PECHINO PROVOCA WASHINGTON: “GLI USA SONO I BENVENUTI NELLA NOSTRA BANCA”

La conferma ufficiale dell’ingresso di Italia, Francia e Germania come membri fondatori nell’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), banca di sviluppo promossa dalla Cina, ha scatenato le reazioni degli Stati Uniti. Il Paese infatti rischia di restare più solo sulla scena economica asiatica, alla faccia del “pivot to Asia”, la “dottrina Obama” in politica estera che ha voluto spostare l’attenzione dell’America dalla zona europea-mediorientale al Pacifico. Dopo l’entrata dei Paesi europei e dell’India, ora è sempre più vicina al nuovo istituto bancario anche la Corea del Sud, Paese dove attualmente stazionano 28500 soldati americani. Seul ha annunciato infatti che entro fine mese deciderà se far parte del club dei fondatori della nuova istituzione, come ha reso noto il ministro delle Finanze, Choi Kyung-hwan. Sembra non sia servito a molto il consiglio-diktat di Washington di restare fuori dall’Aiib, e questo rappresenta un ulteriore smacco per gli Usa che considerano il nuovo istituto un rivale sia della Banca Mondiale di Washington, che dell’Asian Development Bank, di cui sono i principali azionisti insieme al Giappone.

Il tutto in attesa che anche l’Australia si unisca agli altri per rispettare la scadenza del 31 marzo imposta da Pechino per ottenere lo status privilegiato dei Paesi fondatori dell’Aiib. L’unico alleato che rimane alla Casa Banca è il Giappone, divisoperò da Pechino da rivalità storiche e, da qualche anno, dalla contesa sull’arcipelago delle isole Senkaku per Tokyo e Diayu per Pechino. Non è più solo vafa irritazione quella Usa, ma critiche aperte. Mentre la stampa americana commenta impietosa il “disastro diplomatico” che ha reso l’America più “isolata” e “messo in imbarazzo l’amministrazione Obama”, il governo attacca gli alleati non usando mezze parole, invitando i Paesi occidentali a “pensarci due volte” prima di firmare il loro ingresso definitivo nella rivale della Banca Mondiale. In particolare, il segretario americano al Tesoro Jacob Lew ha messo in dubbio la governance del nuovo istituto, preoccupato che questo non rispetti gli standard che gli istituti internazionali hanno sviluppato, soprattutto sui diritti dei lavoratori e dell’ambiente.

Ma da parte degli Stati dell’Unione europea non c’è niente di poco trasparente nel loro ingresso nell’Aiib, ma rispecchia solo la volontà di investire in una grande economia emergente. Dalla Cina invece si fa ironia sul fastidio malcelato di Washington, in un ‘intervista al quotidiano tedesco Hadelsblatt il vice ministro cinese delle finanze Shi Yaobin, ha definito ingiustificata l’ostilità Usa al progetto: “La Aiib non competerà con la Banca Mondiale, ma piuttosto giocherà un ruolo di sostegno per le altre istituzioni internazionali.