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La Via Crucis delle famiglie al tempo della guerra

La cerimonia della Passione del Signore, presieduta da papa Francesco, torna a svolgersi al Colosseo dopo l'emergenza Covid

La Via Crucis del 2022, dopo che per due anni si era tenuta in Piazza San Pietro a causa dell’emergenza sanitaria scatenata dalla pandemia di Coronavirus, torna a celebrarsi al Colosseo, luogo legato al martirio dei primi cristiani, mentre l’est europeo ĆØ ferito dalla guerra, con circa 10mila fedeli presenti, secondo fonti vaticane. In questo VenerdƬ Santo, presieduto da papa Francesco, protagoniste sono le famiglie, in occasione dell’anno dedicato alla famiglia e aĀ  cinque anni dalla pubblicazione dellā€™esortazione apostolica Amoris Laetitia. Il Santo Padre ha infatti scelto di affidare la preparazione dei testi delle meditazioni e delle preghiere alcune famiglie legate a comunitĆ  ed associazioni cattoliche di volontariato ed assistenza.

Le ultime due stazioni

A portare la croce alla tredicesima stazione, una famiglia russa insieme ad una famiglia ucraina, mentre alla quattordicesima stazione invece una famiglia di migranti, ha reso noto la Sala stampa vaticana. E’ stato modificato il testo della XIII stazione, “si tratta di un cambiamento previsto, che limita il testo al minimo per affidarsi al silenzio e alla preghiera“, spiega il portavoce vaticano Matteo Bruni.

Le meditazioni e le preghiere

I stazione. GesĆ¹ in agonia nellā€™Orto degli ulivi (una coppia di giovani sposi)

Giunsero ad un podere chiamato Getsemani ed egli disse ai suoi discepoli: Ā«Sedetevi qui, mentre io pregoĀ». Prese con sĆ© Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciĆ² a sentire paura e angoscia. Disse loro: Ā«La mia anima ĆØ triste fino alla morte. Restate qui e vegliateĀ». Poi, andato un poā€™ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quellā€™ora. E diceva: Ā«AbbĆ ! Padre! Tutto ĆØ possibile a te: allontana da me questo calice! PerĆ² non ciĆ² che voglio io, ma ciĆ² che vuoi tuĀ». (Mc 14, 32-36)

“Eccoci qui, sposati da appena due anni. Il nostro matrimonio ancora non ĆØ stato provato da troppe burrasche. Cā€™ĆØ stata la pandemia che ha complicato un poā€™ tutto, ma siamo felici. La nostra sembra essere una lunga luna di miele, nonostante i litigi quotidiani. Nonostante le nostre differenze. Eppure spesso abbiamo paura. Quando pensiamo alle coppie di amici piĆ¹ grandi che non ce lā€™hanno fatta. Quando leggiamo sui giornali che aumentano le separazioni. Quando ci dicono che sicuramente ci lasceremo perchĆ© cosƬ va il mondo. ƈ una questione di statistica. Quando ci sentiamo soli perchĆ© non ci capiamo. Quando con fatica arriviamo alla fine del mese. Quando ci ritroviamo, sconosciuti, sotto uno stesso tetto. Quando ci svegliamo di notte e sentiamo nel cuore il peso e lā€™angoscia della nostra ā€œorfananzaā€. PerchĆ© ci dimentichiamo di essere figli. PerchĆ© crediamo che il nostro matrimonio e la nostra famiglia dipenda solo da noi, dalle nostre forze. Ci stiamo rendendo conto che il matrimonio non ĆØ solo unā€™avventura romantica, ma ĆØ anche Getsemani, ĆØ anche lā€™angoscia prima di spezzare il tuo corpo per lā€™altro”.

II stazione. GesĆ¹ tradito da Giuda e abbandonato dai suoi (una famiglia in missione)

Mentre GesĆ¹ ancora parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinĆ² a GesĆ¹ per baciarlo. GesĆ¹ gli disse: Ā«Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dellā€™uomo?Ā». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciĆ² che stava per accadere, dissero: Ā«Signore, dobbiamo colpire con la spada?Ā». E uno di loro colpƬ il servo del sommo sacerdote e gli staccĆ² lā€™orecchio destro. (Lc 22, 47-50) GesĆ¹ gli disse: Ā«Rimetti la tua spada al suo posto, perchĆ© tutti quelli che prendono la spada, di spada morirannoĀ». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono. (Mt 26, 52. 56)

“Siamo partiti per la missione, Signore, quasi dieci anni fa, perchĆ© non ci bastava la nostra felicitĆ . Volevamo dare la nostra vita affinchĆ© anche altri sperimentassero la stessa gioia. Volevamo mostrare lā€™amore di Cristo anche a chi non lo conosce. Non importa dove. La vita di comunitĆ  e le attivitĆ  di ogni giorno ci aiutano a educare i figli con una visione aperta della vita e del mondo. Ma non ĆØ facile: non nascondiamo lā€™angoscia e la paura di condurre una vita familiare precaria, lontana dal nostro Paese. A tutto questo si aggiunge il terrore della guerra cosƬ drammaticamente attuale in questi mesi. Non ĆØ semplice vivere solo di fede e di caritĆ , perchĆ© spesso non riusciamo ad affidarci pienamente alla Provvidenza. E a volte, davanti al dolore e alla sofferenza di una madre che muore di parto e per di piĆ¹ sotto le bombe, o di una famiglia distrutta dalla guerra o dalla carestia e dai soprusi, viene la tentazione di rispondere con la spada, di fuggire, di abbandonarti, di lasciare tutto pensando che non valga la penaā€¦ Ma sarebbe tradire i nostri fratelli piĆ¹ poveri, che sono la tua carne nel mondo e che ci ricordano che Tu sei il Vivente”.

III stazione. GesĆ¹ ĆØ condannato dal Sinedrio (sposi anziani senza figli)

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro GesĆ¹ per metterlo a morte, ma non la trovavano. Il sommo sacerdote lo interrogĆ² dicendogli: Ā«Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?Ā». GesĆ¹ rispose: Ā«Io lo sono!Ā». Tutti sentenziarono che era reo di morte. (Mc 14, 55. 61-62. 64)

“Siamo stati fidanzati pochi mesi, poi la vita ci ha separato a lungo, facendoci conoscere lo straziante tepore del cuore che batte a distanza. E quando ci siamo ritrovati ci siamo sposati subito, con la fretta di chi aveva atteso e temuto giĆ  tanto. Abbiamo lasciato le nostre case dā€™origine per crearne una nostra. Abbiamo intrapreso il nostro cammino di sposi, pieni di progetti e anche di illusioni della gioventĆ¹. Poi la vita ci ha scoperto piĆ¹ fragili, e al tempo stesso ci ha spogliato delle nostre aspettative, facendoci camminare in una strada tante volte in salita, alla cui sommitĆ  ci siamo trovati faccia a faccia con lā€™impossibilitĆ  di diventare genitori. Sperimentando spesso con dolore tanti giudizi sulla nostra sterilitĆ . ā€œCome mai non avete figli?ā€, ci ĆØ stato chiesto mille volte, come a insinuare che il nostro matrimonio e il nostro amore non bastassero per essere una famiglia. Quanti sguardi poco comprensivi abbiamo digerito. Ma continuiamo a camminare ogni giorno tenendoci per mano, prendendoci cura insieme di una comunitĆ  di fratelli e amici che, tra solitudini e tenerezze, ĆØ divenuta nel tempo casa e famiglia”.

IV stazione. GesĆ¹ ĆØ rinnegato da Pietro (una famiglia numerosa)

Mentre Pietro era giĆ¹ nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardĆ² in faccia e gli disse: Ā«Anche tu eri con il Nazareno, con GesĆ¹Ā». Ma egli negĆ² dicendo: Ā«Non so e non capisco che cosa diciĀ». E subito, per la seconda volta un gallo cantĆ². E Pietro si ricordĆ² della parola che GesĆ¹ gli aveva detto: Ā«Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegheraiĀ». E scoppiĆ² in pianto. (Mc 14, 66-68. 72)

“Quando ci siamo sposati credevamo di non poter avere figli. Poi, in viaggio di nozze, ĆØ arrivato il primo, e ci ha cambiato la vita. Avevamo dei progetti piĆ¹ lenti, realizzarci nel lavoro, viaggiare, provare a vivere almeno un poā€™ da eterni fidanzatiā€¦ E invece, mentre ancora increduli toccavamo con mano la bellezza di questo regalo, ĆØ arrivato il secondo figlio: una bambina. E cosƬ, a ripensarci oggi, sono arrivati anche gli altri, quasi senza che ce ne accorgessimo. E i nostri sogni? Plasmati dagli eventi. La nostra realizzazione professionale? Modificata dai fatti della vita che irrompe. E poi il timore di poter un giorno rinnegare tutto, come Pietro; lā€™angoscia e la tentazione del rimpianto di fronte allā€™ennesima spesa imprevista; la preoccupazione per le tensioni con i figli adolescenti. I vecchi desideri hanno ceduto il passo alla nostra famiglia. Non ĆØ facile, certo, ma ĆØ infinitamente piĆ¹ bello cosƬ. E nonostante i pensieri e la densitĆ  delle nostre giornate, che sembrano non bastarci mai, non torneremmo mai indietro”.

V stazione. GesĆ¹ ĆØ giudicato da Pilato (una famiglia con un figlio con disabilitĆ )

Pilato disse loro di nuovo: Ā«Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?Ā». Ed essi di nuovo gridarono: Ā«Crocifiggilo!Ā». Pilato diceva loro: Ā«Che male ha fatto?Ā». Ma essi gridarono piĆ¹ forte: Ā«Crocifiggilo!Ā». Pilato, volendo dar soddisfazione alla folla, rimise in libertĆ  per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare GesĆ¹, lo consegnĆ² perchĆ© fosse crocifisso. (Mc 15, 12-15)

“Nostro figlio era stato giudicato giĆ  prima di venire al mondo. Avevamo incontrato medici che si erano presi cura della sua vita prima che nascesse, e medici che a chiare lettere ci avevano fatto capire che era meglio non farlo nascere. E quando abbiamo scelto la vita, siamo stati anche noi oggetto di giudizio: ‘SarĆ  un peso per voi e per la societĆ ’, ci ĆØ stato detto. ‘Crocifiggilo’. Eppure non aveva fatto alcun male. Quante volte il giudizio del mondo ĆØ affrettato e superficiale e ci addolora anche solo con uno sguardo. Ci portiamo addosso la vergogna di una diversitĆ  piĆ¹ spesso compatita che abitata. La disabilitĆ  non ĆØ un vanto nĆ© unā€™etichetta, piuttosto la veste di unā€™anima che spesso preferisce tacere di fronte ai giudizi ingiusti, non per vergogna ma per misericordia verso chi giudica. Non siamo immuni dalla croce del dubbio o dalla tentazione di chiederci come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente. Ma, in realtĆ , la disabilitĆ  ĆØ una condizione, non una caratteristica, e lā€™anima, grazie a Dio, non conosce barriere”.

VI stazione. GesĆ¹ ĆØ flagellato e coronato di spine (una famiglia che gestisce una casa famiglia)

Pilato dopo aver fatto flagellare GesĆ¹ lo consegnĆ² perchĆ© fosse crocifisso. Allora i soldati lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: Ā«Salve, re dei Giudei!Ā». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. (Mc 15, 15. 17-19)

“La nostra casa ĆØ grande, non solo in termini di spazio, ma soprattutto per la ricchezza umana che vi abita. Sin dallā€™inizio del matrimonio non siamo mai stati solo in due. La nostra vocazione allā€™accoglienza del dolore ĆØ stata ed ĆØ tuttā€™ora, a distanza di 42 anni di matrimonio e tre figli naturali, nove nipoti e cinque figli adottivi non autosufficienti e con gravi difficoltĆ  psichiche, tuttā€™altro che triste. Non meritiamo tanta benedizione di vita. Per chi crede che non sia umano lasciare solo chi soffre, lo Spirito Santo muove nellā€™intimo la volontĆ  ad agire e a non rimanere indifferenti, estranei. Il dolore ci ha cambiato. Il dolore riporta allā€™essenziale, ordina le prioritĆ  della vita e restituisce la semplicitĆ  della dignitĆ  umana, in quanto tale. Sulla via dolorosa della vita di tanti flagellati e crocifissi, accanto a loro, sotto il peso della loro croce, abbiamo scoperto che il vero re ĆØ colui che si dona e si dĆ  in pasto, anima e corpo”.

VII stazione. GesĆ¹ ĆØ caricato della Croce (una famiglia con un genitore malato)

Dopo essersi fatti beffe di GesĆ¹, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

“Una mattina come tante mia moglie ĆØ svenuta due volte. La corsa in ospedale e la scoperta di una malattia che nella sua testa giĆ  stava insinuando il veleno. Lā€™operazione, la riabilitazione, le cureā€¦; e oggi una quotidianitĆ  completamente nuova per tutti noi. Il Signore ci parla attraverso accadimenti che non sempre comprendiamo e ci conduce per mano verso lo sviluppo della parte migliore di noi. Aveva un ruolo, una posizione, una ‘veste’, e si ĆØ ritrovata completamente diversa. Nuda, indifesa, crocifissa. E io con lei. Attraverso questa malattia, su questa croce, siamo diventati il pilastro sul quale i figli sanno di potersi appoggiare. Prima non era cosƬ. Potrei quasi dire che oggi, con i suoi occhi penetranti nel loro glabro dolore, ĆØ pienamente madre e moglie. Senza orpelli, nellā€™essenzialitĆ  di una vita piĆ¹ difficile e nuova. Essere bloccati, inchiodati da un pensiero martellante costringe soprattutto me, che ero cosƬ cocciutamente orgoglioso, a scoprire nelle altre famiglie il meraviglioso dono che sono: chi prova a farti ridere, chi ti aiuta in cucina, chi ti accompagna i figli a catechismo, chi ti ascolta, chi ti capisce con uno sguardo, chi pur avendo situazioni altrettanto se non piĆ¹ complicate si preoccupa costantemente per te”.

VIII stazione. GesĆ¹ ĆØ aiutato dal Cireneo a portare la Croce (una coppia di nonni)

Mentre i soldati lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a GesĆ¹. (Lc 23, 26)

“Siamo andati in pensione due anni fa e proprio mentre iniziavamo a fantasticare su come spendere le energie recuperate, ci ĆØ giunta la notizia del licenziamento di nostro genero. Durante la pandemia abbiamo assistito inermi alla crisi del matrimonio della nostra figlia maggiore. I nipoti hanno iniziato a inondare di vitalitĆ  e confusione la nostra casa non piĆ¹ solo la domenica e, soprattutto, come non accadeva da quando erano piccoli i nostri tre figli. Abbiamo montato in auto un seggiolino e comprato una lavagna su cui trascrivere gli impegni dei nostri cinque nipoti per non rischiare di dimenticare qualcosa. I nostri muscoli non sono quelli di una volta, ma il bagaglio delle esperienze ci rende piĆ¹ docili alla vita rispetto a quando avevamo la forza di correre. La croce della precarietĆ  delle famiglie e del lavoro ci preoccupa. E oggi, che saremmo naturalmente portati ad occuparci delle nostre stanchezze e della innegabile paura della morte, siamo caricati di una croce inaspettata, postaci sulle spalle nostro malgrado. Il passo si fa spesso lento e la notte, dopo aver sorriso, ci troviamo a piangere di compassione. Ma essere ‘ossigeno’ per le famiglie dei nostri figli ĆØ un dono che ci riporta alle emozioni provate quando erano piccoli. Non si finisce mai di essere mamma e papĆ ”.

IX stazione. GesĆ¹ incontra le donne di Gerusalemme (una famiglia adottiva)

Seguiva GesĆ¹ una grande moltitudine di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma GesĆ¹, voltandosi verso di loro, disse: Ā«Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figliĀ». (Lc 23, 27-28)

“Adesso siamo in quattro. Per lunghi anni siamo stati in due, e abbiamo affrontato la croce della solitudine e la gestazione di una genitorialitĆ  diversa da come lā€™avevamo sempre immaginata. Lā€™adozione ĆØ la storia di una vita segnata dallā€™abbandono che viene guarita da unā€™accoglienza. Ma lā€™abbandono ĆØ una ferita che sanguina sempre. E lā€™adozione ĆØ una croce che genitori e figli si caricano insieme sulle spalle, sopportandola, cercando di alleviarne il dolore e anche amandola, in quanto parte della storia del figlio. Ma fa male vedere un figlio che soffre per il suo passato. Fa male provare ad amarlo senza riuscire a scalfire minimamente il suo dolore. Ci siamo adottati a vicenda. E non cā€™ĆØ un giorno in cui non ci svegliamo pensando che ne ĆØ valsa la pena; che tutta questa fatica non ĆØ vana; che questa croce, anche se dolorosa, nasconde un segreto di felicitĆ ”.

X stazione. GesĆ¹ ĆØ crocifisso (una vedova con figli)

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e lā€™altro a sinistra. GesĆ¹ diceva: Ā«Padre, perdona loro perchĆ© non sanno quello che fannoĀ». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: Ā«Ha salvato altri! Salvi se stesso, se ĆØ lui il Cristo di Dio, lā€™elettoĀ». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dellā€™aceto e dicevano: Ā«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stessoĀ». Sopra di lui cā€™era anche una scritta: Ā«Costui ĆØ il re dei GiudeiĀ». (Lc 23, 33-38)

“Siamo una madre e due figli. Da oltre sette anni siamo una sedia a tre gambe invece che quattro: bellissima e di valore, anche se un pochino instabile. Sotto la croce ogni famiglia, anche la piĆ¹ sbilenca, la piĆ¹ dolente, la piĆ¹ strana, la piĆ¹ monca, trova il suo senso profondo. Anche la nostra. Abbiamo sperimentato, non senza lacrime e dolore, che GesĆ¹ in quellā€™abbraccio di travi inchiodate ci guarda e non ci lascia mai soli.Ā Ci affida non solo a un generico amore del creatore rispetto alle sue creature ma ci consegna a un amico, a una madre, a un figlio, a un fratello. A una Chiesa che, con tutti i suoi difetti, tende la mano e, per quanto impossibile possa sembrare, sostiene a tratti il peso per noi consentendoci di tanto in tanto di riprendere fiato. Lā€™amore si moltiplica perchĆ© ĆØ gratuito, anche quando ho la tentazione di capire perchĆ©, se ‘ha salvato gli altriā€¦ se ĆØ il Cristo di Dio, il suo eletto’, non abbia potuto salvare anche mio marito. Ma la ferita di Uno sulla croce ĆØ ereditĆ , legame e relazione insieme. Lā€™Amore si fa reale, perchĆ©, nel nostro abisso e nei nostri disagi, non siamo abbandonati”.

XI stazione. GesĆ¹ promette il Regno al buon ladrone (una famiglia con un figlio consacrato)

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero GesĆ¹ e i malfattori, uno a destra e lā€™altro a sinistra. Uno dei malfattori disse: Ā«GesĆ¹, ricordati di me quando entrerai nel tuo regnoĀ». Gli rispose: Ā«In veritĆ  io ti dico: oggi sarai con me nel paradisoĀ». (Lc 23, 33. 42-43)

“Solo adesso sorridiamo ricordandoci tutte le aspettative che avevamo messo su nostro figlio. Lo avevamo cresciuto perchĆ© fosse felice, perchĆ© si realizzasse. PerchĆ© seguisse le orme del nonno. SƬ, forse, avremmo voluto per lui una vita diversa. Una famiglia, un lavoro, dei figli, dei nipoti. Insomma la ‘normalitĆ ’. Avevamo giĆ  vissuto la sua vita al posto suo. E invece sei arrivato Tu e hai sconvolto tutto. Hai distrutto i nostri sogni per qualcosa di piĆ¹ grande. Hai fatto in modo che la sua vita non seguisse la logica del ‘si ĆØ sempre fatto cosƬ’ e lo hai chiamato a Te. Ma come? PerchĆ© proprio lui? PerchĆ© proprio nostro figlio? Allā€™inizio non lā€™abbiamo presa bene. Lo abbiamo contrastato. Lo abbiamo abbandonato. Credevamo che la nostra freddezza lo avrebbe fatto tornare sui suoi passi. Abbiamo provato a insinuare nella sua testa il dubbio che stesse sbagliando tutto. Come due malfattori. Ma abbiamo capito che non si puĆ² lottare contro di Te. Noi siamo un vaso e Tu sei il mare. Noi siamo una scintilla e Tu sei il fuoco. E allora, come il buon ladrone, anche noi ti chiediamo di ricordarti di noi quando entrerai nel tuo Regno”.

XII stazione. GesĆ¹ dona la Madre al discepolo amato (una famiglia che ha perso una figlia)

Stavano presso la croce di GesĆ¹ sua madre, la sorella di sua madre, Maria di ClĆØopa e Maria di MĆ gdala. GesĆ¹ allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Ā«Donna, ecco tuo figlio!Ā». Poi disse al discepolo: Ā«Ecco tua madre!Ā». E da quellā€™ora il discepolo lā€™accolse con sĆ©. (Gv 19, 25-27)

“Eravamo in cinque in casa: io, mio marito e i nostri tre figli. Cinque anni fa la vita si ĆØ complicata. Una diagnosi difficile da accettare, una malattia oncologica scritta ogni istante sul volto della figlia piĆ¹ piccola. Una malattia che, pur non avendo mai spento il suo sorriso, ha reso lo stridore dellā€™ingiustizia che vivevamo ancora piĆ¹ doloroso. Malgrado le ‘beffe’ di cui il dolore sembrava averci giĆ  ricoperto, dopo solo sei anni di matrimonio mio marito ci ha lasciato per una morte improvvisa, mettendoci su una strada di solitudine straziante, durante la quale in due anni abbiamo accompagnato la piccola di casa al suo ultimo saluto. Sono passati cinque anni dallā€™inizio di questa avventura che non abbiamo assolutamente compreso razionalmente, ma la certezza ĆØ che questa grande croce ĆØ stata abitata dal Signore e lo ĆØ ancora oggi. ‘Dio non chiama chi ĆØ capace ma rende capace chi chiama’: questo ci disse un giorno una suora, e queste parole ci hanno cambiato la prospettiva di vita negli ultimi anni. La menzogna piĆ¹ grande con cui abbiamo combattuto era quella di non essere piĆ¹ famiglia. Non conosco altro modo per rispondere al mio cuore e al mio dolore nella carne, se non quello di affidarmi al Signore che vive questo pezzo di strada terrena con me. Tante volte, nelle sedute di chemioterapia di mia figlia, mi sono sentita come Maria sotto la croce; ed ĆØ quella esperienza che mi fa sentire oggi ā€“ anche se solo per un pezzetto ā€“ madre del mio Signore”.

XIII stazione. GesĆ¹ muore sulla Croce

Alle tre, GesĆ¹ gridĆ² a gran voce: Ā«EloƬ, EloƬ, lemĆ  sabactĆ ni?Ā», che significa: Ā«Dio mio, Dio mio, perchĆ© mi hai abbandonato?Ā». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissĆ² su una canna e gli dava da bere, dicendo: Ā«Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendereĀ». Ma GesĆ¹, dando un forte grido, spirĆ². (Mc 15, 34. 36-37)

“Di fronte alla morte il silenzio ĆØ piĆ¹ eloquente delle parole. Sostiamo pertanto in un silenzio orante e ciascuno nel cuore preghi per la pace nel mondo.”

XIV stazione. Il corpo di GesĆ¹ ĆØ deposto nel sepolcro (una famiglia di migranti)

Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra allā€™entrata del sepolcro, se ne andĆ². LƬ, sedute di fronte alla tomba, cā€™erano Maria di MĆ gdala e lā€™altra Maria. (Mt 27, 59-61)

“Ormai siamo qui. Siamo morti al nostro passato. Avremmo voluto vivere nella nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito. ƈ difficile per una famiglia dover scegliere tra i suoi sogni e la libertĆ . Tra i desideri e la sopravvivenza. Siamo qui dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle. Siamo qui, sopravvissuti. Percepiti come un peso. Noi che a casa nostra eravamo importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure siamo molto di piĆ¹ che immigrati. Siamo persone. Siamo venuti qui per i nostri figli. Moriamo ogni giorno per loro, perchĆ© qui possano provare a vivere una vita normale, senza le bombe, senza il sangue, senza le persecuzioni. Siamo cattolici, ma anche questo a volte sembra passare in secondo piano rispetto al fatto che siamo migranti. Se non ci rassegniamo ĆØ perchĆ© sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un giorno verrĆ  rotolata via”.

Preghiera finale

Il Pontefice ha poi pronunciato la preghiera finale del rito:

“Padre misericordioso,
che fai sorgere il sole sui buoni e sui cattivi,
non abbandonare lā€™opera delle tue mani,
per la quale non hai esitato
a consegnare il tuo unico Figlio,
nato dalla Vergine,
crocifisso sotto Ponzio Pilato,
morto e sepolto nel cuore della terra,
risuscitato dai morti il terzo giorno,
apparso a Maria di Magdala,
a Pietro, agli altri apostoli e discepoli,
sempre vivo nella santa Chiesa,
suo Corpo vivente nel mondo.

Tieni accesa nelle nostre famiglie
la lampada del Vangelo,
che rischiara gioie e dolori,
fatiche e speranze:
ogni casa rifletta il volto della Chiesa,
la cui legge suprema ĆØ lā€™amore.
Per lā€™effusione del tuo Spirito,
aiutaci a spogliarci dellā€™uomo vecchio,
corrotto dalle passioni ingannatrici,
e rivestici dellā€™uomo nuovo,
creato secondo la giustizia e la santitĆ .

Tienici per mano, come un Padre,
perchƩ non ci allontaniamo da Te;
converti al tuo cuore i nostri cuori ribelli,
perchƩ impariamo a seguire progetti di pace;
porta gli avversari a stringersi la mano,
perchƩ gustino il perdono reciproco;
disarma la mano alzata del fratello contro il fratello,
perchĆ© dove cā€™ĆØ lā€™odio fiorisca la concordia.

Faā€™ che non ci comportiamo da nemici della croce di Cristo,
per partecipare alla gioia della sua risurrezioneEgli vive e regna con Te,
nellā€™unitĆ  dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli”.

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