formatore e consulente aziendale laureato in scienze biologiche, con un’esperienza decennale nel mondo della ricerca biotecnologica, competenza che emerge tra le pagine del suo primo romanzo; piemontese di nascita, ma umbro di adozione, sposato e padre di tre figlie, Ippolito lascia trasparire nel personaggio principale del suo romanzo, Igor Mantoni, anche la sua passione per la terra d’Africa, dove l’autore si occupa da vent’anni di progetti di fund raising.

Ciò di cui si narra in questo avvincente giallo ambientato ai giorni nostri, attraverso le righe di una sorta di thriller dal finale a sorpresa, è una speculazione interessante e non priva di riferimenti scientifici internazionali sulla critica alla teoria dell’evoluzionismo di Darwin. Si tratta della prima volta che l’argomento dell’evoluzionismo viene trattato sotto le vesti del genere romanzo: l’intento dell’autore è infatti quello di raggiungere un pubblico più vasto rispetto agli addetti ai lavori, per i quali esistono già almeno una ventina di saggi in italiano sull’argomento.

“Quando ci si approccia alla teoria evoluzionistica – spiega Massimo Ippolito – chi si azzarda a un tentativo di critica o messa in discussione viene visto come un folle o un ignorante; viviamo nella convinzione che ciò che è scientifico è indiscutibile, per questo anche nell’opinione pubblica certe correnti di pensiero vengono imposte dal mainstream come verità assolute. Il mio intento con questo romanzo è quindi quello di avvicinare le persone a questa visione critica della realtà, su un argomento tanto importante, dal quale discende un’intera visione dell’umano”. Come accaduto infatti in molti altri momenti della storia dell’umanità, il postulato dawiniano viene oggi proposto quasi come “dogma” scientifico, mentre poco spazio si lascia – perlomeno nell’ambito della divulgazione scientifica, a tesi che partano da assunti diversi e a diversi punti di arrivo approdino.

“L’anello debole” propone al grande pubblico questa riflessione, che oltre al contesto specifico, fa riflettere su come il pensiero dei “tanti” venga influenzato da “pochi”.
È lo stesso protagonista Mantoni a cambiare completamente le sue idee sull’evoluzionismo nel corso della vicenda, che lo vedrà drammaticamente implicato, sebbene egli tenda a farsi scivolare addosso la vita. La frase-guida di Eco è appropriatamente citata nell’invito alla lettura de “L’anello debole”, a firma di Enzo Pennetta, intellettuale noto per le sue posizioni critiche verso la teoria evoluzionista ed in generale verso il neomalthusianismo. Questa importante premessa rende “neutrale” il campo: stiamo romanzando, sì, ma poi le citazioni sempre appropriate di letteratura scientifica internazionale, la verosimiglianza delle logiche aziendali narrate e degli equilibri del mondo accademico, non rendono poi così improbabile la storia immaginata da Massimo Ippolito… senza far mancare un pizzico di fantasia, che riporta il lettore alla dimensione della realtà, della serie: “Meno male, questo non può proprio essere: si capisce che è un romanzo”. Eppure il dubbio che le scoperte di Igor Mantoni siano verosimili rimane…